L’8 novembre, ospite a Stasera Italia su Rete4, il capo politico del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio ha difeso (min. -0:53) una delle misure contenute nel disegno di legge di Bilancio per il 2020, attualmente in discussione al Senato.

Secondo Di Maio, «noi non abbiamo messo una tassa sulle auto aziendali: abbiamo messo una tassa su quelle inquinanti aziendali».

Ma è davvero così? L’ex vicepresidente del Consiglio sbaglia: vediamo perché.

La tassazione sulle auto aziendali

Prima di analizzare il disegno di legge di Bilancio, guardiamo brevemente come funziona la fiscalità sulle auto aziendali in Italia.

Quest’ultime rientrano tra quei benefici non strettamente monetari – come i viaggi premio o i buoni pasto – che i datori di lavoro concedono ai loro dipendenti per motivarli e fidelizzarli. Stiamo parlando dei cosiddetti fringe benefit, espressione tradotta in italiano con “benefici marginali” o “accessori”.

Come ha sottolineato l’Ocse in uno studio del 2014, un fringe benefit come un’auto aziendale costituisce parte del valore che un dipendente riceve per la propria attività lavorativa. Per questo motivo, diversi Stati al mondo – con meccanismi diversi tra loro – fanno rientrare questi benefici nel computo del reddito da lavoro su cui un contribuente deve pagare le tasse.

Se l’auto viene assegnata al dipendente solo per i fini aziendali, in capo al lavoratore non si genera alcun beneficio tassabile dallo Stato.

In base alle normative vigenti nel nostro Paese, come spiega nel dettaglio un approfondimento del 2016 di Confindustria intitolato “Fiscalità delle auto aziendali”, lo Stato stabilisce che il 30 per cento dell’utilizzo delle auto concesse in uso promiscuo (cioè sia ad uso lavorativo sia ad uso personale) è per scopi personali.

Questa percentuale del valore del benefit è dunque inclusa nel calcolo della busta paga ed è tassata con le stesse aliquote applicabili al reddito da lavoro.

Che cosa vuole fare il governo

L’articolo 78 del disegno di legge di Bilancio per il 2020 vuole intervenire proprio sulla fiscalità delle auto aziendali a uso promiscuo.

In sostanza, la proposta del governo Conte II è quella di modificare la percentuale del 30 per cento considerata a uso personale, aumentandola a seconda delle emissioni del veicolo.

Se il ddl non sarà modificato dal Parlamento, la percentuale del 30 per cento passerà infatti al 100 per cento (+70 per cento) per i veicoli con emissioni di CO2 che superano i 160 grammi per chilometro e al 60 per cento (+30 per cento) per le auto con emissioni sotto questa soglia.

Da questi aumenti, specifica il testo, sono escluse le auto aziendali utilizzate dagli agenti e rappresentanti di commercio, e i veicoli a trazione elettrica o a trazione ibrida termoelettrica. Per quest’ultima categoria, la percentuale considerata a uso personale resta al 30 per cento.

Non è vero dunque che il governo vuole intervenire – come dice Di Maio – solo sulla fiscalità delle auto aziendali inquinanti. Fatta eccezione per le auto elettriche e le ibride, e quelle dei rappresentanti di commercio, la modifica coinvolge tutte le auto aziendali a uso promiscuo.

Di che numeri stiamo parlando

La relazione tecnica del ddl di Bilancio presentato al Senato contiene alcune stime sul numero dei veicoli potenzialmente interessati da questo provvedimento, tra le oltre 840 mila auto immatricolate nel 2018 per soggetti titolari di partita Iva.

«La percentuale dei veicoli con emissione di anidride carbonica fino a 160 grammi per chilometro», che sarebbe dunque interessata a un aumento della quota di uso personale dal 30 al 60 per cento, «risulta pari al 95 per cento». Solo il restante 5 per cento «si riferisce a veicoli con emissioni superiori», spiega la relazione.

Le auto aziendali inquinanti sarebbero dunque una minima parte. Nel prossimo futuro, poi, la tendenza va verso l’acquisto di auto più ecologiche.

Da questa modifica delle norme che regolano la fiscalità delle auto aziendali a uso promiscuo, la relazione tecnica che lo Stato incasserà – tra Irpef e addizionali regionali e comunali – 332,6 milioni di euro nel 2020, che saliranno a 387,4 milioni di euro nel 2021.

Il verdetto

Secondo Di Maio, il disegno di legge di Bilancio per il 2020 contiene una nuova tassa che coinvolgerà solo le auto aziendali inquinanti. Ma le cose non stanno così.

Innanzitutto, non si tratta di una nuova tassa, ma della modifica di un regime fiscale già in vigore. Il dibattito è quale percentuale del benefit auto aziendale vada accomunata a un reddito da lavoro e quindi tassata.

Attualmente, questa percentuale è del 30 per cento, ma il governo vuole alzarla al 60 per cento per tutte le auto aziendali a uso promiscuo che emettono fino a 160 grammi di Co2 per chilometro e al 100 per cento per i veicoli considerati inquinanti, perché superano questa soglia.

Gli aumenti coinvolgeranno quindi tutte le auto aziendali a uso lavorativo e personale, fatta eccezione per quelle elettriche e ibride, e quelle dei rappresentanti di commercio.

Le auto aziendali inquinanti – quelle a cui fa riferimento il ministro degli Esteri – sarebbero inoltre una minima parte dei veicoli interessati. In conclusione, Di Maio si merita un “Pinocchio andante”.