Il 14 novembre, in una diretta Facebook, il leader della Lega Matteo Salvini ha detto (min. -21:06) che nella manovra economica «il governo di sinistra […] ha, stando ai numeri, raddoppiato la tassa per ottenere la cittadinanza italiana».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato e Salvini è impreciso.

Che cosa dice la legge di Bilancio

Il disegno di legge di Bilancio per il 2020 – attualmente in discussione al Senato – propone (art. 101, comma 2) una modifica dei costi che si devono sostenere per richiedere la cittadinanza italiana all’estero.

Nello specifico, il testo modifica le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 71 del 3 febbraio 2011, intitolato “Ordinamento e funzioni degli uffici consolari”, che tra le altre cose ha regolamentato le tariffe dei cosiddetti “diritti consolari” (qui la tabella), ossia il costo di una serie di servizi forniti dalle istituzioni diplomatiche italiane all’estero, come gli atti notarili o di stato civile.

Tra queste tariffe, ce n’è una introdotta a giugno 2014 dalla legge n. 89, che nella tabella dei diritti consolari aveva inserito la seguente voce (art.7-bis): «Diritti da riscuotere per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana di persona maggiorenne: euro 300,00».

In sostanza, a partire da luglio 2014, tutte le persone maggiorenni che presentano l’istanza di riconoscimento di cittadinanza italiana in un ufficio consolare del nostro Paese all’estero devono pagare 300 euro per il trattamento della domanda, indipendentemente dall’esito della richiesta.

Il ddl di Bilancio per il 2020 propone (art. 101, comma 2) di raddoppiare questa cifra, portandola a «600 euro» dal 1° febbraio 2020. La Relazione tecnica sul ddl di Bilancio prevede che il prossimo anno, con questo specifico provvedimento, lo Stato avrà maggiori entrate per 14,5 milioni di euro.

Poche persone saranno coinvolte

Da un lato, è dunque vero che nelle intenzioni del governo c’è la proposta di raddoppiare la tariffa consolare per richiedere la cittadinanza italiana, ma questo vale solo per le pratiche avanzate all’estero.

Rientra in questo caso, per esempio, chi chiede di ottenere la cittadinanza fuori dai confini del nostro Paese perché ha una discendenza da avi italiani, oppure chi ha sposato un cittadino o una cittadina con nazionalità italiana e vive all’estero.

Secondo i dati Istat più aggiornati, nel 2017 i cittadini non comunitari divenuti italiani per discendenza erano stati poco più di 8.200, il 6,1 per cento sul totale delle cittadinanze concesse.

Come già successo nel 2014 con l’introduzione del pagamento dei 300 euro, il raddoppio proposto dal governo ha attirato le critiche del Movimento associativo italiani all’estero (Maie), che ha annunciato di voler presentare un emendamento per cancellare l’aumento della nuova tariffa. Il 7 novembre, anche il segretario generale del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (Cgie) Michele Schiavone ha criticato l’articolo del ddl Bilancio, definendolo uno «scandalo».

In ogni caso, il raddoppio della tassa non coinvolge chi fa richiesta di cittadinanza italiana in Italia. Rientrano, per esempio, in questo caso gli stranieri che risiedono da oltre 10 anni nel nostro Paese oppure i minori stranieri, nati in Italia, che fanno richiesta di cittadinanza una volta raggiunta la maggiore età.

Nel nostro Paese, la materia della cittadinanza è infatti di competenza del Ministero dell’Interno, che da ottobre 2018 – con Salvini capo del Viminale – chiede un contributo di 250 euro (prima erano 200 euro) per ogni istanza o dichiarazione «di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza italiana».

Il verdetto

Secondo Salvini, il governo Pd-M5s «ha raddoppiato la tassa per ottenere la cittadinanza italiana». Abbiamo verificato e il leader della Lega è impreciso, o almeno usa un’espressione che potrebbe essere fuorviante.

È vero che il ddl di Bilancio per il 2020 propone di aumentare da 300 euro a 600 euro il costo del trattamento della domanda di cittadinanza italiana, ma negli uffici consolari del nostro Paese all’estero. Non per tutte le richieste, insomma, ma per una minoranza.

Rientrano in questa casistica i discendenti di italiani che vivono in Paesi stranieri, e non per esempio i figli di genitori stranieri che risiedono in Italia e raggiunta la maggiore età fanno domanda per ottenere la cittadinanza del nostro Paese.

In conclusione, Salvini si merita un “Nì”.