Sulla sua pagina Facebook il Segretario della Lega Nord riporta l’attenzione su quello che ritiene essere la vera emergenza in Italia, ossia il lavoro e non lo ius soli. Per spiegarlo, riporta alcuni dati sull’occupazione che siamo andati a verificare.
I Neet
I giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non studiano (i così detti “Neet”, cioè “Not in Education, Employment, or Training”), in base al recente rapporto diffuso dalla Commissione europea (qui scaricabile), nel 2016 in Italia sono stati il 19,9% del totale. Uno su cinque, come afferma Salvini.
L’Italia detiene il record negativo in tutta l’Unione europea, davanti a Bulgaria (18,2%) e Romania (17,4%).
Ma non si tratta di una novità.
Dal 2006 al 2016 siamo sempre stati tra i Paesi con la percentuale di Neet più alta d’Europa, insieme alla Bulgaria, a cui è spettato il primo posto fino al 2012. Dal 2013 l’Italia ha registrato una percentuale maggiore.
Negli ultimi anni si è avuto un leggero calo. Nel 2016 infatti, col 19,9%, si è tornati quasi ai livelli del 2011 (19,7%). Negli anni compresi in questo intervallo di tempo la percentuale era sempre stata più alta: il 21% nel 2012, il 22,2% nel 2013, il 22,1% nel 2014 e il 21,4% nel 2015.
Gli under 40 precari
Sempre nel rapporto della Commissione europea si legge (cap. 3 pag. 12): “nella maggioranza degli Stati membri, i lavoratori più giovani (25-39) e con contratti atipici sono esposti a un rischio considerevolmente maggiore di essere lavoratori precari”.
Con lavoro precario, in base al rapporto (cap. 3 pag. 11), bisogna intendere un lavoro che abbia la duplice caratteristica di fondarsi su un contratto non standard e di prevedere una retribuzione “bassa”.
“Tra i gruppi di Paesi dove i lavoratori più giovani sono maggiormente esposti al precariato”, prosegue il rapporto, “nel 2014, la percentuale di rischio per gli atipici variava da meno del 5% in Uk, Olanda, Lettonia ed Estonia, a più del 15% in Svezia, Grecia, Italia, Spagna Portogallo e Croazia, e a più del 30% in Ungheria e Cipro”.
Per essere precisi, il “15%” citato da Salvini è dunque la percentuale dei lavoratori che sono rischio di precarietà sul totale dei lavoratori con contratti atipici e di età compresa tra i 25 e i 39 anni. Non la percentuale di atipici a rischio precarietà sul totale dei giovani lavoratori, come risulterebbe testualmente dalle parole del Segretario della Lega Nord.
La differenza non è irrilevante, visto che il 15% del totale dei giovani lavoratori (un insieme che, nella fascia 25-39 anni conta circa 7 milioni di unità) sarebbe superiore al 15% dei giovani lavoratori con contratti temporanei. Quest’ultimo è un sottoinsieme che, contando sia i dipendenti a termine sia gli indipendenti nella fascia 25-39 anni, secondo i dati Eurostat (che riporta le fasce di età disaggregate, o aggregate in modo diverso, per cui è necessario fare le addizioni e le sottrazioni del caso) ammonta a poco meno di 2,44 milioni di unità, circa un terzo del totale.
Per essere completamento corretto, Salvini avrebbe quindi dovuto scrivere: “il 15% di chi ha fra 25 e 39 anni e ha un “lavoro atipico” è a rischio precarietà”. Non si tratta di semplice semantica, in quanto in un caso si parlerebbe di oltre un milione di persone, nell’altro di “solo” 366 mila.
Il verdetto
Salvini ha sostanzialmente ragione. Risulta solo fuorviante, per come è scritta, l’affermazione sul 15% di under 40 che sarebbero a rischio precarietà. Per lui dunque “C’eri quasi”.
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2017-07-20 16:43:43 UTC
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Pagella Politica Verdetto:
C’eri quasi
«In Italia un GIOVANE su cinque fra i 15 e i 24 anni non ha un lavoro né studia, e il 15% di chi ha fra 25 e 39 anni ha un “lavoro atipico” a rischio precarietà»
Matteo Salvini
Segretario della Lega Nord
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martedì 18 luglio 2017
2017-07-18