Il 18 luglio 2019, la senatrice del Partito democratico Valeria Valente ha scritto su Facebook che «al Sud un giovane su due non ha più lavoro».
Ma è davvero così? Abbiamo verificato.
Qual è la fonte del dato
Nel suo post, Valente ha citato «il rapporto di Confindustria e Srm», allegando la foto di un articolo pubblicato il 18 luglio 2019 sul quotidiano Il Mattino, intitolato “Dramma mezzogiorno, un giovane su due non ha più un lavoro”.
Anche altri siti di notizie hanno ripreso il tema, titolando “Confindustria lancia l’allarme Sud: un giovane su due non lavora” (Tgcom24), oppure “Emergenza Sud: più di un giovane su due non lavora” (Il Secolo d’Italia).
Il rapporto in questione si chiama Check-up Mezzogiorno (qui consultabile) ed è una «tradizionale analisi di mezza estate» condotta da Confindustria e dal centro Studi e ricerche per il Mezzogiorno (Srm), che valuta lo stato di salute dell’economia nell’Italia meridionale (comprese le isole).
Come si legge nel report, «resta particolarmente elevata la disoccupazione giovanile, che raggiunge al Sud il tasso record del 51,9 per cento: in pratica, più di un ragazzo meridionale su due non lavora».
Alla base di questa affermazione, però, c’è un errore di interpretazione.
Come si calcola la disoccupazione giovanile
Come abbiamo spiegato in una nostra precedente analisi, il tasso di disoccupazione giovanile – ossia quella che coinvolge gli individui tra i 15 e 24 anni di età – non si calcola sull’intera popolazione in questa fascia di età.
Il tasso di disoccupazione giovanile – come quello generale – è calcolato sulle cosiddette “forze di lavoro”, ossia su quella parte di giovani tra i 15 e 24 anni che lavorano o sono in cerca di un lavoro (i cosiddetti “attivi”).
È esclusa dunque dal calcolo una parte rilevante della popolazione giovanile: quella che studia (la scuola dell’obbligo in Italia dura fino ai 16 anni e dopo la scuola secondaria di secondo grado, inizia il percorso universitario) e quella che, una volta smesso di studiare, non cerca lavoro (i cosiddetti “inattivi”, chiamati per questa fascia d’età Neet, Not in employment, education and training).
Già nel 2012, l’Istat aveva pubblicato un comunicato stampa in cui metteva in guardia da possibili errori di interpretazione, scrivendo: «A seguito di quanto pubblicato da alcune agenzie, testate online, radio e televisioni in merito ai dati mensili su occupati e disoccupati diffusi questa mattina, si precisa che non è corretto affermare che “più di un giovane su tre è disoccupato”, mentre sarebbe più corretto segnalare che “più di uno su tre dei giovani attivi è disoccupato”».
È una sorta di «inganno statistico» – come l’hanno chiamato Alessandra Del Boca, economista all’Università di Brescia, e Antonietta Mundo, ex attuaria all’Inps – che porta a scambiare la parte per il tutto.
Quanti sono i giovani veramente senza lavoro
Fatto questo chiarimento metodologico, possiamo vedere quanti sono i giovani nell’Italia meridionale che veramente sono senza lavoro, non contando quindi chi ha deciso di proseguire gli studi o non sta cercando occupazione.
Secondo i dati Istat più aggiornati, divisi per ripartizione geografica, alla fine del 1° trimestre 2019 (periodo a cui fa anche riferimento il report citato da Valente) il numero di disoccupati tra i 15 e 24 anni nel Mezzogiorno era di 267 mila unità [1].
Alla stessa data, le forze di lavoro al Mezzogiorno con un’età tra 15 e 24 anni erano 514 mila unità, che erano occupate o in cerca di occupazione [2].
Se si rapporta il numero di disoccupati con quest’ultimo, si ottiene il 51,9 per cento citato in precedenza, ossia il tasso di disoccupazione giovanile al Sud.
Se si guarda invece al numero della popolazione totale di giovani nel Mezzogiorno, le cose cambiano.
Secondo il censimento Istat più aggiornato, al 1° gennaio 2018 i residenti tra i 15 e 24 anni in questa area geografica erano 2.250.410 (1.548.648 dell’Italia meridionale [3] più 701.762 dell’Italia insulare [4]) .
In sostanza sulla popolazione totale, la percentuale di disoccupati è dell’11,9 per cento (12 giovani su 100).
La disoccupazione giovanile in Italia
Questa percentuale è comunque superiore alla media nazionale.
Secondo i dati Istat, alla fine del 1° trimestre 2019 il tasso di disoccupazione giovanile in tutta Italia era del 33,2 per cento [5], quasi 20 punti percentuali più bassa di quella nel Mezzogiorno, con un numero di disoccupati in questa fascia di età pari a 510 mila unità [6].
Anche in questo caso, non significa che “più di un giovane su tre è disoccupato”, ma che “più di un giovane su tre tra i giovani attivi è disoccupato”.
Al 1° gennaio 2018, infatti, la popolazione residente nel nostro Paese con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni era pari a 5.884.599 unità. Se si rapporta a questo numero quello dei disoccupati, si scopre che su 100 giovani in Italia, quasi 9 erano disoccupati (contro i quasi 12 del Mezzogiorno).
Tutto ciò non significa ovviamente che la disoccupazione giovanile non sia uno dei problemi maggiori per il nostro Paese in ambito occupazionale.
A livello europeo, secondo i dati Eurostat relativi al 1° quadrimestre del 2019, l’Italia col 33,2 per cento si classifica terzultimo su 28 Stati membri per la disoccupazione giovanile, davanti a Spagna (34,1 per cento) e Grecia (39,6 per cento).
Anche il leggero miglioramento per gli occupati under 25 registrato registrato il 1° luglio dall’Istat (+43 mila unità) risulta perfettamente compensato dal calo di 43 mila unità tra gli occupati compresi nella fascia tra i 25 e i 34 anni.
Il verdetto
Negli ultimi giorni, diversi quotidiani hanno titolato alcuni articoli dicendo che un giovane su due al Sud sarebbe senza lavoro. La notizia è stata anche ripresa su Facebook dalla senatrice del Pd Valeria Valente.
In realtà, questa conclusione poggia su un’errata interpretazione del tasso di disoccupazione giovanile.
È vero che al Sud questa percentuale sia al 51,9 per cento, ma questo non significa che più di un giovane su due sia disoccupato. La popolazione presa in considerazione è infatti quella “attiva”, che comprende sia gli occupati sia chi è in cerca di occupazione: sono esclusi però, tra gli altri, chi studia o non cerca lavoro.
Se si guarda alla popolazione totale al Sud con un’età compresa tra 15 e 24 anni, si scopre quindi che sono 12 su 100 i giovani che sono disoccupati, non quasi 52.
In conclusione, Valente merita un “Pinocchio andante”.
[1] Percorso: Lavoro e retribuzioni > Offerta di lavoro > Disoccupazione > Disoccupati > Disoccupati – livello ripartizionale > Classe di età: 15-24 anni
[2] Percorso: Lavoro e retribuzioni > Offerta di lavoro > Occupazione > Forze di lavoro > Forze di lavoro – livello ripartizionale > Classe di età: 15-24 anni
[3] Percorso: Ripartizione (Italia meridionale) > Età: da 15 a 24 anni > Cliccare su “Tavola”
[4] Percorso: Ripartizione (Italia insulare) > Età: da 15 a 24 anni > Cliccare su “Tavola”
[5] Percorso: Lavoro e retribuzioni > Offerta di lavoro > Disoccupazione > Tasso di disoccupazione – livello ripartizionale > Classe di età: 15-24 anni
[6] Percorso: Lavoro e retribuzioni > Offerta di lavoro > Disoccupazione > Disoccupati > Disoccupati – livello ripartizionale > Classe di età: 15-24 anni
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1