In un tweet del 29 aprile, il segretario della Lega Matteo Salvini ha scritto che nel 2018 la spesa per l’accoglienza di migranti – che il politico definisce però “finti profughi” – sarà di 5 miliardi di euro. Nel post è linkato un articolo del quotidiano Il Messaggero, intitolato “Migranti, spesa in aumento del 15,7% rispetto al 2017”, che contiene alcuni dati sull’accoglienza in Italia. Per rafforzare l’effetto del suo commento, Salvini aggiunge le cifre che si ottengono dividendo il totale per i giorni e le ore che compongono un anno.

A parte le cifre, molto del messaggio della frase di Salvini risiede in quel “finti profughi”, che è un giudizio molto netto sulla legittimità dei migranti che hanno raggiunto l’Italia di restare nel nostro Paese. Ma concentriamoci per prima cosa sulle cifre. Si tratta di numeri corretti? Siamo andati a verificare.

Le cifre del DEF

Quando parla di “cifre ufficiali”, Salvini fa riferimento al più recente Documento di economia e finanza, meglio conosciuto nella sua forma abbreviata Def. Questo è lo strumento principale con cui il governo italiano programma la finanza pubblica su base triennale, ma non ha valore di legge. Detta però le linee guida in termini di decreti e norme da approvare in tema di politica economica nei prossimi mesi.

Il Def 2018 è stato approvato il 26 aprile dal Consiglio dei ministri, ma non contiene la parte programmatica sulle riforme, che spetterà al nuovo governo. La sua prima sezione, chiamata “Programma di stabilità dell’Italia”, contiene un focus sulle spese per la clausola degli eventi eccezionali. Qui sono presentate le previsioni dei costi da sostenere per l’accoglienza dei migranti nel 2018.

A proposito degli sbarchi avvenuti sulle coste italiane nel 2017, il documento riconosce il forte calo degli arrivi. Dalla seconda metà dello scorso anno, infatti, c’è stata “un’inversione di tendenza nel numero degli arrivi”. Rispetto al 2016, nel secondo semestre del 2017 gli sbarchi si sono ridotti del 67,7 per cento. Secondo il governo, questo è merito delle nuove misure introdotte – attivazione di hotspot per l’identificazione dei migranti, accordi con la Libia, introduzione del codice di condotta per l’Ong –, ma non mancano dubbi sull’interpretazione di una questione così incerta e complessa.

Al calo degli sbarchi non è seguita però una diminuzione delle presenze nelle strutture per l’accoglienza, a causa anche degli esiti limitati del piano di ricollocamento Ue. A fine 2016, le unità attestate erano circa 176 mila, mentre a fine 2017 superavano le 183 mila.

Quali sono le stime di spesa per la crisi dei migranti

Nel focus, il Def mostra le elaborazioni fatte dal ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) e dalla Ragioneria generale dello Stato (Rgs) sulla base di due scenari.

Nello scenario costante, in cui i numeri degli sbarchi restano simili a quelli degli ultimi mesi, il Def prevede che la spesa per la gestione dei migranti nel 2018 sarà di 4,648 miliardi di euro. Nello scenario di crescita, in cui si tiene conto delle flessibilità del fenomeno migratorio, le previsioni di spesa salgono a 5,047 miliardi di euro. Rispetto all’anno scorso – in cui furono spesi 4,363 miliardi di euro al netto dei contributi Ue – si tratterebbe di un aumento tra lo 0,02 e lo 0,04 per cento di Pil.

Sul totale, si stima che il 18,9 per cento della spesa venga stanziato per il soccorso in mare (era il 17,9 per cento nel 2017); il 68,4 per cento per l’accoglienza (68,6 per cento nel 2017); il 12,7 per cento per la sanità e l’istruzione (13,5 per cento nel 2017). I contributi previsti dall’Unione europea per la crisi migranti sono di circa 80 milioni di euro.

Il grafico successivo mostra la stima di spesa per la crisi dei migranti dal 2011 al 2017, con i dati contenuti nel Documento programmatico di bilancio 2017. Negli ultimi anni, considerando gli scenari di crescita costante, le cifre sono sempre aumentate.

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Anche se non precisa che si parla di previsioni su uno scenario di crescita degli sbarchi, il leader della Lega cita correttamente i 5 miliardi contenuti nel Def. Dividendo quella cifra come fa Salvini, si tratta di circa 13,7 milioni di euro al giorno (per la precisione 13,698 milioni euro) e circa 570 mila euro all’ora (570.776 mila euro).

È però semplicistico sostenere che questi 5 miliardi servano per “mantenere” i migranti accolti in Italia: solo una parte, sebbene consistente, è utilizzata per l’accoglienza in senso stretto. Gran parte poi serve per rimborsare strutture e aziende coinvolte nell’accoglienza, che danno lavoro a molte persone.

Profughi, migranti e le tre forme di protezione

Consideriamo ora l’espressione “finti profughi”. Con essa, Salvini trasmette il messaggio che chi arriva in Italia sia in larghissima parte una persona che non è “realmente” un profugo. Non c’è modo di verificare in senso stretto questa parte della dichiarazione di Salvini, anche perché dal punto di vista legale non esistono “profughi” ma persone che hanno diritto a una forma di protezione internazionale (nel qual caso hanno lo status di rifugiato)o di altro tipo.

Dopo aver ricevuto una richiesta di protezione internazionale, infatti, le commissioni che si occupano di asilo possono assegnare ai richiedenti tre forme di protezione, che permettono di risiedere legalmente nel Paese con diritti diversi a seconda del permesso riconosciuto. La prima forma di protezione internazionale è l’asilo politico, e assegna al richiedente, come dicevamo, lo status di rifugiato. La seconda è la protezione sussidiaria, mentre la terza – che però non è una forma di protezione internazionale – si chiama protezione umanitaria.

I numeri sulle richieste di asilo

“Centinaia di migliaia” di persone è un riferimento – esagerato – al numero di persone nel sistema di accoglienza italiano.

I dati ufficiali del ministero dell’Interno dicono che nel 2017 i richiedenti asilo sono stati 130.119. Non tutte le richieste sono state esaminate: il totale si ferma a circa due terzi (81.527 casi). Lo status di rifugiato è stato assegnato a 6.827 persone – l’8 per cento del totale delle richieste esaminate – in aumento del 3 per cento rispetto al 2016. La protezione sussidiaria è stata assegnata a 6.880 richiedenti (8 per cento), mentre la protezione umanitaria a 20.166 (25 per cento). Infine, a 46.992 (58 per cento) è stata negata una forma di protezione internazionale.

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Se proiettiamo queste percentuali sul totale dei richiedenti del 2017 (130.119), otteniamo che circa 75 mila dei migranti arrivati in Italia lo scorso anno non riceveranno alcuna forma di protezione. Gli altri, invece, per la legge italiana e le convenzioni internazionali hanno diritto alla protezione nel nostro Paese.

I numeri sulle strutture di accoglienza

Dai dati sulle richieste d’asilo, passiamo a quelli sui migranti presenti nelle strutture di accoglienza. Qui è accolto chi è in attesa di risposta – anche da prima del 2017 – e chi ha ricevuto un esito positivo ma non ha mezzi economici sufficienti per cavarsela in autonomia.

I dati aggiornati al 3 aprile 2018 dicono che i migranti accolti sono 173.604. Di questi, 138.503 sono in strutture temporanee; 8.990 nei centri prima accoglienza; 25.657 negli Sprar e 453 negli hotspot.

A grandi linee, se intorno al 60 per cento di questi migranti accolti non riceverà l’asilo – come è accaduto per chi ha avuto esaminata la domanda nel 2017 –, si può dire che più o meno centomila migranti non avranno una forma di protezione. Dal totale andrebbero però tolti i migranti che hanno ricevuto protezione internazionale ma non sono autosufficienti, per cui è probabile che il numero definitivo sia inferiore.

Non è possibile avere informazioni molto più precise, in base ai dati pubblicamente disponibili. Alla complessità del sistema di accoglienza italiano corrisponde la difficoltà di trovare statistiche sul numero di accolti, disaggregati sulla base dello status dei beneficiari. Il ministero dell’Interno pubblica ogni giorno un cruscotto statistico “sull’andamento degli arrivi e sulle presenze dei migranti nelle strutture d’accoglienza”. Ma a differenza di quanto dichiarato, questo documento non contiene più i numeri sugli ospitati da aprile 2017. In questo modo, è difficile per esempio stimare chi risiede negli Sprar sulla base dello status dei beneficiari, perché ancora richiedente asilo oppure rifugiato ma non economicamente indipendente.

Le statistiche complete più aggiornate sono del 23 gennaio 2017, ma questi numeri non aiutano a capire in quanti hanno già avuto esito positivo per la domanda d’asilo e sono ancora nei centri di accoglienza straordinaria o in quanti richiedenti asilo sono invece nei centri di accoglienza secondaria, ossia gli Sprar.

Dati interessanti sugli Sprar sono contenuti nel Rapporto annuale 2017 di Unhcr. Nella sezione dedicata ai servizi offerti nel 2016 dai centri di accoglienza secondaria, risulta che oltre un terzo dei servizi è stato erogato a richiedenti asilo – quindi in attesa di risposta; il 33,8 per cento a titolari di protezione umanitaria; il 16,9 per cento a titolari di protezione sussidiaria e l’11,3 per cento a rifugiati.

Il verdetto

Matteo Salvini cita correttamente la cifra di 5 miliardi di euro contenuta nel Def, ma dimentica due elementi importanti. Per prima cosa, si tratta della stima nello scenario in cui gli sbarchi aumentino. In secondo luogo, il totale non è dedicato alla sola accoglienza, ma anche ad altre attività come il soccorso in mare. Il leader della Lega definisce poi “finti profughi” tutti quelli a cui non è assegnato lo status di rifugiato, un’espressione generica che contiene anche un chiaro giudizio di valore. Così facendo, comunque sia, esagera il numero di chi non riceve alcuna forma di protezione: tra coloro che sono all’interno del sistema di accoglienza italiano si può stimare che meno di centomila persone non avranno diritto a forme di protezione. Per la dichiarazione di Salvini, il verdetto è “Nì”.