Non è la prima volta che il Movimento 5 Stelle annuncia a gran voce di aver rinunciato al finanziamento pubblico, ma sarà vero?
A cosa hanno rinunciato
L’argomento del finanziamento pubblico ai partiti è molto complesso e dibattuto tra le varie parti politiche, soprattutto da quando il Premier Renzi ha dichiarato di averlo abolito. Partiamo subito facendo un preciso distinguo: il Movimento 5 Stelle ha “rinunciato” ai rimborsi elettorali, non al finanziamento pubblico. Aggiungiamo poi che i grillini non hanno mai maturato il diritto ad avere rimborsi elettorali, quindi non è del tutto corretto parlare di “rinuncia”.
Come si può infatti leggere dalla relazione della Corte dei Conti (documento che certificava le spese elettorale e sanciva le rate dei rimborsi stessi), il Movimento 5 Stelle è stato dichiarato ufficialmente decaduto come partito politico. Di cosa stiamo parlando? I partiti che vogliono ricevere contributi da parte dello Stato – diretti o indiretti che siano – devono presentare delle documentazioni (atti costitutivi, statuti e bilanci), al fine di essere “riconosciuti” dallo Stato. I pentastellati, per loro scelta, questi documenti non li hanno mai presentati, di fatto rinunciando al diritto in questione. Stesso discorso vale per l’attuale sistema vigente della donazione del 2xMille ai partiti politici: il Movimento 5 Stelle infatti non risulta essere nella lista dei partiti che possono usufruire di tale forma di finanziamento, un po’ per scelta politica, un po’ perchè il Movimento 5 Stelle un statuto vero e proprio non ce l’ha.
Quindi il Movimento 5 Stelle non prende soldi pubblici?
Anche qui la situazione è un attimo più spinosa. Sì, è vero, i grillini non hanno usufruito dei rimborsi elettorali e non usufruiranno del 2xMille, ma come tutti i movimenti attivi in parlamento ricevono soldi pubblici. Per fare un esempio, oltre agli stipendi che deputati e senatori ricevono, lo Stato sborsa ulteriori somme di denaro ai gruppi parlamentari: precisamente nel 2014 il Movimento 5 Stelle ha ricevuto oltre 2,7 milioni di euro al Senato e oltre 4,4 milioni alla Camera. Sebbene, quindi, i parlamentari grillini sottolineino di aver rinunciato a circa 42 milioni di euro di rimborso elettorale (circa 8 milioni l’anno), in realtà ne ricevono circa 7 milioni l’anno per spese di funzionamento. Tali risorse sono sì vincolati a scopi istituzionali, ma – sempre come si evince dallo studio Openpolis – risultano essere più del necessario, con il risultato che la totalità dei gruppi parlamentari finiscono l’anno con un bilancio addirittura in attivo. Per quanti riguarda il Movimento 5 Stelle, il surplus al Senato è stato di oltre 300 mila euro, mentre alla Camera oltre 900.
Verdetto
In questo caso dare un verdetto è piuttosto complesso. Da un lato è vero che il M5S non ha usufruito dei rimborsi elettorali e non ha voluto partecipare alla nuova forma di finanziamento pubblico ai partiti del 2×1000. Dall’altro lato sarebbe scorretto sostenere – e soprattutto far apparire – che il movimento non abbia altre fonti di denaro pubblico, oltre agli stipendi dei singoli parlamentari. Si tratta di risorse economiche derivanti da un diritto vero e proprio dei gruppi parlamentari (quindi anche di quelli del movimento di Grillo), i quali ricevono soldi (forse troppi) per il loro funzionamento. Concorre al nostro giudizio anche l’assunto – almeno stando a quanto si legge dai rendiconti dei gruppi parlamentari – per cui il “finanziamento pubblico” è ormai andato in concreto a sostituire i rimborsi elettorali. “Nì” per Di Battista.