Il 26 giugno Giorgia Meloni ha espresso la propria opinione sulla vicenda della Sea Watch 3, nave gestita da una Ong tedesca ma battente bandiera olandese che opera nel mar Mediterraneo.
L’imbarcazione, con a bordo 42 migranti, ha trascorso due settimane in mare, senza un porto sicuro verso cui dirigersi. Il 26 giugno Carola Rackete – capitano della nave – ha deciso di entrare senza autorizzazione nelle acque territoriali italiane, dirigendosi verso Lampedusa per approdare sulla terraferma.
Secondo la leader di Fratelli d’Italia se il nostro Paese avesse firmato il Global Compact «la Corte di Strasburgo avrebbe potuto imporre all’Italia lo sbarco immediato dei passeggeri della #SeaWatch», e sarebbe stato proprio un «intervento di Fratelli d’Italia» ad impedire la ratifica del documento.
Ma è davvero così? Abbiamo verificato e l’affermazione di Giorgia Meloni è gravemente errata.
Che cos’è il Global Compact
Il Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration – conosciuto anche come Global Compact sull’immigrazione – è un accordo intergovernativo negoziato sotto l’egida dell’Onu che riguarda le migrazioni internazionali.
Il 19 dicembre 2018 l’Assemblea generale dell’Onu ha votato il documento. Come specificato nel preambolo (art. 7) non è un accordo legalmente vincolante, ma una semplice cornice che stabilisce degli obiettivi comuni a cui ispirare eventuali collaborazioni tra Stati. Dunque, se anche l’Italia lo avesse ratificato, non ne sarebbe disceso alcun obbligo giuridico.
Già in base a questa natura non vincolante dell’accordo – argomento su cui Giorgia Meloni aveva già in passato preso per buone delle falsità diffuse dai siti di estrema destra – l’affermazione della presidente di Fratelli d’Italia è scorretta. La Corte di Strasburgo – cioè la Corte europea per i diritti dell’Uomo, organismo internazionale che non fa parte della Ue – non avrebbe infatti potuto far discendere alcun obbligo giuridico sull’Italia in base a un accordo non vincolante.
Anche perché la giurisdizione della Corte europea per i diritti dell’Uomo si limita (vedi art. 32) a verificare il rispetto della Carta europea dei diritti dell’uomo e dei suoi protocolli annessi. Il Global Compact, se anche fosse stato approvato dall’Italia (cosa che non è successa) e se anche avesse avuto valore vincolante (cosa che non ha), non sarebbe entrato nella giurisdizione della Corte di Strasburgo. Ma andiamo oltre.
Sono 19 i membri Ue che a fine 2018 si sono espressi a favore mentre 9, tra cui anche l’Italia, hanno votato contro l’accordo o si sono astenuti. Fanno compagnia al nostro Paese l’Austria, l’Ungheria, la Polonia, la Bulgaria, la Romania, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Lettonia.
Vediamo, nello specifico, il perché della scelta italiana.
Perché l’Italia non ha aderito
Il 28 novembre 2018 il governo M5s-Lega aveva annunciato che non avrebbe sottoscritto il Global Compact. La decisione, secondo quanto dichiarato dallo stesso presidente del Consiglio Conte, era dettata dalla volontà di voler coinvolgere nella scelta il Parlamento, trattandosi di «temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini». Ma soprattutto aveva pesato la contrarietà di Salvini e della Lega.
A febbraio 2019 si è ritornati sulla questione e fu approvata una mozione in propositopresentata da Fratelli d’Italia. Il documento, incentrato sul contrasto all’immigrazione clandestina e alla mafia nigeriana, impegnava il governo a «non sottoscrivere il Global Compact for safe, orderly and regular migration e a non contribuire in alcun modo al finanziamento del relativo trust fund». La mozione, con la maggioranza che si è astenuta dal votare, è passata alla Camera con 112 voti a favore.
Questo tuttavia non è sufficiente per sostenere che sia stato l’intervento di Fratelli d’Italia a bloccare l’adozione del Global Compact, accordo su cui – come abbiamo anticipato – si era detto (min. 7:57) contrario a suo tempo anche il vicepremier Salvini.
Ricordiamo, infatti, che la mozione parlamentare non è un atto legalmente vincolante ma una misura di carattere “politico”, con cui il Parlamento chiede al governo di adottare determinate misure e prendere scelte che vadano in una data direzione. Se il governo avesse voluto, avrebbe potuto ignorare la mozione, ma finora non l’ha fatto. Insomma, più che di Fratelli d’Italia, la responsabilità sembra del governo, che ha deciso di non procedere su questo tema.
Con il Global Compact lo sbarco sarebbe stato obbligatorio?
Già a novembre 2018 Giorgia Meloni si era opposta alla firma del Global Compact parlando di una possibile «invasione dell’Italia» da parte dei migranti in caso di firma. Come avevamo dimostrato, però, l’accordo non include alcun pericolo di invasione.
In primo luogo perché, come già detto, non è vincolante. In secondo luogo perché, diversamente rispetto a quanto sostenuto dai contrari all’accordo, non c’è alcuna equiparazione tra rifugiati e migranti economici, e anzi al suo interno sono previste delle possibili intese che favorirebbero l’Italia in quanto Paese di primo arrivo.
Guardiamo nel dettaglio al documento per vedere se al suo interno c’è qualcosa che giustifichi la tesi di Giorgia Meloni.
Sono 23 gli obiettivi che il Global Compact stabilisce, con l’intento di dare una cornice di principi comuni all’operato dei diversi governi nell’ambito delle migrazioni internazionali. Nessuno di questi prevede l’obbligo specifico far sbarcare eventuali migranti. Anzi, si prevede l’impegno (ma sempre non vincolante) per gli Stati a limitare le cause che spingono le persone ad abbandonare il loro Paese, a favorire l’immigrazione legale e a contrastare quella irregolare, a contrastare il traffico di esseri umani e a facilitare i rimpatri.
Accanto a questo poi si chiede vengano tutelati i diritti fondamentali dei migranti, come la vita e la sicurezza, ma queste disposizioni – considerato che oltretutto ricalcano i contenuti di altre convenzioni internazionali, come la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’Onu o la Convenzione di Ginevra – non fanno nascere alcun nuovo obbligo in capo agli Stati che sottoscrivono il Global Compact.
Dunque, come è evidente, il Global Compact non stabilisce alcun vincolo che riguarda lo «sbarco immediato dei passeggeri» di cui ha parlato Giorgia Meloni. I Paesi che hanno ratificato il documento, quindi, non sono in alcun modo obbligati ad accogliere i migranti.
Si pensi ad esempio che Malta, un Paese che – vista la propria collocazione geografica e le proprie dimensioni ridotte – ha sempre avuto una politica molto dura nei confronti degli sbarchi di migranti, ha accolto favorevolmente e sottoscritto il Global Compact nel dicembre 2018. Da allora la sua politica migratoria non è cambiata e non si sono registrate decisioni della Corte di Strasburgo – né di altre corti internazionali – che imponessero a Malta di far sbarcare migranti in virtù del Global Compact.
Il verdetto
Giorgia Meloni ha dichiarato che «senza l’intervento» del suo partito nell’ostacolare la firma del Global Compact da parte del nostro Paese, «la Corte di Strasburgo avrebbe potuto imporre all’Italia lo sbarco immediato dei passeggeri della #SeaWatch».
Giorgia Meloni sbaglia. Il Global Compact non ha natura vincolante, dunque se anche l’Italia lo avesse sottoscritto una corte internazionale, come quella di Strasburgo, non avrebbe potuto usarlo come base per una decisione. Inoltre all’interno del Global Compact non è previsto da nessuna parte un obbligo – né un impegno – per gli Stati sottoscrittori a far sbarcare i migranti. Ci sono impegni di carattere generico che tuttavia ricalcano quanto già stabilisce il diritto internazionale (l’obbligo di salvare chi rischia la vita, di garantire il rispetto dei diritti umani di chi viene soccorso e l’accesso ai servizi indispensabili, e via dicendo).
Il ruolo di Fratelli d’Italia viene poi esagerato da Meloni. È vero che la mozione parlamentare che chiede di non ratificare l’accordo è stata promossa dal suo partito, ma se il governo decidesse diversamente potrebbe farlo in qualsiasi momento. Dunque la responsabilità per la mancata ratifica è più dell’esecutivo che di FdI.
Quella di Giorgia Meloni è quindi una “Panzana Pazzesca”.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
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