Il 13 gennaio 2020 la capogruppo di Forza Italia alla Camera Mariastella Gelmini ha scritto un post su Facebook, criticando il sistema di etichettatura francese Nutri-score, che secondo l’ex ministra dell’Istruzione «suggerisce quali prodotti mangiare e quali no, in base ai valori nutrizionali di ciascun alimento».
«Il problema è che secondo questo “semaforo” prodotti come la Coca-cola zero sono considerati più salutari del parmigiano reggiano, dell’olio d’oliva e del prosciutto di Parma», ha aggiunto Gelmini, definendo il Nutri-score «un’ingiustificata aggressione ai nostri prodotti e alle nostre eccellenze».
Ma le cose stanno davvero così? No: questa dichiarazione contiene una serie di errori. Vediamo nel dettaglio quali sono.
Il Nutri-score in breve
Il Nutri-score è un sistema di etichettatura frontale per le confezioni di alimenti che la Francia ha reso adottabile su base volontaria a partire dal 2017, con un decreto congiunto dei Ministeri dell’Agricoltura, della Salute e dell’Economia (qui il testo ufficiale in francese).
La Francia, in sostanza, non obbliga i produttori di alimenti a mettere il Nutri-score sulle loro confezioni, ma a livello legislativo considera questo sistema di etichettatura come il migliore per aiutare i consumatori a fare scelte più consapevoli dal punto di vista alimentare.
La base “volontaria” è inoltre motivata dalle regole dell’Unione europea, che ad oggi non permettono ai singoli Stati membri di rendere obbligatorio un sistema sulle confezioni, ma al massimo di favorirne l’adozione, appunto, volontaria.
In parole semplici, il Nutri-score viene visualizzato sul lato frontale di una confezione alimentare e riassume il contenuto nutrizionale del prodotto confezionato attraverso una scala di cinque colori (dal verde al rosso) a cui corrispondono cinque lettere dell’alfabeto (dalla A alla E).
La formula con cui si calcola il “punteggio” a partire dalle singole componenti nutrizionali di un alimento confezionato non è semplicissima, ma può riassumersi con quanto segue. A partire da 100 grammi di prodotto, la formula con cui si ricava il Nutri-score dà una serie di punti (da 0 a 10) per il contenuto energetico, di zuccheri, di grassi saturi e di sodio, e ne toglie altri (da 0 a 5) sulla base della quantità di frutta, verdura, fibre e proteine contenute dall’alimento confezionato. Alla fine del calcolo, si ottiene un numero, che viene disposto lungo una scala ed è contenuto in un intervallo tra -15 (risultato più positivo) a +40 (risultato meno positivo). A seconda di quattro soglie, viene poi applicato uno dei cinque colori con rispettive lettere.
«Il punteggio Nutri-Score ha una base scientifica molto solida (oltre 40 studi pubblicati su riviste internazionali sottoposti a peer review, incentrati in particolare sulla prevenzione delle malattie croniche)», ha spiegato un articolo pubblicato su Scienza in rete il 13 dicembre scorso e firmato da cinque professori universitari, tra cui Walter Ricciardi, ex presidente dell’Istituto superiore di sanità italiano. «Il suo formato a 5 colori (dal verde al rosso) abbinato a 5 lettere (dalla A alla E) lo rende uno strumento semplice, intuitivo e comprensibile».
Che cosa mangiare, e cosa no
Il primo errore di Gelmini è dire che il Nutri-score serve per indicare «quali prodotti mangiare e quali no, in base ai valori nutrizionali di ciascun alimento».
A spiegare perché questa è un’eccessiva semplificazione sono stati gli stessi ideatori del Nutri-score, in un articolo pubblicato sul loro blog il 16 dicembre 2019.
«Il punteggio Nutri-score non divide gli alimenti tra “sani” e “malsani”, in valore assoluto come farebbe un logo binario, ma aiuta il consumatore a confrontare la qualità nutrizionale di un alimento relativamente a prodotti simili», ha scritto insieme ai suoi colleghi Serge Hercberg, direttore del Centro di ricerca in epidemiologia nutrizionale alla Facoltà di medicina dell’Università di Parigi 13 che ha creato il nuovo sistema di etichettatura. «Per definizione, il Nutri-score non inventa nulla: traduce solo in forma sintetica gli elementi della composizione nutrizionale che compaiono già sull’etichetta presente sul retro di una confezione».
In pratica, il Nutri-score non dice cosa mangiare o meno, ma mette in guardia dal consumo eccessivo di certi prodotti.
«Informare i consumatori sulla qualità nutrizionale di alimenti tradizionali come formaggi e salumi non ne esclude il consumo, ovviamente, in quantità e frequenze limitate, il che è coerente con i principi del modello di dieta mediterranea e con il significato della loro classifica sulla scala Nutri-Score», ha chiarito l’articolo pubblicato da Scienza in Rete e di cui abbiamo parlato poco sopra.
Ma che punteggi ricevono alimenti e bevande come la Coca-cola zero e il prosciutto crudo di Parma? Davvero i prodotti tipici dal Made in Italy sono svantaggiati dal Nutri-score?
I Nutri-score del Made in Italy
Il database Open food facts permette di consultare migliaia di prodotti alimentari, con il relativo “punteggio” Nutri-score che si trova in Francia.
Una generica confezione di prosciutto crudo di Parma ha la lettera D color arancione (il secondo gradino più in basso nella scala), così come un pezzo di parmigiano reggiano. Una bottiglia di olio extra-vergine di olio ha invece una C gialla, mentre la Coca-cola zero – ossia quella senza zuccheri – ha sulla confezione una B verde.
Questo vuol dire, come dice Gelmini, che secondo il Nutri-score la Coca-cola zero è più «salutare» degli altri prodotti sopra elencati? La risposta è no, e qui sta il secondo errore di Gelmini.
Il problema principale della dichiarazione dell’ex ministra dell’Istruzione è che non ha senso comparare la Coca-cola zero con il parmigiano reggiano, l’olio di oliva o il prosciutto di Parma. Il confronto va fatto tra alimenti sostituibili tra loro.
Per esempio, la Coca-cola normale – ossia quella con zuccheri aggiunti – ha il punteggio più basso: una E rossa. Se confrontata con quella zero, dunque, è meno salutare.
«Al momento dell’acquisto o del consumo, un consumatore non si pone la domanda di confrontare l’olio di oliva con la Coca-cola», hanno spiegato Hercberg e colleghi. «È molto improbabile che qualcuno abbia l’intenzione di condire la sua insalata con la Coca-Cola o di rinfrescarsi con l’olio d’oliva. Se un consumatore vuole comprare un olio, grazie al Nutri-score vedrà facilmente sugli scaffali dei supermercati che quello di oliva è il migliore rispetto ad altri».
Da questo errore di interpretazione, ne deriva un altro, secondo il quale il Nutri-score sarebbe «un’ingiustificata aggressione ai nostri prodotti e alle nostre eccellenze», ossia al Made in Italy.
I punteggi Nutri-score più bassi infatti non vengono assegnati solo a parmigiano reggiano o al prosciutto crudo, ma anche ad altri prodotti tipici simili non italiani. Una confezione di formaggio camembert francese, per esempio, è classificato con la D color arancione, mentre il fois gras ha il punteggio più basso, la E rossa, comeil prosciutto crudo pata negra spagnolo. ww
Come abbiamo già anticipato, a dimostrare che il Made in Italy non è sotto “attacco” è la valutazione che viene data dal Nutri-score stesso alla dieta mediterranea, tipica del nostro Paese e che non si esaurisce in insaccati e latticini, ma è caratterizzata dal consumo di frutta, verdura, legumi e cereali.
Più il consumo di un alimento è consigliato dalla dieta mediterranea, infatti, più è probabile che abbia una lettera A verde come classificazione. Viceversa, per gli alimenti di cui è consigliato un consumo moderato, il Nutri-score scende di colore e lettera.
Tra l’altro, vi sono poi prodotti tipici del Made in Italy, come la pastasciutta, che hanno la A verde in quanto poveri di grassi, zuccheri e sale.
Il verdetto
Secondo l’ex ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini, il sistema di etichettatura alimentare Nutri-score sarebbe «un’ingiustificata aggressione ai nostri prodotti e alle nostre eccellenze», perché suggerirebbe «quali prodotti mangiare e quali no, in base ai valori nutrizionali di ciascun alimento». Così, ha aggiunto la deputata di Forza Italia, «prodotti come la Coca-cola zero sono considerati più salutari del parmigiano reggiano, dell’olio d’oliva e del prosciutto di Parma».
Questa dichiarazione contiene una serie di errori.
Se infatti è vero che prodotti come il prosciutto crudo di parma, il parmigiano reggiano e l’olio di oliva hanno un Nutri-score più basso della Coca-cola zero, questo non significa tuttavia che quest’ultima sia più salutare degli altri prodotti.
Il confronto va infatti fatto tra alimenti e bevande sostituibili tra loro (olio d’oliva e Coca-cola zero non lo sono), ricordandosi che il Nutri-score non divide gli alimenti tra “sani” e “malsani”, tra “buoni” e “cattivi” in valore assoluto. Il suo obiettivo è aiutare il consumatore a confrontare la qualità nutrizionale di un alimento relativamente a prodotti simili.
Non è vero poi che il Made in Italy sia messo sotto attacco da questo sistema di etichettatura. Alcuni suoi prodotti ottengono punteggi negativi, ma questo accade anche ai prodotti simili provenienti da altri Paesi Ue, come i formaggi francesi e gli insaccati spagnoli.
Anzi, i prodotti più consigliati dalla dieta mediterranea – che caratterizza una buona parte dell’alimentazione considerata «Made in Italy» – ricevono tutti punteggi Nutri-score molto positivi.
In conclusione, Gelmini si merita un “Pinocchio andante”.
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1