In un’intervista con il Corriere della Sera, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha parlato di immigrazione e del supporto che gli Stati membri dell’Unione Europea dovrebbero garantire al nostro Paese.

Argomento centrale è stato il disaccordo tra gli esponenti del governo M5S/Lega sulle modalità di sbarco dei migranti che, al momento dell’intervista (24 agosto 2018), erano a bordo della nave “Diciotti” della Guardia Costiera italiana. Visto il ruolo politico e decisionale ricoperto dal ministro dell’Interno e l’ipotesi di aprire, nei suoi confronti, un fascicolo per sequestro di persona, il giornalista Marco Cremonesi ha chiesto al vicepremier chiarimenti rispetto al suo rapporto con la magistratura.

Matteo Salvini si è detto stupito circa possibili incriminazioni da parte dei magistrati e ha affermato che in Italia ci sono “milioni” di processi in arretrato (suggerendo in sostanza che la magistratura dovrebbe occuparsi di altre cose). Ha poi dichiarato che, nel caso in cui l’autorità giudiziaria dovesse indagarlo, prenderà tutte le misure necessarie.

Al di là del caso specifico, la dichiarazione di Salvini dà l’occasione per verificare quanti sono in Italia i processi in arretrato.

I procedimenti pendenti e in arretrato


La giustizia italiana identifica come pendenti tutti i procedimenti che sono in attesa di giudizio. Vengono, dunque, così definite tutte le vicende giudiziarie penali o civili per le quali non è ancora stato emesso alcun provvedimento finale, come una sentenza.

Come specificato dal Ministero della Giustizia, un sottogruppo dei procedimenti pendenti è quello dei procedimenti in arretrato. Con questa espressione si fa riferimento ai procedimenti di giustizia ordinaria che non sono stati risolti entro i termini previsti dalla “legge Pinto” sulla ragionevole durata dei processi.

Questa legge fu varata nel 2001 per adeguarsi al nuovo articolo 111 della Costituzione, riformato nel 1999, che delega alla legge ordinaria il compito di assicurare la ragionevole durata dei processi e per evitare che le cause contro lo Stato italiano per l’eccessiva durata dei processi continuassero ad essere decise dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). La Corte di Strasburgo, infatti, basandosi sull’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, aveva facoltà di processare l’Italia, appunto uno degli Stati sottoscrittori della Convenzione, quando i cittadini la denunciavano perché i processi in cui erano coinvolti avevano una durata abnorme.

La legge Pinto del 2001 diede quindi ai tribunali italiani la competenza a giudicare in materia di eccessiva durata dei processi e stabilì (art. 2 co. 2 bis) che «si considera rispettato il termine ragionevole (…) se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità [in Cassazione n.d.r.]».

Se i termini non sono rispettati, come viene sottolineato dal Ministero, «i soggetti interessati potrebbero richiedere allo Stato un risarcimento per irragionevole durata».

Quando si parla di processi in modo generico, così come viene fatto nella dichiarazione, si fa solitamente riferimento alle vicende relative alla giurisdizione ordinaria (penale e civile). Lasceremo quindi fuori dalla nostra analisi i dati relativi alla giurisdizione speciale che, invece, comprende, ad esempio, il settore militare o contabile, e che ha strutture e procedure specifiche. Faremo solo cenno, per completezza di informazioni, alla giurisdizione amministrativa.

Lo scenario italiano


Procedimenti penali

I dati più recenti condivisi dal Ministero della Giustizia sono aggiornati allo scorso 25 maggio e riportano, in relazione al primo trimestre del 2018, un totale di 1.520.599 procedimenti penali pendenti. Il totale è sostanzialmente stabile: infatti nel 2017 ammontava a 1.510.600 unità e, nel 2016, a 1.524.984.

Questo per quanto riguarda i procedimenti pendenti. Per i procedimenti in arretrato, non sono ancora disponibili dati relativi al 2018. In base ai dati comunicati dagli uffici giudiziari e alle stime realizzate dal Ministero, però, si può calcolare, sommando le diverse categorie cui si fa riferimento (procedimenti ultra-annuali in Cassazione, ultra-biennali in Corte di Appello, ultra-triennali in Tribunale, ultra-triennali nel Tribunale per i minorenni), un totale di 340.258 procedimenti penali in arretrato per il 2017. C’è un calo rispetto all’anno precedente, quando la cifra era di 352.355 unità.

Ancora a proposito del 2017, poco meno di un quarto (il 22,5%) dei procedimenti penali pendenti erano in arretrato. In tutti questi casi, quindi, i soggetti interessati, a causa del superamento dei tempi stabiliti dalla legge, sono nelle condizioni di chiedere un risarcimento allo Stato.

Procedimenti civili

Passiamo ora ai procedimenti civili.

I dati del Ministero della Giustizia offrono, in linea con quanto fatto per i procedimenti penali, due analisi distinte per quanto riguarda i procedimenti pendenti e quelli arretrati.

I procedimenti pendenti totali, per il primo trimestre del 2018, sono 3.587.589. Il 2017 riportava un totale di 3.628.936 casi, in dimuzione rispetto al 2016 (3.801.255 unità).

Anche in questo caso, per quanto riguarda l’andamento dell’arretrato civile non viene riportato un dato totale che, però, si ottiene facilmente sommando i dati delle diverse categorie prese in questione (procedimenti ultra-annuali in Cassazione, ultra-biennali in Corte di Appello, ultra-triennali in Tribunale). L’ammontare dei procedimenti civili in arretrato, per il primo trimestre del 2018, è pari a 592.394 unità. Nel 2017 lo stesso dato riportava la cifra di 611.394 unità e, nel 2016, di 689.665.

In base ai dati relativi al primo trimestre dell’anno corrente possiamo poi stimare che, nei primi tre mesi del 2018, circa il 16,5% dei processi pendenti era in arretrato. Più o meno uno su sei.



Tabella 1: Procedimenti pendenti Italia 2016-2017-I trim 2018 – Fonte: Elaborazione dati Ministero della giustizia (giustizia penale, giustizia civile)


Tirando le somme, al 31 dicembre 2017 – data più recente per la quale si hanno dati ufficiali e completi per ogni settore – in Italia i procedimenti penali e civili pendenti ammontavano ad un totale di 5.139.536 unità. Tra questi, quelli in arretrato erano 951.652, circa il 18,5%.

Procedimenti amministrativi

La giurisdizione speciale, dicevamo, comprende anche l’ambito amministrativo. Abbiamo deciso, per questo settore, di riportare i valori relativi al 2016 e al 2017.

Durante la relazione tenuta dal presidente del Consiglio di Stato per l’inaugurazione all’anno giudiziario 2018, il cui testo è stato pubblicato alla fine di gennaio, non fa alcuna distinzione tra i procedimenti amministrativi pendenti e quelli in arretrato. Si parla, genericamente, del primo gruppo e, come riportato, «le pendenze sono passate da 238.726 al 31 dicembre 2016 a 210.425 al 31 dicembre 2017» registrando, quindi, un calo di 28.301 unità.

Il confronto con gli altri Paesi

Possiamo dire qualcosa anche sul confronto con gli altri Paesi europei. La Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia (CEPEJ) è un organo dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa – organismo internazionale diverso dall’Unione Europea – il cui obiettivo è migliorare qualità ed efficienza dei sistemi giudiziari ed aumentare, quindi, la fiducia degli utenti nei meccanismi di giustizia. Qui la lista degli Stati membri.

A scadenza di due anni, il CEPEJ pubblica i propri risultati circa il funzionamento dei sistemi giudiziari. Il rapporto più recente è quello pubblicato ad ottobre 2016 che fotografa la situazione del periodo 2010-2014. È quindi una valutazione un po’ datata, ma ugualmente interessante.

La parte conclusiva del rapporto è dedicata alla durata dei processi, per valutare il grado di efficienza dei sistemi giudiziari degli Stati presi in analisi.

Al 2014, la situazione italiana non era incoraggiante. Se, ad esempio, guardiamo ai procedimenti civili, il nostro Paese figurava (insieme ad Andorra, Bosnia ed Erzegovina, Malta e Croazia) tra quelli che con il numero più basso di casi risolti e le tempistiche più lunge. Nel 2014, in Italia, un primo grado di processo civile durava in media circa 532 giorni.

Secondo i dati dello stesso anno ma relativi alla giustizia amministrativa, i tempi per la chiusura di un primo grado di giudizio si aggiravano, in media, attorno agli 984 giorni. Realtà europee come la Germania o la Francia registravano una media nettamente inferiore: 357 giorni nel primo caso e 305 nel secondo.

Il verdetto

Matteo Salvini ha dichiarato che in Italia ci sono milioni di processi in arretrato. I procedimenti in attesa di sentenza sono catalogati come pendenti e, tra questi, alcuni si dicono in arretrato: quelli per i quali i soggetti, a causa del superamento dei tempi stabiliti, possono chiedere un risarcimento allo Stato.

Se guardiamo al totale dei procedimenti penali e civili, la cifra corretta si aggira attorno a un milione di casi (951.652 unità per il 2017, ultimo anno che garantisce la completezza di dati sui procedimenti penali e civili in arretrato). Anche nel caso in cui si decidesse di aggiungere tutti i processi pendenti in ambito amministrativo, la cifra supererebbe di poco il milione. Se, invece, l’intenzione del ministro era quella di fare, in generale, riferimento a tutti i processi pendenti (sia penali sia civili), la stima può (genericamente) considerarsi corretta. Al primo trimestre del 2018 si registravano in totale, infatti, 5.108.188 procedimenti pendenti tra penali e civili. “C’eri quasi” per Matteo Salvini.