Il 15 maggio 2019 il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti ha riportato un dato – a suo avviso «drammatico» – relativo alla scuola. Secondo Zingaretti, in Italia «il tasso di evasione scolastica» è pari al 14,5 per cento e sarebbe in aumento ogni anno di un punto percentuale.

Abbiamo verificato.

Di che cosa stiamo parlando?

L’evasione o dispersione scolastica indica i casi in cui gli studenti non frequentano regolarmente la scuola dell’obbligo. Per esempio la totale assenza di scolarizzazione, l’abbandono scolastico, la ripetenza e il ritiro dalla frequenza scolastica per periodi prolungati.

Semplificando: stiamo parlando di tutti quei casi in cui uno studente non rispetta i normali ritmi imposti dal sistema educativo.

L’espressione comprende un’ampia serie di casi e può risultare piuttosto generica, mentre a livello statistico l’indicatore di riferimento (utilizzato sia dall’Istat sia da Eurostat) è l’Early leaving from education and training (Elet).

L’Elet restringe il campo e prende in esame i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni che hanno ottenuto al massimo un titolo di istruzione secondaria di 1° grado (la nostra scuola media) e non sono più stati coinvolti in un percorso scolastico. L’indicatore è espresso come percentuale rispetto al totale dei giovani in quell’età.

Come siamo messi in Italia?


Secondo i dati Eurostat, nel 2018 l’Italia ha registrato un valore in linea con quello riportato da Zingaretti: la dispersione scolastica aveva toccato proprio il 14,5 per cento. Dunque, più di 14 studenti su 100 hanno rinunciato agli studi o li hanno abbandonati prima del previsto.

Anche se Zingaretti sembra suggerire che la dispersione sia in crescita da almeno qualche anno, in realtà questo dato è aumentato solo di recente (Grafico 1). Dal 1992 in poi, infatti, la dispersione scolastica nel nostro Paese ha infatti registrato in generale un calo, passando dal 37,5 per cento a meno della metà. È vero però che negli ultimi tre anni c’è stato un nuovo aumento.

Tra il 2016 e il 2017, l’indicatore Elet è salito infatti dal 13,8 per cento al 14 per cento; tra il 2017 e il 2018 è passato dal 14 per cento al 14,5 per cento.

Zingaretti esagera un po’ parlando di un aumento annuale dell’un per cento. Una crescita simile non è neppure stata registrata in passato: solo tra il 2000 e il 2001 l’Elet è aumentato (quasi) così tanto, passando dal 25,1 per cento al 25,9 per cento.

E gli altri Paesi Ue?


A livello europeo, entro il 2020 l’obiettivo comune tra gli Stati membri è quello di portare sotto al 10 per cento la percentuale di coloro che abbandonano precocemente la scuola. Nel 2018, la media Ue della dispersione scolastica è stata del 10,6 per cento.


Dunque, l’Italia – con il suo 14,5 per cento – non è messa molto bene, quartultima in classifica tra i Paesi Ue. Peggio di noi hanno fatto solo Romania (16,4 per cento), Malta (17,5 per cento) e Spagna (17,9 per cento).

Inoltre, nel 2018 diversi Paesi erano già al di sotto della soglia-obiettivo del 10 per cento. Rientrano tra questi la Croazia (3,3 per cento), la Grecia (4,7 per cento), l’Austria (7,3 per cento), il Belgio (8,6 per cento), la Francia (8,9 per cento).

Il verdetto


Il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha dichiarato che in Italia «il tasso di evasione scolastica è del 14,5 per cento», un dato che sarebbe in aumento di un punto percentuale ogni anno.

Zingaretti è impreciso. Da un lato, è vero che in Italia più di 14 studenti ogni 100 hanno rinunciato agli studi o li hanno abbandonati prima del dovuto. Dall’altro lato, però, è un po’ esagerato dire che questa percentuale cresca ogni anno dell’un per cento. Dal 1992 a oggi si è registrato un calo generale del fenomeno, anche se tra il 2016, il 2017 e il 2018 la percentuale di evasione scolastica è tornata a salire (al massimo dello 0,5 per cento tra gli ultimi due anni).

In conclusione, Zingaretti merita un “C’eri quasi”.