Il 16 marzo, l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è passato, nel giro di qualche ora, dall’essere considerato il candidato sindaco certo del Partito democratico per Roma, al candidato sindaco in forse, ancora da vagliare al Nazareno.

Si è trattato prevalentemente di un pasticcio comunicativo. Nonostante le amministrative siano state rinviate in tutta Italia dalla primavera all’autunno, la partita romana è particolarmente delicata e sotto i riflettori già da mesi.

Vediamo qual è la situazione e quali sono gli attori in campo.

La vicenda Gualtieri

Il nome di Roberto Gualtieri era nella lista dei desideri del Partito democratico romana già quando l’ex europarlamentare ricopriva il ruolo di ministro dell’Economia nel secondo governo di Giuseppe Conte. Era però improbabile che il titolare di un dicastero chiave nell’esecutivo lo abbandonasse per intraprendere la complicata corsa per il Campidoglio (la sede del Comune a Roma). E infatti il ministro dell’Economia, nei mesi passati, si era sfilato.

Quando Gualtieri è rimasto escluso dal governo Draghi, la spinta a farne il candidato del centrosinistra a Roma si è intensificata giorno dopo giorno. Soprattutto, fra i democratici romani, il mese scorso, sono spuntati due sondaggi: il primo del 16 febbraio, condotto dalla società Izi, lo dava già ben piazzato, al 22,3 per cento, subito dietro l’attuale sindaca Virginia Raggi, stimata al 26,8 per cento. Il secondo, del 27 febbraio, addirittura valutava Gualtieri potenzialmente in testa, con il 31 per cento delle preferenze.

Il quadro si stava componendo: Gualtieri era libero da impegni istituzionali e la candidatura era forte. Da settimane, dunque, si attendeva solo l’ufficialità.

Il 16 marzo, qualcuno ha bruciato le tappe, forse gli stessi dirigenti romani del Pd che per spingere sulla candidatura l’hanno data per cosa fatta. A metà giornata, agenzie e siti dei quotidiani scrivevano che Roberto Gualtieri sarebbe stato il volto democratico per le comunali a Roma.

L’accelerazione, però, non è piaciuta ai vertici nazionali del partito. A 48 ore dall’insediamento, il neosegretario Enrico Letta è stato messo davanti al nome, dato per certo, di un candidato che non aveva nemmeno ancora incontrato. E quindi verso sera, è arrivata la frenata, via agenzia, da “fonti del Pd”: «Non c’è nulla di ancora deciso, del resto il segretario non ha ancora avuto il tempo di aprire il dossier delle elezioni amministrative».

Nelle stesse ore, Letta stava tenendo una conferenza stampa in streaming con la stampa estera, durante la quale ha risposto a 53 domande. Una di queste era proprio sulla notizia della candidatura: «Gualtieri è un ottimo nome, un grande amico, lo incontrerò presto», è stata la risposta di Letta, che lasciava intendere come la questione fosse ancora ai passaggi preliminari.

L’incontro fra Gualtieri e il segretario si è effettivamente svolto il 17 marzo. Dalla riunione è trapelata «l’irritazione» di entrambi per la «fuga di notizie» e una scadenza rimandata: Letta, secondo quanto hanno riferito fonti Pd alle agenzie, deciderà ad aprile con il Pd locale forme e modalità sulla scelta delle candidature. Esiste infatti anche un tema legato alle modalità: l’idea sarebbe quella di confermare il nome del candidato – quale che sia – attraverso le primarie di coalizione (nel campo del centrosinistra, non con il Movimento 5 stelle).

Gualtieri, dall’altra parte, nel corso del confronto con Letta avrebbe spiegato di non aver ufficializzato la candidatura e avrebbe anzi sottolineato di aver ancora bisogno di tempo e di riflessione.

Niente di definitivo, dunque. Ciò non toglie che le probabilità che il Pd converga su Gualtieri sono molto alte: prima della disponibilità dell’ex ministro dell’Economia, il partito era in alto mare nell’individuazione di un candidato abbastanza forte da confrontarsi con la sindaca uscente Virginia Raggi e il centrodestra, ancora senza candidato ma politicamente competitiva a Roma.

Il terzo incomodo: Carlo Calenda

Il leader di Azione Carlo Calenda è in corsa per il Campidoglio dal 12 ottobre dello scorso anno. L’ex ministro allo Sviluppo economico si è proposto come candidato unitario per il centrosinistra, ma il rapporto con il Pd è complicato – anche perché Calenda se n’è andato sbattendo la porta nell’agosto 2019 – e da mesi è in piedi un “tavolo di coalizione” (tradotto dal politichese: un confronto) che non ha portato alcun frutto.

Nella resistenza dei democratici c’è un non detto: Calenda è un candidato considerato divisivo. Le elezioni comunali a Roma si giocheranno quasi sicuramente al ballottaggio: se ci arrivasse il centrosinistra contro il centrodestra – perché a questo si punta – le probabilità di vittoria sarebbero più alte per un candidato verso il quale possano confluire i voti dei Cinquestelle. Difficilmente potrebbe trattarsi di Calenda, da sempre oppositore fra i meno delicati del Movimento 5 stelle.

Il M5s recalcitrante su Virginia Raggi

La sindaca di Roma Virginia Raggi ha giocato di anticipo con il chiaro obiettivo di prendere in contropiede tutti, a partire dallo stesso Movimento 5 stelle, che sul suo bis è tut’altro che compatto. Raggi ha reso noto già ad agosto 2020 che si sarebbe ricandidata.

L’annuncio ha bloccato sul nascere la possibilità di un’alleanza fra Movimento 5 stelle e Partito democratico a Roma, in qualsiasi forma. Se mai fosse esistito un nome su cui entrambi potessero convergere, non sarebbe mai stato quello di Virginia Raggi.

La sindaca è forte dell’endorsement del garante del M5s Beppe Grillo, ma ben consapevole di non accendere l’entusiasmo di gran parte del Movimento 5 stelle. Infatti, il 17 febbraio Raggi ha chiesto che la sua candidatura sia confermata dagli attivisti: «È il momento che la base M5S si esprima sulla mia candidatura a Roma. Basta ambiguità e giochi di palazzo», ha scritto su Facebook. «Se qualcuno ha altri piani sulla città, lo dica apertamente. Si dia voce alla base. Intendiamoci: no a formule arzigogolate ma un voto netto sulla mia candidatura a Roma».

Il centrodestra e Bertolaso

Il rinvio delle amministrative all’autunno fa comodo a tutti gli schieramenti (nessuno dei quali sembra pronto) e dunque anche al centrodestra. La coalizione comprensiva di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia non ha ancora trovato un candidato su cui convergere.

Da mesi si fa il nome dell’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, che però non ha dato la propria disponibilità. Dal 2 febbraio, Bertolaso è il consulente della Regione Lombardia per la realizzazione della campagna vaccinale contro il covid.

Le spinte per riportarlo a Roma sono forti: «Guido Bertolaso non è solo il migliore candidato che il centrodestra può presentare ma è anche l’unico che ha la certezza di vincere anche al secondo turno», ha detto il 17 marzo Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia.

Nonostante le pressioni, soprattutto di Lega e Forza Italia, finora il rifiuto dell’ex capo della Protezione civile è stato perentorio. «Non mi candiderò a sindaco di Roma. Sono qui in Lombardia, sto facendo il vaccinatore, mi pare che basti e avanzi», ha risposto il 17 marzo dall’hub vaccinale di CremonaFiere.