Il 18 novembre, durante il suo tour elettorale in Emilia-Romagna, il leader della Lega Matteo Salvini ha parlato (min. -3:42) della sanità regionale, dicendo che «sono migliaia gli emiliani e i romagnoli che vanno altrove a farsi curare».
Secondo Salvini, rispetto a chi viene a farsi curare in Emilia-Romagna, «sono più quelli che escono», rispetto a quelli che arrivano. Alla domanda: «Sicuro?», fattagli da una giornalista, l’ex ministro ha risposto: «Stando ai dati, lei ce li ha?».
Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri e Salvini sbaglia.
Di che cosa stiamo parlando
Secondo la definizione data dall’Istat, il termine “mobilità ospedaliera” fa riferimento alla scelta di un cittadino di usufruire delle cure di un sistema regionale sanitario diverso da quello della propria regione di residenza.
Non sempre, chi decide di farsi curare fuori dalla propria regione lo fa perché la sanità di quest’ultima è peggiore di quella offerta in altre parti d’Italia.
La mobilità sanitaria è infatti «un fenomeno complesso», scrive l’Istat nel rapporto “La salute delle Regioni italiane”, pubblicato a settembre 2019. Oltre alla qualità delle prestazioni erogate e ai tempi di attesa, ci sono altri fattori che possono spingere una persona a spostarsi per farsi curare, come la vicinanza degli ospedali per chi vive al confine tra diverse regioni o il verificarsi della malattia/incidente quando ci si trova al di fuori della propria regione per motivi di lavoro o vacanza.
Come spiega il report di giugno 2019 “La mobilità sanitaria interregionale nel 2017”, realizzato dalla Fondazione Gimbe (che promuove attività di formazione e ricerca in ambito sanitario), esistono due tipi di mobilità sanitaria regionale.
La mobilità attiva indica il numero di prestazioni sanitarie offerte a cittadini non residenti; la mobilità passiva, invece, fa riferimento alle prestazioni sanitarie erogate ai cittadini al di fuori della regione di residenza.
In sostanza, se una regione ha una mobilità attiva maggiore rispetto a quella passiva, questo significa che attrae più pazienti da altre regioni, rispetto a quelli che vede andare via per farsi curare.
Qual è la situazione in Emilia-Romagna? «Sono più quelli che escono» di quelli che arrivano? Vediamo che cosa dicono i dati.
I dati del Ministero della Salute
A gennaio 2019, il Ministero della Salute ha pubblicato il “Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero”, con i dati più aggiornati sulla mobilità sanitaria relativi al 2017.
Il documento contiene una serie di tabelle che analizzano il fenomeno distintamente per tipologia di attività, regime di ricovero, per tutte le cause e per alcune condizioni specifiche, considerando i ricoveri in strutture pubbliche e private accreditate.
Acuti
Per quanto riguarda i ricoveri erogati per forme acute di malattia in regime ordinario (ossia con più giornate di degenza), nel 2017 in Emilia-Romagna il loro numero è stato in totale di 555.070. Di questi, 78.941 hanno riguardato cittadini provenienti da altre regioni; 29.951 ricoveri sono stati erogati a emiliano-romagnoli fuori dalla loro regione.
In questo caso, il numero di chi è arrivato in Emilia-Romagna per curarsi è stato più alto di 48.990 unità rispetto a quello di chi è andato via.
Discorso analogo vale per i ricoveri per forme acute di malattia in regime diurno (o day hospital). Nel 2017, l’Emilia-Romagna ha erogato sul suo territorio 118.464 ricoveri di questo tipo: 16.414 hanno coinvolto cittadini di altre regioni, mentre 9.692 ricoveri fuori dall’Emilia-Romagna hanno coinvolto cittadini di questa regione.
Anche in questo caso il “saldo” è positivo per la regione: i cittadini che sono venuti in Emilia-Romagna per farsi curare sono 6.722 in più rispetto agli emiliano-romagnoli che si sono fatti curare al di fuori della propria regione.
Riabilitazione e lungodegenza
Dinamiche simili – ossia maggiore attrazione dell’Emilia-Romagna, rispetto a chi va altrove – si registrano anche per quanto riguarda le attività di riabilitazione, sia in regime ordinario che diurno.
Nel 2017, l’Emilia-Romagna ha erogato 22.320 ricoveri per attività di riabilitazione in regime ordinario, 8.977 dei quali a cittadini di altre regioni; 3.526 emiliano-romagnoli sono stati invece ricoverati fuori dalla loro regione.
I ricoveri per riabilitazione in regime diurno in Emilia-Romagna sono stati 3.496, di cui 970 a cittadini non emiliano-romagnoli; 220 ricoveri hanno riguardato emiliano-romagnoli fuori dalla loro regione.
Anche nei ricoveri per attività di lungodegenza (dedicate a malati affetti da forme morbose croniche), nel 2017 il numero di ricoveri che riguarda chi va via dall’Emilia-Romagna (169) è stato più basso di quelli di chi arriva (1.458).
Qual è il saldo economico dell’Emilia-Romagna
Come spiega il rapporto della Fondazione Gimbe, «dal punto di vista economico, la mobilità attiva rappresenta per le Regioni una voce di credito, mentre quella passiva una voce di debito; ogni anno la Regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino».
Le modalità di compensazione economica tra le varie regioni sono state aggiornate a giugno 2019, con un accordo siglato nella Conferenza tra Stato e Regioni.
I flussi finanziari che vengono presi in considerazione sono sette e riguardano altrettante tipologie di prestazione erogate: medicina generale, specialistica ambulatoriale, farmaceutica, ricoveri ospedalieri e day hospital, cure termali, somministrazione diretta di farmaci e trasporti con ambulanza ed elisoccorso.
In generale – con un certo grado di approssimazione – si può dire che più crediti ha una regione, più significa che attrae pazienti da altre regioni. Meno debiti ha, meno significa che i suoi cittadini scelgono di andarsi a curare altrove.
Nel 2017, l’Emilia-Romagna ha avuto un saldo positivo tra crediti e debiti superiore ai 300 milioni di euro, seconda solo alla Lombardia (oltre 800 milioni di euro). Al terzo posto, troviamo la Toscana (quasi 140 milioni di euro) e al quarto posto il Veneto (oltre 138 milioni di euro).
Regioni come Campania, Calabria e Lazio si collocano invece nelle ultime tre posizioni, con saldi negativi superiori ai 200 milioni di euro.
In totale, secondo le elaborazioni Gimbe, nel 2017 il valore della mobilità sanitaria regionale ha superato i 4 miliardi e 578 milioni di euro, circa il 4 per cento della spesa sanitaria totale (che ha superato i 113 miliardi e 131 milioni di euro).
Il verdetto
Secondo il leader della Lega Matteo Salvini, in Emilia-Romagna «sono più quelli che escono» per farsi curare rispetto a quelli che arrivano. Abbiamo verificato che cosa dicono i dati sulla mobilità sanitaria e il leader della Lega ha torto.
In base ai dati forniti dal Ministero della Salute risulta che sono di più i residenti in altre regioni che vanno a farsi curare in Emilia-Romagna, rispetto agli emiliano-romagnoli che decidono di uscire dalla propria regione.
A ulteriore riprova di questo, nel 2017 – ultimi dati disponibili – l’Emilia-Romagna è stata la seconda Regione con il saldo tra crediti e debiti per mobilità sanitaria più alto d’Italia.
In conclusione, Salvini si merita una “Panzana pazzesca”.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
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