Il 14 gennaio 2020, in una nota sul suo sito ufficiale, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha criticato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, responsabile – a detta di Meloni – del fatto che «le esportazioni italiane sono crollate» e che «il dato sull’export italiano verso la Cina […] crolla di oltre 15 punti nonostante l’adesione alla Via della Seta».

Le responsabilità del capo politico del M5s, secondo Meloni, deriverebbero anche da una questione specifica, ossia che «da titolare della Farnesina Di Maio ha voluto per sé la delega al commercio internazionale togliendola al Mise».

Ma le cose stanno davvero così? È stato registrato un crollo delle esportazioni verso la Cina, oppure no? Abbiamo verificato e alcune cose non tornano nella critica di Meloni, partendo proprio dai dati sul commercio con l’estero.

Come va l’export italiano

I dati Istat più aggiornati sul commercio verso l’estero (Paesi Ue ed extra-Ue) sono contenuti in un report pubblicato il 17 dicembre 2019, dove sono riportate diverse statistiche positive sulle esportazioni italiane di ottobre 2019.

Secondo Istat, in quel mese l’export verso gli altri Paesi del mondo – europei ed extracomunitari – è aumentato del 3,1 per cento rispetto a settembre 2019 e del 4,3 per cento rispetto a ottobre 2018, con un incremento su base trimestrale (agosto-ottobre 2019) dell’1,1 per cento.

Inoltre, segnala Istat, il valore delle esportazioni tra il mese di gennaio e quello di ottobre 2019 è stato superiore del 2,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018, e nel 2019 il saldo commerciale (la differenza tra export e import) è stato generalmente superiore a quello registrato nel 2018.

Quindi, in primo luogo, è sbagliato affermare come fa Meloni che ci sia stato un crollo generale delle esportazioni italiane. Allora a che cosa sta facendo riferimento la leader di Fratelli d’Italia nella sua nota?

I dati con i Paesi extra-Ue

Dal momento che viene citata la Cina, è molto probabile che con «crollo delle esportazioni» Meloni faccia riferimento a un dato più specifico del settore dell’export nazionale, ossia quello verso i Paesi extra-Ue.

In questo caso, i dati Istat più aggiornati sono contenuti in un report pubblicato il 20 dicembre 2019, dove si legge che a novembre 2019 l’export verso i Paesi extra-europei è calato dell’8,1 per cento rispetto al mese precedente, dovuto in parte al calo dell’export di beni strumentali (-19,6 per cento) [1].

Istat sottolinea però che la diminuzione delle esportazioni è influenzata dall’andamento occasionale, ma dall’alto impatto, del commercio in settori specifici (come la cantieristica navale verso gli Stati Uniti), registratesi a ottobre 2019 e a novembre dello scorso anno». Se si guarda alle esportazioni al netto di questi settori, «le esportazioni registrano flessioni di minore entità (-1,4 per cento su base annua e -1,5 per cento su base mensile)».

Il calo di novembre 2019 rispetto al mese precedente ha dunque motivi particolari, e scompare se si guardano i dati complessivi relativi agli ultimi mesi.

Istat infatti riporta che le esportazioni del trimestre settembre-novembre 2019 verso i Paesi extra-Ue sono 2,6 punti percentuali superiori rispetto a quelle del trimestre precedente (giugno–agosto 2019), mentre quelle da inizio anno (gennaio–novembre 2019) sono in crescita del 3,6 per cento rispetto a quelle del periodo precedente (gennaio–novembre 2018).

Il commercio con la Cina

Il calo delle esportazioni registrato a novembre 2019 verso i Paesi extra-Ue è in parte attribuibile ai minori scambi dell’Italia verso la Cina: le esportazioni verso Pechino sono infatti diminuite del 15,4 per cento rispetto al mese di novembre 2018 (come quelle verso gli Stati Uniti, mentre verso altri Paesi, come Giappone e Turchia, sono aumentate). È a questa percentuale che fa molto probabilmente riferimento Meloni quando parla di crollo di «oltre 15 punti» nel commercio italiano verso la Cina.

Allo stesso tempo, questo dato si basa sulla differenza tra lo stesso mese (novembre) di due anni diversi (2018 e 2019). Visto che l’andamento delle esportazioni varia di mese in mese, è sbagliato usare il singolo dato di novembre per fare generalizzazioni sugli scambi commerciali tra Roma e Pechino. Per esempio, se si utilizza come metro di paragone la variazione mensile dell’export italo-cinese tra ottobre 2019 e ottobre 2018 si ha un quadro ben diverso. Infatti, in quel periodo le esportazioni sono cresciute del 5,3 per cento.

È però vero che secondo i dati Eurostat (qui raccolti), da gennaio a novembre 2019 le esportazioni italiane verso la Cina sono calate del 2,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre quelle degli altri Paesi Ue (escludendo l’Italia) sono cresciute di circa l’8 per cento.

Ricapitolando: in generale, i dati sull’export a ottobre 2019 (dati più aggiornati) avevano il segno positivo, mentre quelli più specifici del commercio con i Paesi extra-Ue a novembre 2019 (dati più aggiornati) segnalavano un calo in un confronto tra singoli mesi, in particolare per quanto riguarda la Cina.

Ma che cosa c’entrano in tutto questo Di Maio, la Farnesina e la Via della Seta?

Il ruolo di Di Maio

Con il decreto-legge n. 104 del 19 settembre 2019, l’allora neonato governo Pd-M5s ha stabilito (art. 2) che dal 1° gennaio 2020 le funzioni in materia di commercio internazionale esercitate fino a quel momento dal Ministero dello Sviluppo economico (Mise) passassero al Ministero degli Esteri, guidato da Di Maio. All’epoca, il capo politico del M5s aveva giustificato la scelta dell’esecutivo dicendo che in questo modo si sarebbe reso il commercio con l’estero «più efficace ed efficiente».

Meloni ha ragione dunque quando dice che la gestione del sostegno pubblico all’export è passata dal Mise alla Farnesina. Questo però è successo dopo rispetto al mese a cui fanno riferimento i dati citati dalla leader di Fratelli d’Italia (novembre 2019 è anche il mese in cui tra l’altro è stato approvata la legge di conversione del decreto del 19 settembre precedente).

Per quanto riguarda la cosiddetta “Nuova via della seta” (o Belt and Road Initiative), è vero che il 23 marzo 2019 – con il precedente governo Lega-M5s – l’Italia ha sottoscritto un memorandum d’intesa con la Cina per supportare la realizzazione del progetto infrastrutturale cinese, ma questo è stato solo un primo passo e i contorni di questo accordo restano ancora sfumati, così come le sue applicazioni concrete.

Ad oggi, mancano inoltre studi scientifici che quantifichino in maniera rigorosa l’impatto di questo accordo sui dati più recenti sull’export Italia-Cina.

Il verdetto

La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha detto che «le esportazioni italiane sono crollate» e che «l’export italiano verso la Cina […] crolla di oltre 15 punti», dando la colpa a Di Maio, alla Via della seta e al trasferimento delle funzioni sul commercio internazionale dal Mise alla Farnesina.

Secondo i dati Istat più recenti, le esportazioni dell’economia italiana verso il resto del mondo sono in crescita. Questo incremento è stato registrato su base mensile, trimestrale e annuale.

L’export verso i Paesi extra-Ue è risultato invece essere in calo dell’8,1 per cento nel mese di novembre 2019 rispetto allo stesso mese del 2018. Questa decrescita è però «influenzata» – secondo le parole di Istat – «dalle movimentazioni occasionali di elevato impatto (cantieristica navale) verso gli Stati Uniti» avvenute nel novembre 2018. Senza di queste, la variazione sarebbe stata pari a -1,4 per cento.

Per quanto riguarda la Cina, è vero che a novembre 2019 rispetto allo stesso mese del 2018 l’export verso Pechino è effettivamente calato del 15,4 per cento. Il confronto fatto su un solo mese è però poco indicativo: se si prende a riferimento ottobre 2019 si vede invece un aumento del 5,4 per cento. Tuttavia, le esportazioni italiane verso la Cina sembrano essere in diminuzione, tanto che da inizio anno l’export italiano verso la Cina ha fatto registrare un -2,9 per cento contro il +8 per cento degli altri Paesi Ue.

Ad oggi, comunque, questi dati non sembrano essere imputabili né alla Via della seta (il cui memorandum è stato firmato a marzo 2019 ma le cui conseguenze restano ancora poco chiare) né al trasferimento delle funzioni sul commercio internazionale dal Mise al Ministero degli Esteri, che sono diventate effettive solo il 1° gennaio 2020. In conclusione, Meloni si merita un “Nì”.




[1] Questi comprendono – secondo quanto definito da un regolamento della Commissione Ue (Regolamento 586/2001) – beni prodotti dalla fabbricazione di macchinari, navi e imbarcazioni, autoveicoli, computer, armi ed altre strumentazioni (qui la lista completa).