Il 4 giugno il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro ha pubblicato un video su Facebook con questo messaggio: «Ecco i costi della regolarizzazione dei 600.000 clandestini del governo Pd e M5Stelle: 550 milioni di euro!».

La cifra è riportata anche all’interno del video, dove Delmastro cita (min. 0:36) tre voci di spesa del decreto “Rilancio”: «30 milioni di euro» per assunzioni temporanee al Ministero dell’Interno; «170» e «340 milioni» di euro per l’«implementazione del Servizio sanitario nazionale» e «destinati a questi 600 mila nuovi immigrati»; e «4 milioni e mezzo di euro per la mediazione culturale». In totale fanno circa 544 milioni di euro, arrotondati nel video a 550 milioni.

Ma è vero che per regolarizzare «600.000» immigrati il governo vuol spendere oltre mezzo miliardo di euro? Come vedremo tra poco, i numeri indicati da Delmastro sono effettivamente presenti nel decreto, ma il deputato di Fratelli d’Italia commette un paio di imprecisioni e un’omissione.

Vediamo meglio i dettagli.

Di quante persone stiamo parlando

Delmastro, come indica il messaggio su Facebook e la grafica del video, parla di 600 mila «clandestini», un termine che come abbiamo scritto in passato va evitato perché dispregiativo, in particolare per chi è venuto in Italia a chiedere aiuto avendo diritto a una forma di protezione. In ogni caso, il deputato di Fratelli d’Italia esagera di quasi tre volte il numero dei potenziali nuovi regolarizzati.

I 26 commi dell’articolo 103 del decreto “Rilancio” (n. 34 del 19 maggio 2020, ora in esame alla Camera) regolano l’“Emersione di rapporti di lavoro”, comunemente nota nelle ultime settimane come la regolarizzazione dei migranti presenti illegalmente in Italia.

Il dato di «600 mila» migranti riguarda le stime su tutti gli irregolari presenti nel nostro Paese, e non i potenziali beneficiari delle novità contenute nel decreto “Rilancio”, che sono state pensate per tutelare la salute dei singoli durante l’emergenza coronavirus e per far emergere rapporti di lavoro irregolari.

Il testo ha introdotto (art. 103, co. 1-2) due forme di regolarizzazione dei lavoratori: una per i datori di lavoro, che consente loro di regolarizzare chi già lavora in nero; e una per i migranti irregolari che hanno perso il lavoro e hanno un permesso di soggiorno scaduto, potendone ottenere uno temporaneo valido 6 mesi per cercare una nuova occupazione. I settori lavorativi coinvolti sono (art. 103, co. 3) quelli dell’agricoltura, della cura della persona e del lavoro domestico.

Di quanti beneficiari stiamo parlando? «La platea dei beneficiari si compone di persone in condizioni di irregolarità e, per tale ragione, è determinabile solo in via ipotetica», spiega la Relazione tecnica al disegno di legge per la conversione del decreto “Rilancio”, che però prova a dare una stima dei potenziali beneficiari, sulla base delle precedenti regolarizzazioni.

«Tenendo presente il dato medio delle ultime due procedure [quelle del 2009 e del 2012, ndr], il numero di potenziali domande potrebbe attestarsi a circa 220.000 e potrebbe ripartirsi in 176.000 per il comma 1 e 44.000 per il comma 2», si legge nella Relazione tecnica, che aggiunge anche come in passato i numeri dei reali beneficiari sono stati di norma inferiori a quelli attesi.

Ricapitolando: Delmastro parla di 600 mila migranti, facendo riferimento alla stima di tutti gli irregolari presenti in Italia, mentre il decreto “Rilancio” parla – in base alle condizioni per la regolarizzazione – di una stima di 220 mila persone, poco più di un terzo di quanto indicato dal deputato di Fratelli d’Italia.

Quali sono i costi stimati per lo Stato per regolarizzare queste persone?

I costi nel decreto “Rilancio”

Il comma 26 dell’articolo 103 del decreto “Rilancio” riassume quali sono gli oneri a cui deve far fronte lo Stato per finanziare le misure di regolarizzazione: oltre 238 milioni di euro per il 2020, oltre 346 milioni di euro per il 2021, e circa 340 milioni di euro a decorrere dal 2022 (quindi validi anche per gli anni seguenti). Delmastro parla di «550 milioni», senza specificare l’arco temporale: se sommiamo le tre cifre appena citate, come vedremo meglio tra poco, otteniamo un costo quasi doppio, circa 925 milioni di euro (presi per lo più a debito, come spiega un dossier del Parlamento dedicato al decreto), suddivisi sui prossimi tre anni.

Sono necessarie però alcune osservazioni: procediamo con ordine.

I costi di amministrazione

Le voci di spesa indicate da Delmastro nel video pubblicato su Facebook sono effettivamente presenti nel decreto “Rilancio”: «limite massimo di spesa» di 30 milioni di euro per il 2020 destinate (art. 103, co. 23) ad assunzioni a tempo determinato al Viminale, per le operazioni di regolarizzazione; «170 milioni di euro» per il 2020 e «340 milioni di euro» per il 2021 destinati (art. 103, co. 24) al «finanziamento del Servizio sanitario nazionale»; e circa 4 milioni e 500 mila euro stanziati (art. 103, co. 25) nel 2020 per «l’utilizzo di servizi di mediazione culturale».

Queste tre cifre sono però solo alcune delle voci di spesa, relative a quest’anno e ai prossimi due. Come abbiamo visto, la cifra totale sul triennio è più alta dei 550 milioni di cui parla Delmastro.

Per il 2020 vanno anche conteggiati (art. 103, co. 25) circa 6,4 milioni per prestazioni di lavoro straordinario al Viminale e 24,2 milioni per quelle della Polizia di Stato; circa 3,5 milioni per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e 200 mila euro per per l’adeguamento della piattaforma informativa del Ministero dell’Interno. Per il 2021 vanno inoltre conteggiati altri 6,4 milioni per gli straordinari al Viminale.

Come spiega la Relazione tecnica, nel complesso stiamo parlando di un costo di amministrazione per il biennio 2020-2021 pari a 75,2 milioni di euro (68,8 milioni per il 2020 e 6,4 milioni per il 2021), relativi all’esame delle domande di regolarizzazione. Per il 2022 non sono previsti costi di questo tipo.

I soldi per la sanità

A questi vanno poi aggiunti 850 milioni di euro per il triennio 2019-2021 (170 milioni nel 2020, 340 milioni annui per 2021 e 2022, e poi per quelli seguenti) da destinare al livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn) a cui concorre lo Stato.

I “340 milioni” all’anno sono calcolati – come sottolinea la Relazione tecnica – sulla platea di 220 mila potenziali beneficiari, con una spesa pro capite di 1.545 euro.

Qui va sottolineata una prima omissione di Delmastro: a differenza dei costi di amministrazione visti prima, queste risorse sono destinate alla sanità nazionale in generale, non esclusivamente ai «nuovi immigrati», come dice il deputato di Fratelli d’Italia.

Non è da escludere, dunque, che di queste risorse possa beneficiarne tutta la popolazione in Italia – non solo quella straniera – come suggerisce anche la Relazione tecnica nel commentare questo finanziamento nella regolarizzazione dei migranti.

«Si tratta di persone relativamente giovani che pertanto hanno un relativo minor accesso alle prestazioni sanitarie – si legge nel documento – e tenuto altresì conto del fatto che anche le persone irregolarmente presenti sul territorio nazionale già accedono gratuitamente ad alcune prestazioni del Ssn ai sensi della legislazione vigente».

Ma l’omissione più significativa di Delmastro riguarda i potenziali benefici della regolarizzazione in termini di entrate per lo Stato, anche se in questo caso parliamo ancor più di stime rispetto ai costi.

Quanto può guadagnare lo Stato

Le entrate dalle pratiche di regolarizzazione

Innanzitutto le procedure di regolarizzazione introdotte dal decreto “Rilancio” hanno un costo per chi vuole mettersi in regola. Le richieste di regolarizzazione avanzate dai datori di lavoro possono essere fatte (art. 103, co. 7) con il pagamento di un contributo forfettario di 500 euro per ciascun lavoratore. Le richieste avanzate dai lavoratori, invece, hanno un costo (art. 103, co. 7) per l’interessato di 130 euro, più altri 30 euro per la presentazione dell’istanza alla questura.

La Relazione tecnica, in questo caso, stima entrate per lo Stato di quasi 94 milioni di euro, che andranno in parte a coprire i costi di cui abbiamo parlato sopra.

Il decreto “Rilancio” prevede (art. 103, co. 7) inoltre anche «il pagamento di un contributo forfetario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale», ma non specifica l’importo, che dovrà essere indicato da un decreto attuativo del Viminale.

Non è ancora possibile dunque fare stime di ricavi per questa voce, così come non è possibile stimare quanto potrebbe guadagnare lo Stato dall’inasprimento delle sanzioni (art. 103, co. 14) introdotto dal decreto per chi impiega migranti irregolari nelle attività di lavoro.

Il contributo per il fisco

C’è poi una questione importante, non citata da Delmastro, che riguarda le potenziali entrate per il fisco italiano dall’emersione del lavoro irregolare. Questi “guadagni”, come vedremo, si stimano essere superiori ai costi, rendendo positivo in termini economici il bilancio della regolarizzazione.

Specifichiamo però che si tratta di stime non messe a bilancio dallo Stato, a differenza come abbiamo visto dei costi, che sono scritti neri su bianco.

«Oltre ai costi indicati dal decreto “Rilancio”, bisogna considerare che nel momento in cui queste persone vengono regolarizzate, se hanno un lavoro stabile, possono dare il loro contributo a livello economico per le casse dello Stato», ha spiegato a Pagella Politica Chiara Tronchin, ricercatrice della Fondazione Leone Moressa, un istituto di studi specializzato nelle analisi economiche legate all’immigrazione. «Noi abbiamo fatto una stima di massima, che dipende dalla tipologia di regolarizzazione, se vengono regolarizzate le colf oppure chi lavora in agricoltura. Per 220 mila regolarizzati, abbiamo stimato che si va da un minimo di 0,6 miliardi di euro a un massimo di 1,2 miliardi di euro di nuove entrate annue per lo Stato».

Come ha spiegato Tronchin in un articolo su lavoce.info del 5 giugno scorso, stiamo parlando, per esempio, dei versamenti Irpef e dei contributi previdenziali che i nuovi regolari potranno dare allo Stato. Si tratta di risorse “nuove” per il fisco (da 2.800 a 5.250 euro per ogni straniero regolarizzato), dal momento che chi lavora in nero, ovviamente, non dà il suo contributo alle casse dello Stato.

«Questo di cui parliamo è un contributo annuo, quindi potrebbe essere meno se la regolarizzazione dovesse durare solo 6 mesi, o potrebbe essere di più se i regolarizzati entrano in pianta stabile tra le forze lavoro», ha sottolineato Tronchin.

Ricordiamo infatti che un nuovo regolare, ottenuto il permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, grazie al decreto “Rilancio” può convertirlo (art. 103, co. 2) in un permesso di soggiorno per motivi lavorativi se ottiene un contratto di lavoro. Questo, nell’ottica del decreto, avrà anche l’obiettivo di ridurre il rischio di sfruttamento dei lavoratori.

«Benefici economici potrebbero esserci anche per il sistema sanitario», ha aggiunto Tronchin. «Per esempio, un cittadino regolare può recarsi dal medico di base, quindi non intasando i Pronto soccorso, con i risparmi legati all’individuazione precoce di alcune malattie».

Al di là dei giudizi politici, alcuni esperti hanno comunque avanzato dubbi sull’efficacia delle misure contenute nel decreto “Rilancio”, evidenziando tempi troppo brevi per presentare le domande di regolarizzazione (dal 1° giugno al 15 luglio 2020) o una platea troppo ristretta di potenziali beneficiari.

In ogni caso, possiamo dire che è vero che la regolarizzazione degli irregolari – seppure limitata a circa un terzo sul totale stimato presente in Italia – ha dei costi spalmati su più anni, come dice Delmastro, ma ha anche dei vantaggi economici per lo Stato in termini di entrate, potenzialmente anche superiori alle uscite.

Il verdetto

Secondo Andrea Delmastro, la regolarizzazione di «600 mila» migranti prevista dal decreto “Rilancio” avrà un costo di «550 milioni di euro». Abbiamo verificato e il deputato di Fratelli d’Italia compie una serie di imprecisioni e omissioni.

Innanzitutto, le stime parlano di una platea di 220 mila potenziali beneficiari, nei settori dell’agricoltura e della cura della persona. Il numero «600 mila» fa invece riferimento alle stime su tutta la popolazione irregolare presente in Italia. Delmastro esagera quindi di quasi tre volte.

Le voci di spesa indicate dal deputato di Fratelli d’Italia per un costo complessivo di «550 milioni di euro» – tra cui assunzioni al Viminale e nuove risorse per la sanità – sono poi solo una parte dei costi stimati dal decreto “Rilancio” per il prossimo triennio (con una spesa prevista di circa 925 milioni di euro). Sono invece troppi se paragonati ai costi annuali stimati, circa 310 milioni di euro di media.

Le voci di uscite sono poi molto diverse tra loro. Dei circa 850 milioni di euro (presi per lo più a debito) per il finanziamento del sistema sanitario nazionale tra il 2020 e il 2022 potranno inoltre beneficiarne non solo i nuovi regolari, ma tutta la popolazione in generale. Infine, il deputato di Fratelli d’Italia non dice che i costi potranno essere compensati dalle potenziali entrate fiscali dello Stato derivate dalla regolarizzazione, stimate fino a un massimo di 1,2 miliardi di euro.

In conclusione, viste le imprecisioni su numero di beneficiari e costi, e le omissioni sulle entrate, Delmastro si merita un “Nì”.