Matteo Renzi rivendica un successo importante a proposito della durata delle cause civili, uno dei problemi più citati riguardo l’amministrazione della giustizia. Intervenendo in conferenza stampa al termine dell’incontro con Angela Merkel, Renzi ha detto che, in base agli ultimi dati, il tempo di attesa medio per la sentenza di primo grado è passato da 498 a 367 giorni – sostanzialmente un anno, come ha ricordato lui stesso. Vediamo se i numeri confermano.



I 367 giorni



Il 3 maggio 2016, due giorni (e non uno) prima della conferenza stampa di Matteo Renzi, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha tenuto una breve conferenza stampa a Roma, presso la sede del Ministero, proprio per presentare i dati aggiornati sulla durata del processo civile.



Orlando ha annunciato che “alla fine di quest’anno, la media del primo grado italiano si attesterà su un anno, 367 giorni” (nel video dal minuto 9’ 04’’). Il ministro ha detto che non si tratta di “auspici”, “promesse” o “obbiettivi”, ma di un “risultato consolidato” basato sull’analisi del “trend” in 40 tribunali scelti come campione. Orlando ha aggiunto che il calo è parte di una tendenza in atto da alcuni anni.






A che cosa si riferisce il dato di Orlando



Vale la pena chiedersi che cosa indichi esattamente il numero fornito dal ministro. Nelle slide allegate alla conferenza stampa c’è qualche informazione in più circa i fatidici 367 giorni: si tratta di una proiezione per il 2016 a partire dai dati di 40 tribunali che formano un “campione rappresentativo”. Non sembra però che si tratti dei tempi per arrivare alla sentenza di primo grado nelle cause civili, come ha detto Renzi: il dato si riferisce al “totale degli affari civili di tribunale”. L’andamento di questo dato, come riportato nella presentazione, è riportato nel grafico successivo.



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* Proiezione basata su un campione statistico di 40 tribunali



L’annuncio di Orlando è stato ripreso da molte agenzie di stampa e quotidiani, prima di arrivare alla dichiarazione di Renzi. Alcuni però – come l’avvocato e rappresentante di categoria Marcello A. Mazzola nel suo blog sul Fatto Quotidiano – hanno criticato i dati del ministro per non aver chiarito quali sono i tribunali scelti per l’indagine e quali categorie di procedimenti sono stati inseriti nel calcolo. Una critica articolata è arrivata anche dal segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini, che in un comunicato stampa – a cui ha prontamente risposto il Ministero della Giustizia – ha sottolineato appunto come le cifre sulla durata dei processi sembrino in disaccordo con altre fornite in precedenza.



Pochi giorni prima della conferenza stampa ministeriale, infatti, i giornali avevano riportato una classifica europea in cui l’Italia «conferma il suo record di lunghezza dei processi civili: secondo il rapporto sulla giustizia nell’Unione pubblicato oggi dalla Commissione europea, nel 2014 ci volevano oltre 500 giorni per ottenere un giudizio di primo grado in un processo civile e amministrativo. Solo a Malta e a Cipro ci vuole più tempo». Come si spiega questa discrepanza?



Che cosa dice il Ministero



Abbiamo chiesto alla Direzione generale di Statistica e Analisi organizzativa (DG-Stat) del Ministero della Giustizia qualche chiarimento sul dato citato da Orlando, e in particolare che cosa sia incluso nella definizione del “totale affari civili di tribunale”. La DG-Stat, nella persona del direttore generale Fabio Bartolomeo, ci ha risposto che si tratta della media del totale di tutti gli affari civili di tribunale.



Ne fanno parte la cosiddetta “volontaria giurisdizione”, quella cioè che non è diretta a risolvere controversie ma comprende altri procedimenti in cui è necessario l’intervento di un giudice, il contenzioso e anche il commerciale, di cui fanno parte anche alcune valutazione tecniche come le CTU (Consulenze tecniche d’ufficio). Nello specifico, le voci che formano il dato sono la cosiddetta “cognizione ordinaria”, il contenzioso commerciale, i procedimenti che riguardano il lavoro, quelli che riguardano la previdenza e la famiglia.



Il dottor Bartolomeo ha commentato: «Bisogna considerare che il giudice civile è lo stesso e deve fare entrambe le cose», occupandosi cioè sia del contenzioso che di altri atti, come i decreti ingiuntivi, che hanno tempi molto più brevi ma rallentano la durata dei processi veri e propri.



I numeri della Commissione Europea



Veniamo ai numeri europei. La classifica citata l’11 aprile dai media italiani è quella dell’EU Justice Scoreboard, un rapporto annuale curato dalla Commissione Europea sull’efficienza dei sistemi giudiziari. Nel rapporto 2016 ci sono almeno due diverse classifiche che riguardano la durata dei procedimenti fino al primo grado: la prima tiene conto della durata di tutti i procedimenti “civili, commerciali, amministrativi e altri”, la seconda si limita ai litigious civil and commercial cases, quelli dove c’è una controversia tra le parti. Riassumiamo i dati degli ultimi anni nel grafico successivo.



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Come si vede, nel 2014 il tempo per arrivare a una sentenza di primo grado in caso di controversia tra le parti era molto superiore a un anno. Insomma: abbiamo a disposizione un numero recente (2014) per la durata del primo grado dei processi civili, che però non è quella del ministero, ma di un’indagine europea. Esso mostra comunque una durata parecchio più alta di quella citata da Renzi.



Alcune discordanze tra i dati



In questa sezione raccogliamo alcune osservazioni sulle diversità tra le cifre disponibili in materia Per prima cosa, il dato dell’EU Justice Scoreboard che considera un numero più ampio di procedimenti – quello riportato nel grafico qui sopra – potrebbe, a prima vista, essere lo stesso considerato dal ministro nella conferenza stampa recente. Tuttavia, per l’anno più recente (il 2014) i due numeri non coincidono: il report UE dice 376 giorni, il grafico ministeriale 487.



Il motivo di questa ulteriore differenza – secondo quanto ci ha spiegato il personale del DG-Stat – è che l’indagine della Commissione Europea (che si basa sulla metodologia Cepej del Consiglio d’Europa) non considera tutti i procedimenti inclusi nel numero “italiano”, ma solo quelli comparabili. In essa vengono sommati, inoltre, anche i procedimenti di giustizia amministrativa (come quelli dei Tar e del Consiglio di Stato). Insomma, siamo in presenza di un’altra selezione ancora rispetto a quelle che abbiamo citato finora.



Vale la pena notare, infine, che il DG-Stat non pubblica, sul suo database, statistiche sulla durata effettiva del settore civile. Il criterio utilizzato è quello della “giacenza media”, ovvero “il periodo medio di permanenza di un procedimento sopravvenuto presso l’Ufficio giudiziario”. Qui, il dato più recente è del 2013 e registra 423 giorni per il tribunale ordinario.



Il verdetto



Il Presidente del Consiglio ha detto che, secondo “i dati”, la giustizia civile italiana impiega 367 per arrivare alla “sentenza di primo grado”. Questa affermazione è imprecisa per molte ragioni: (a) non si tratta di una certificazione ex post, ma di una proiezione per l’anno in corso (di cui alcuni hanno messo in questione la validità o per lo meno la scarsa trasparenza dei criteri utilizzati); (b) la durata di 367 giorni non si riferisce, comunque, al tempo necessario per la “sentenza di primo grado” in casi di controversia tra le parti, ma a un totale generale dei procedimenti emessi dai giudici, che comprende molti altri atti giudiziari, alcuni dei quali dai tempi sensibilmente ridotti; (c) l’unica classifica disponibile che prova a considerare la durata dei processi civili – l’EU Justice Scoreboard – indica una durata di 532 giorni per il 2014. “Pinocchio andante” per Renzi.