Alla luce del risultato del referendum indetto nel Regno Unito per decidere se rimanere o meno nell’Unione Europea (sappiamo che ha vinto il cosiddetto “Brexit”- si veda qui per il nostro blog a riguardo), Luigi di Maio, ospite a “In 1/2 ora” ritorna a parlare di uno dei punti principali del manifesto pentastellato, ovvero un referendum sulla permanenza italiana nella zona euro.



Per rispondere all’affermazione di Lucia Annunziata, che sostiene che non sia possibile attuare alcun referendum sui trattati internazionali, Di Maio spiega che in realtà si può indire un referendum di carattere consultivo “su tutto”. A riprova di ciò, prende come esempio un referendum indetto nel 1989. Partiamo quindi da quella data per fare chiarezza su quanto discusso dalle due parti.



Cos’è successo nel 1989?



Il 18 giugno 1989, in concomitanza con il rinnovo della componente italiana del Parlamento Europeo (Pe), si è svolto un referendum consultivo o di indirizzo con cui si chiedeva al corpo elettorale se fosse favorevole a trasformare le comunità europee in una unione a tutti gli effetti e ad affidare al Pe il compito di redigere un progetto di Costituzione europea. Alla consultazione l’88% dei votanti si è espresso in modo favorevole.



Tra legge e referendum



Per indire tale referendum è stato necessario approvare un’apposita legge costituzionale, la n. 2 del 3 aprile 1989; il referendum consultivo di carattere nazionale non appartiene infatti all’ordinamento costituzionale.



La Costituzione prevede le seguenti ipotesi di referendum:



  • – abrogativo di leggi o di atti aventi forza di legge (previsti dall’articolo 75);

  • – costituzionale,su leggi costituzionali e di revisione costituzionale (previsto dall’articolo 138);

  • – territoriale, riguardante la fusione di regioni o la creazione di nuove regioni (previsto dall’articolo 132);

  • – regionale o locale, sullo statuto regionale e sulle leggi della regione (previsto dall’articolo 123).



Nel 1989 quindi, la legge costituzionale ha limitato il proprio ambito di applicazione a quel singolo episodio referendario, non introducendo il referendum consultivo nel nostro ordinamento. Detto ciò, seppur abbia avuto luogo una sola volta, questo tipo di referendum resta in teoria possibile attraverso l’approvazione di una nuova legge costituzionale ad hoc per cui ricordiamo che è necessaria la doppia deliberazione in entrambi i rami del parlamento, e la maggioranza assoluta delle due Camere alla seconda votazione. Con una maggioranza semplice, basterebbe invece che un quinto dei deputati o senatori chiedesse una consultazione referendaria confermativo per confermare la convocazione di un referendum consultivo. Ricordiamo inoltre che l’esito è di semplice indirizzo, ed in questo caso specifico non comporterebbe l’effettiva uscita dell’Italia dalla moneta unica. Vale la pena chiarire anche che il referendum avvenuto nel Regno Unito sull’uscita dall’Unione Europea è anch’esso di carattere consultivo; il governo britannico non è teoricamente tenuto ad uscire dall’Europa, nonostante un voto favorevole.



Per completezza, informiamo che l’8 giugno è stato presentato al Senato un disegno di legge sull’indizione di un referendum per adozione di una nuova moneta nazionale in sostituzione dell’euro . Il testo è stato assegnato ma non ancora esaminato.



Il verdetto



Di Maio ha ragione nel dire che nel 1989 è stato disposto un referendum consultivo sull’Ue. Allo stesso tempo, è fuorviante affermare che i referendum consultivi “si possono fare su tutto”. La Costituzione, infatti, limita le ipotesi di referendum e per poter ampliare lo spettro delle possibilità è necessaria una legge costituzionale che possa permettere un referendum consultivo su un tema che non rientra in quelli predeterminati.