Il 26 gennaio, l’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha partecipato al congresso fondativo di +Europa a Milano. Durante il suo intervento, l’esponente del Pd ha parlato anche di analfabetismo funzionale, dicendo che da trent’anni la sua diffusione in Italia sarebbe rimasta stabile.

Abbiamo verificato.

Che cos’è l’analfabetismo funzionale?

Il concetto di analfabetismo funzionale è stato introdotto a livello internazionale alcuni decenni fa. Nel 1978, ad esempio, un documento dell’Unesco lo ha definito come l’incapacità di un soggetto di «prendere parte in tutte quelle attività in cui è richiesta l’alfabetizzazione per il funzionamento efficace del proprio gruppo o della propria comunità», oltre che «per permettergli di continuare a leggere, scrivere e fare calcoli per lo sviluppo proprio e della comunità di appartenenza». L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) utilizza la stessa definizione.

In sostanza, un analfabeta funzionale ha le capacità basilari nella comprensione dei testi e nel calcolo matematico, ma non ha le competenze sufficienti richieste dalla società in cui vive.

Nel suo libro Orizzonti selvaggi. Capire la paura e ritrovare il coraggio (Feltrinelli, 2018), Calenda usa una definizione di analfabetismo funzionale in linea con quella fornita dall’Unesco, ponendo l’accento soprattutto sulla mancanza di competenze nell’analisi dei testi scritti e sulla scarsa capacità di coinvolgimento nelle maggiori dinamiche della società.

La diffusione in Italia

Veniamo ai dati. I più recenti vengono dal Programme for the International Assessment of Adult Competencies (Piaac), ideato dall’Ocse per monitorare i livelli di istruzione e competenza degli individui dei 57 Stati membri dell’organizzazione.

L’ultimo rapporto Ocse-Piaac Skills matter – Further results from the Survey of Adult Skills (relativo al 2016) prende in esame due aree di competenza: le competenze linguistiche – ossia la capacità di analizzare correttamente i testi scritti – e le competenze matematiche di calcolo. I dati sono raccolti attraverso la compilazione di un questionario e il risultato è valutato su una scala a punti; il punteggio massimo è 500.

Lo studio non fa esplicitamente riferimento all’analfabetismo funzionale ma prevede diversi livelli di competenza, dal livello inferiore all’1 al livello 5. Rientrano nel primo livello coloro che, ad esempio, riescono a portare a termine la lettura di testi medio-brevi di cui individuano solo l’informazione principale; chi invece rientra nel quinto livello è in grado di sintetizzare le informazioni provenienti da testi diversi, elaborare concetti e valutare punti di vista differenti.

Il rapporto Ocse-Piaac rivela che in Italia il 27,7 per cento degli individui di età compresa tra i 16 e i 65 anni «possiede competenze linguistiche di livello 1 o inferiore». La media degli Stati partecipanti è di 15,5 per cento. Per quanto riguarda, poi, le competenze matematiche, il «32 per cento degli italiani ha competenze di livello 1 o inferiore» contro il 19 per cento della media dei Paesi presi in esame.

Il confronto con gli altri Paesi

Nella ricerca Il secondo round dell’indagine Ocse-Piaac: le competenze per vivere e lavorare oggi (qui scaricabile) pubblicata a fine 2016 e realizzata dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), vengono messe a confronto – basandosi sui dati del rapporto Ocse-Piaac – le competenze degli italiani con quelle dei cittadini di altri 33 Paesi.

In tutti i Paesi presi in esame sono presenti individui che si collocano ai livelli più bassi di competenze linguistiche e matematiche. Per l’Italia i dati sono però particolarmente poco lusinghieri. Le uniche nazioni che hanno registrato un risultato peggiore del nostro sono l’Indonesia, il Cile, la Turchia, Singapore, la Spagna e Israele.



Grafico 1: Percentuale di adulti che si collocano al livello 1 o inferiore per comprensione del testo e/o capacità di calcolo – Fonte: Elaborazione Isfol su dati Ocse‐Piaac 2012‐2015 [1]

L’Inapp sottolinea, inoltre, che a livello generale gli individui di età compresa tra i 16 e i 65 anni che potenzialmente si trovano ad avere competenze insufficienti nell’ambito letterario, in quello matematico o in entrambi, sono poco meno del 40 per cento [2] del totale della popolazione italiana.

In Italia l’analfabetismo funzionale è stabile da decenni?

Carlo Calenda ha dichiarato che «da trent’anni l’analfabetismo funzionale è rimasto stabile». Ma non è per nulla facile trovare dati che registrino le modifiche nella percentuale di analfabeti funzionali nel corso degli ultimi decenni.

Abbiamo infatti contattato l’Inapp, l’ente pubblico nazionale che negli anni si è occupato maggiormente del tema. Ci è stato comunicato che non sono in possesso di dati che vadano così indietro nel tempo. Ci siamo poi rivolti all’Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo, ma non abbiamo ancora ottenuto risposta.

Che cosa dicono gli studi ufficiali sul tema? Ci sono due precedenti diretti dell’indagine Ocse-Piaac, entrambi curati dalla stessa Ocse: l’International Adult Literacy Survey (Ials) e l’Adult Literacy and Lifeskills (All).

L’Ials è stata la prima indagine Ocse a fornire un quadro delle competenze alfabetiche della popolazione adulta. L’indagine pilota è stata realizzata nel 1993 e, tra il 1994, il 1996 e il 1998 sono stati realizzati diversi studi che hanno coinvolto ventuno Paesi. L’Italia ha partecipato dal 1998. L’All ha poi esteso l’ambito di osservazione, includendo ad esempio la capacità di interagire nei diversi ambienti di lavoro o gruppi sociali di riferimento, le abilità cognitive e di problem solving. L’Italia rientra tra i primi Paesi ad aver partecipato.

Nel complesso, possiamo dire di avere qualche informazione sugli ultimi venti-venticinque anni.

Nel tempo sono diminuiti gli analfabeti


L’Isfol – Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, un ente di ricerca pubblico – ha analizzato i risultati emersi dalle diverse indagini commissionate nel tempo dall’Ocse. Il confronto tra l’analisi Ocse-Piaac del 2016 e le precedenti Ials (1994-1998) e All (2006-2008) ha evidenziato come in Italia si sia assistito, negli anni, ad un generale contenimento del fenomeno dell’analfabetismo.

Secondo l’Isfol, infatti, è aumentata la percentuale di popolazione che supera il primo livello di competenze e si è ridotto il divario tra le conoscenze alfabetico-letterarie dei giovani (16-24 anni) e degli anziani (55-64 anni). Inoltre, facendo riferimento alla comprensione del testo, si è nel tempo assottigliata la distanza tra gli uomini e le donne: se, con l’indagine Ials (1994-1998) la differenza di competenze raggiungeva gli 11,2 punti percentuali a sfavore delle donne, l’Ocse-Piaac (2016) riporta una differenza di 0,2 per cento a favore di quest’ultime. Infine e in linea generale, rispetto a quanto era stato registrato tra il 1994 e il 1998 dall’indagine Ials, l’Italia rientra nel 2016 tra i Paesi che hanno migliorato la propria performance.

Dunque, secondo quanto riportato dall’Isfol, negli ultimi venticinque anni il nostro Paese sembra aver assistito a un miglioramento del livello medio di competenze dei propri cittadini, riducendo le distanze tra generazioni e sessi.

Il confronto tra l’indagine All e la Ocse-Piaac

Vittoria Gallina, docente di Educazione degli adulti presso l’università “La Sapienza” di Roma e ambasciatrice dell’Electronic Platform for Adult Learning in Europe (Epale), ha analizzato i risultati che emergono dall’indagine All tenutasi in Italia tra il 2003 e il 2004. Lo studio è contenuto nel volume Letteratismo e abilità per la vita: indagine nazionale sulla popolazione italiana, 16-65 anni (Armando Editore) pubblicato nel 2006.

La metodologia utilizzata nell’indagine All è in linea con quella usata per l’Ocse-Piaac nel 2016. Le aree di competenza sono, infatti, in entrambi i casi la comprensione di testi in prosa e le informazioni contenute in formati grafici e/o tabelle, le competenze matematiche basilari e il problem solving. Inoltre, entrambe le indagini basano i risultati su livelli di competenza; come infatti riporta parlando dell’All Vittoria Gallina, c’è il «livello 1, il più basso, che rappresenta competenze/abilità estremamente modeste e fragili, fino al livello 5, che indica piena padronanza degli alfabeti indispensabili a garantire, nelle attuali società della conoscenza, un agire efficace». Questa classificazione è in linea con quella Ocse-Piaac.

Il grafico sottostante riassume, per l’Italia, quanto risulta dall’Adult Literacy and Lifeskills (All) realizzato tra il 2003 e il 2004. Il campione era composto da 6.853 cittadini di età compresa tra i 16 e i 65 anni.



Grafico 2: Italia, livelli di Prose, Document, Numeracy, Problem SolvingAdult Literacy and Lifeskills (ALL) 2003-2004 – Fonte: Adult Literacy and Life skills (All) – Competenze della popolazione adulta e abilità per la vita

Guardando alle competenze letterarie e, quindi, alla comprensione di testi in prosa e alla corretta lettura di grafici e tabelle, emerge come più del 40 per cento del campione (nello specifico 46,1 per cento e 48,8 per cento) avesse capacità estremamente ridotte nel periodo dell’indagine, tra il 2003 e il 2004. Il 41,7 per cento rientrava nel primo livello per quanto riguarda le capacità matematiche. In particolare, poi, quasi il 70 per cento dei nostri connazionali incontrava particolari difficoltà nel problem solving.

Confrontiamo ora i dati riportati da Vittoria Gallina e relativi all’indagine All 2003-2004 con il più recente studio Ocse-Piaac 2016.

Le competenze letterarie degli italiani sono migliorate: se, all’inizio del secondo millennio chi raggiungeva il primo livello era circa il 46 o 48,8 per cento del campione, nel 2016 si assiste ad un calo di circa 21 punti percentuali. Chi incontra maggiori difficolta ed è, quindi, un potenziale analfabeta funzionale, è il 27,7 per cento delle persone. Un miglioramento è poi riscontrato anche per le competenze matematiche. Coloro che possono potenzialmente essere considerati analfabeti funzionali in questo specifico settore sono diminuiti dal 2003 al 2016 di circa dieci punti percentuali passando dal 41,7 per cento al 32 per cento.

Notiamo infine un ultimo aspetto.

Vittoria Gallina, nelle conclusioni della sua analisi (che ricordiamo essere stata redatta nel 2006), sottolinea come «dovranno essere sperimentate strategie mirate all’incremento della partecipazione ad attività formative di persone con livelli estremamente bassi di competenza che nel nostro Paese superano il 40 per percentuale della popolazione». Questo dato sembra in linea con quanto riportato dall’Inapp in seguito alla pubblicazione dell’indagine Ocse-Piaac 2016. L’Istituto nazionale di analisi delle politiche pubbliche sottolinea [1] come coloro che, a livello nazionale, sono ai livelli più bassi di competenze letterarie e/o matematiche siano pari a circa il 40 per cento della popolazione.

A dieci anni di distanza, dunque, la generale diffusione a livello nazionale di possibili analfabeti funzionali sembra aggirarsi attorno al 40 per cento. Bisogna però sottolineare come, a seconda delle diverse aree di competenza prese in esame, i valori abbiano visto nel tempo una generale decrescita che corrisponde a una progressiva alfabetizzazione e al miglioramento delle competenze degli italiani.

Non ci è stato possibile andare più indietro nel tempo e trovare studi o indagini per i «trent’anni» cui fa riferimento Carlo Calenda.

 

 

Il verdetto

Carlo Calenda ha dichiarato che in Italia, negli ultimi trent’anni, l’analfabetismo funzionale «è rimasto stabile». Non abbiamo trovato dati che permettano di andare così indietro nel tempo e non è stato possibile ottenere informazioni a riguardo dagli enti di ricerca pubblici.

Secondo l’Isfol, la diffusione dell’analfabetismo funzionale in Italia tra il 1994-1998 e il 2016 si è ridotta. Per cercare di comprendere l’andamento del fenomeno abbiamo confrontato i dati raccolti nel 2003-2004 con quelli del 2016. In entrambi i casi circa il 40 per cento della popolazione rientra nei potenziali analfabeti funzionali. Bisogna però notare che se si guarda alle singole aree di competenza si è assistito a un miglioramento: il numero di coloro che possedeva insufficienti capacità letterarie nel 2003 è diminuito di 21 punti percentuali nel 2016 e, guardando alle competenze matematiche, si è assistito ad un calo di dieci punti percentuali.

In conclusione: ci sono indizi che, in realtà, ci siano stati miglioramenti, ma vista l’assenza di dati ufficiali che permettano di arrivare a conclusioni del tutto sicure, l’ex ministro dello Sviluppo economico merita un “Nì”.




[1] Download > p. 37

[2] Download > p. 36