Covid-19: la verità sul conto dei morti in Italia e negli altri Paesi

Ansa
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In breve:

• Si sente spesso ripetere che in Italia, tra i morti di Covid-19, finiscano decessi che con la malattia hanno poco o nulla a che fare, mentre all’estero terrebbero in maggiore considerazione, per esempio, il peso delle patologie pregresse.

• Abbiamo verificato come vengono contati i morti da Covid-19 in Italia, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito. È vero che ogni Paese ha le sue peculiarità, ma è falso sostenere che l’Italia abbia i criteri meno stringenti, anzi.

• In generale, nei grandi Paesi europei il numero dei morti di Covid-19 è molto probabilmente sottostimato, e non sovrastimato, come mostrano i dati sull’eccesso di mortalità.

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Mentre la seconda ondata dell’epidemia è ancora in corso, in Italia i decessi da coronavirus sono tornati al centro del dibattito pubblico. Se si guardano i dati in rapporto alla popolazione, infatti, il nostro Paese risulta uno dei più colpiti al mondo, con circa un morto di Covid-19 ogni mille abitanti.

Diversi politici hanno commentato questi numeri, dando però voce a teorie prive di fondamento o parecchio fuorvianti, secondo cui le statistiche italiane conteggiano morti che con il coronavirus (Sars-CoV-2) avrebbero poco o nulla a che fare.

L’8 dicembre, per esempio, l’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin – oggi deputata del Pd – ha detto (min. 1:50:14) a DiMartedì su La7 che in Italia «diciamo che una persona è morta per Covid quando ha il Covid», suggerendo che i conti italiani siano quindi particolarmente ampi. Altri Stati, secondo Lorenzin, terrebbero in maggiore considerazione il peso delle malattie pregresse, fornendo numeri sulla mortalità più attendibili.

Fonti ufficiali alla mano, e con l’aiuto dei nostri colleghi fact-checker europei, abbiamo verificato come sono contati attualmente i morti da Covid-19 nei cinque grandi Paesi europei: Italia, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito. E no, non è vero che qui da noi siamo, per così dire, di manica larga nel calcolare i decessi da coronavirus, mentre altrove sarebbero più selettivi.

Anzi, come vedremo, alcuni degli Stati presi in considerazione sembrano addirittura avere criteri meno stringenti rispetto a quelli italiani nel computo dei decessi. In generale, le statistiche sugli eccessi di mortalità in tutti e cinque i grandi Paesi europei mostrano che i decessi legati all’emergenza sanitaria sono sottostimati, e non sovrastimati.

Ma procediamo con ordine.

Un compito non semplice

Partiamo da una premessa: attribuire una morte a singole cause specifiche può essere spesso un processo difficile, con degli inevitabili margini di incertezza. E non c’è nulla di segreto in tutto questo.

Come ha fatto notare anche Our world in data – uno dei siti più affidabili per confrontare i dati sul coronavirus nel mondo, realizzato in collaborazione con l’Università di Oxford – questa osservazione vale per molte malattie che possono essere la causa di morte sia di pazienti sani che di pazienti con patologie pregresse, e certo non solo per la Covid-19.

Detto ciò, come si può dunque definire una “morte da Covid-19” in modo il più uniforme possibile, per evitare confusione sui dati e sulle loro interpretazioni?

Il 20 aprile 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato delle linee guida a livello internazionale, su come definire un “decesso da Covid-19”. I criteri sono i seguenti: il decesso deve riguardare un caso «probabile o confermato» di Covid-19, morto per una «malattia clinicamente compatibile» con quella causata del coronavirus, a meno che non ci siano «chiare cause di morte alternative», come per esempio un trauma. Inoltre, secondo l’Oms, non deve esserci un periodo di piena guarigione tra la comparsa della malattia e la morte.

Le linee guida sono state recepite anche dall’European centre for disease prevention and control (Ecdc), un’agenzia indipendente dell’Ue che raccoglie i dati sull’epidemia a livello europeo dai singoli Stati. Ma come ha sottolineato l’Oms in un rapporto dello scorso 4 agosto, le sue linee guida sono raccomandazioni e ogni Stato può nella pratica seguire dei criteri diversi per registrare le morti da coronavirus.

Alcune di queste differenze sulla raccolta dei dati sono state raggruppate dall’Ecdc in una tabella sul suo sito. Una differenza nel monitoraggio delle morti, per esempio, può riguardare il criterio se serva o meno la conferma in laboratorio della positività al coronavirus per classificare un decesso come Covid-19. Altri Paesi considerano solo le morti registrate negli ospedali, mentre altri anche quelle fuori dagli istituti di cura. Ci sono poi Stati che fissano un intervallo di giorni dalla diagnosi di positività oltre i quali una morte non viene più conteggiata tra quelle per Covid-19.

Ma che differenze ci sono, in concreto, nei conteggi dei cinque grandi Paesi europei? Partiamo dall’Italia.

Come sono calcolati i morti da coronavirus nei grandi Paesi Ue

Italia

Secondo l’ex ministra Lorenzin, nel nostro Paese «diciamo che una persona è morta per Covid quando ha il Covid». Questo non è vero, come abbiamo già spiegato di recente.

Secondo i dati della Sorveglianza integrata dell’Istituto superiore di sanità (Iss), al 10 dicembre i morti di Covid-19 in Italia erano oltre 59.800. Per rientrare in questo numero, la sola positività al coronavirus – certificata con un tampone molecolare – non è una condizione sufficiente.

Nella definizione italiana di “decesso per Covid-19” vanno infatti rispettati altri tre criteri, ripresi tra quelli raccomandati dall’Oms: deve esserci la presenza, certificata da un medico, dei sintomi tipici della malattia, come la febbre e la tosse; non deve esserci una «chiara causa di morte diversa» dalla Covid-19, come ad esempio un incidente stradale o una caduta; e non deve esserci un periodo di «recupero clinico completo» tra la malattia e il decesso.

Dunque, ha sottolineato l’Iss in un approfondimento di novembre scorso, «la positività al Sars-CoV-2 non è sufficiente per considerare il decesso come dovuto al Covid-19, ma è necessaria la presenza di tutte le condizioni» che abbiamo già elencato. Per intenderci: se una persona muore di infarto, ma nel frattempo si scopre che è un caso asintomatico, positivo al coronavirus, non viene conteggiato tra i decessi di Covid-19, a differenza di quanto ha lasciato intendere Lorenzin.

Su La7, l’ex ministra Lorenzin ha tirato in ballo la questione delle patologie pregresse, sembrando suggerire che in Italia non vengano prese in considerazione nei conteggi delle morti da Covid-19. Secondo le linee guida seguite nel nostro Paese, nelle «chiare cause» di morte diverse dalla Covid-19 non rientrano le patologie preesistenti (come un cancro, il diabete o le patologie cardiovascolari), che possono aver favorito un decorso negativo dell’infezione. Ed è vero che quasi il 66 per cento dei morti di Covid-19 in Italia ha tre o più patologie pregresse.

Ma una ricerca pubblicata lo scorso luglio dall’Iss e dall’Istat – fatta su un campione di 5 mila cartelle cliniche – ha mostrato che in nove decessi Covid-19 su dieci la malattia è stata la causa di morte principale. Nel restante 10 per cento circa, la Covid-19 è stata una causa «che può aver contribuito al decesso accelerando processi morbosi già in atto, aggravando l’esito di malattie preesistenti o limitando la possibilità di cure».

Ricordiamo poi che i dati settimanali del Sistema di sorveglianza dell’Iss possono differire leggermente da quelli pubblicati ogni giorno dalla Protezione civile, dal momento che i primi, più precisi dei secondi, possono essere in ritardo, in base alle tempistiche di comunicazione delle regioni (Figura 1).
Figura 1. Andamento dei morti di Covid-19 per data di decesso, aggiornati al 2 dicembre – Fonte: Iss
Figura 1. Andamento dei morti di Covid-19 per data di decesso, aggiornati al 2 dicembre – Fonte: Iss
Ricapitolando: al netto di qualche errore occasionale, i criteri seguiti in Italia per il conteggio dei morti di Covid-19 sembrano escludere che le statistiche ufficiali includano tutti i decessi di individui che sono risultati soltanto positivi al virus, indipendentemente da altri fattori.

Francia

Come scrivono i nostri colleghi fact-checker francesi di Les Décodeurs del quotidiano Le Monde in un approfondimento del 10 novembre scorso, anche in Francia si dibatte sul fatto che nelle statistiche ufficiali vengano conteggiati decessi non collegati al coronavirus. Secondo il monitoraggio più aggiornato della Santé publique – l’ente pubblico sanitario che monitora l’epidemia di coronavirus – al 10 dicembre in Francia i morti di Covid-19 erano più di 56.300.

Questo dato contiene i decessi in tre tipologie di strutture: gli ospedali, le strutture residenziali per anziani (indicate con la sigla “Ehpad”) e altre strutture di cura (indicate con la sigla “Ems”). Non sono quindi conteggiati i decessi in casa. Per quantificare con precisione quest’ultimi, ha spiegato Les Décodeurs, il sistema francese intende affidarsi a un’analisi puntuale dei certificati di morte, dove la Covid-19 può essere indicata come causa principale di morte o correlata ad altre patologie pregresse. Ma serviranno ancora dei mesi per ottenere dei dati completi in questo ambito da parte di un centro specializzato (il CépiDc) del sistema sanitario francese.

Nel bollettino più aggiornato della Santé publique sono già contenuti comunque (a p. 38) alcuni dati del CépiDc, secondo cui dal 1° marzo 2020 sono stati registrati quasi 23.500 certificati di morte in cui la Covid-19 compare tra le cause di morte. Ma come abbiamo anticipato, sono dati molto provvisori. Per quanto riguarda la presenza di patologie pregresse nei deceduti di Covid-19 in Francia, qui la percentuale di chi ha almeno una patologia preesistente è del 65 per cento, ma non ci sono riferimenti più precisi sulle cause principali o meno del decesso.

Si potrebbe quindi concludere che in Francia il numero dei morti registrati dai conteggi ufficiali sia sottostimato. In realtà, un’altra differenza rispetto all’Italia porta ad aggiungere al conto altri decessi, controbilanciando quindi il fatto che l’analisi puntuale dei certificati di decesso sarà completata solo tra molte settimane.

Tra i morti di Covid-19 francesi registrati negli ospedali e nelle strutture sanitarie infatti non sono conteggiati solo i decessi con la positività al virus confermata in laboratorio con un tampone molecolare, ma anche i decessi di casi «probabili» di Covid-19: per esempio, persone con sintomi riconducibili alla malattia dopo essere entrati in contatto con un positivo ma mai sottoposte a un tampone o a una lastra toracica (uno strumento di diagnosi del Covid-19 usato in Francia per certificare la presenza della malattia, ma ad esempio non in Italia).

Riepilogando: a differenza dell’Italia, le statistiche ufficiali francesi considerano tra i decessi anche i casi sospetti di Covid-19, senza la necessità di avere un tampone positivo. I numeri dei bollettini, però, sono per lo più concentrati su ospedali e istituti di cura, mentre per il conto complessivo bisognerà attendere un’analisi specifica da parte di un ente sanitario.

Per questo motivo, il CépiDc dice che al momento il numero preciso dei decessi causati dalla Covid-19 non si può sapere: e sul suo sito ufficiale mostra un grafico su cui campeggia un grosso punto interrogativo (Figura 1).
Figura 2. Numero dei decessi in Francia con la Covid-19 come causa principale – Fonte: CépiDc
Figura 2. Numero dei decessi in Francia con la Covid-19 come causa principale – Fonte: CépiDc
Spagna

Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute spagnolo, ottenuti con il sistema di vigilanza epidemiologica nazionale, al 10 dicembre i morti di Covid-19 nel Paese erano oltre 47.300. Chi rientra in questo conteggio? Come spiega il bollettino del ministero, sono inclusi i casi «con una diagnosi clinica di Covid-19, secondo le definizioni di caso in vigore».

La «definizione» di caso Covid-19 confermato si trova nelle linee guida, aggiornate al 12 novembre, del Ministero della Salute spagnolo e dell’Instituto de Salud Carlos III, un’agenzia di ricerca legata al Ministero della Scienza e dell’Innovazione spagnolo.

In Spagna rientrano tra i «casi confermati» di Covid-19 tre esempi: una persona con un quadro clinico compatibile con la malattia e con un tampone molecolare positivo; una persona con un quadro clinico compatibile con la malattia, con un tampone negativo, ma con un test sierologico positivo alla presenza delle immunoglobuline IgM (quelle che si formano durante la prima frase dell’infezione); una persona senza sintomi, positiva al tampone molecolare e con un sierologico negativo alla presenza delle IgG (che si formano nelle fasi finali dell’infezione).

I decessi registrati tra questi casi finiscono nelle statistiche ufficiali sui morti di Covid-19. Questo criterio – confermato a Pagella Politica sia dai colleghi fact-checker spagnoli di Maldita che di Newtral – sembra dunque essere meno restrittivo rispetto a quello in vigore in Italia (Figura 3).
Figura 3. Andamento dei morti di Covid-19 in Spagna per data di decesso – Fonte: Ministero della Sanità spagnolo
Figura 3. Andamento dei morti di Covid-19 in Spagna per data di decesso – Fonte: Ministero della Sanità spagnolo
La scorsa estate, diversi esperti hanno fatto notare come la Spagna stesse facendo parecchia confusione nel calcolare i decessi da Covid-19. I problemi principali hanno riguardato il cambiamento dei criteri di conteggio a livello centrale e il fatto che diverse comunità autonome abbiano fornito per diverso tempo dati inaccurati e con grandi ritardi.

Germania

La Germania sembra essere il Paese con la metodologia più simile a quella italiana. Secondo i dati del Robert Koch Institut (Rki) – più o meno l’equivalente del nostro Iss – al 10 dicembre i morti di Covid-19 in Germania erano oltre 20.300 dall’inizio dell’epidemia.

Ed è proprio l’Rki a spiegare come vengono registrate queste morti nelle Faq presenti sul suo sito ufficiale e aggiornate allo scorso 2 dicembre.

«Le statistiche dell’Rki includono le morti Covid-19 dove la presenza del virus Sars-CoV-2 è stata confermata in laboratorio», spiega l’istituto, che sottolinea anche come il rischio di morte sia maggiore nelle persone con patologie pregresse. «Per questo, è spesso difficile decidere in concreto fino a che punto l’infezione da coronavirus ha contribuito direttamente alla morte. Vengono comunque registrate sia le persone positive morte direttamente a causa della malattia sia quelle positive dove le prove sulla causa di morte non possono essere considerate come definitive».

L’Rki aggiunge inoltre che i decessi di casi Covid-19 «sospetti», morti senza essere stati sottoposti al test, possono essere esaminati post-mortem per cercare evidenze sulla presenza del virus.

Regno Unito

Rispetto agli altri Paesi, il Regno Unito ha una particolarità. Tra le statistiche ufficiali dei morti pubblicate dal governo britannico compaiono due tipi di dati.

Partiamo dal primo. Al 10 dicembre erano oltre 73.100 i decessi con la Covid-19 menzionata nei certificati di morte tra le cause (anche non principale). In questi casi, la malattia non è stata necessariamente certificata con un test in laboratorio: sono conteggiati anche i casi sospetti, per i quali i medici hanno ritenuto opportuno inserire la Covid-19 tra le cause di morte, per esempio per l’evidente presenza di sintomi riconducibili alla malattia.

Sempre al 10 dicembre, il governo britannico forniva anche un’altra cifra dei morti, inferiore di circa 10 mila unità rispetto a quella vista prima. In questo si tratta dei deceduti che avevano ricevuto una diagnosi di positività al coronavirus nei 28 giorni precedenti. Che logica c’è dietro questi due conteggi differenti?

Con l’inizio dell’epidemia in primavera – spiega un rapporto dell’agenzia Public health England (Phe), che raccoglie i dati per l’Inghilterra – nel Regno Unito venivano registrati tra i morti di Covid-19 tutti i decessi con la positività al virus confermata in laboratorio, per non sottostimare l’impatto del contagio.

Il 12 agosto è stata però introdotta una nuova metodologia di conteggio, con il criterio temporale anticipato in precedenza, per conteggiare con maggiore accuratezza i dati sulla mortalità. Tra i circa 42 mila decessi di Covid-19 registrati al 3 agosto, la Phe ha evidenziato che quasi nove morti su dieci erano avvenuti entro 28 giorni dalla diagnosi di positività al virus. E di questi, il 95 per cento aveva la Covid-19 tra le cause di decesso nel certificato di morte (Figura 4).
Figura 4. Andamento delle morti di Covid-19 nel Regno Unito, entro i 28 giorni, per data di decesso – Fonte: Governo britannico
Figura 4. Andamento delle morti di Covid-19 nel Regno Unito, entro i 28 giorni, per data di decesso – Fonte: Governo britannico
Adottando un sistema diverso dal resto dei grandi Paesi europei, insomma, per cercare di evitare di conteggiare morti che con la Covid-19 hanno poco o nulla a che fare gli inglesi hanno introdotto una soglia empirica – una semplice soglia temporale. Come spiega il sito del governo britannico, il confronto tra i dati di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord può essere viziato da alcune differenze di raccolta, ma tutte seguono l’indicazione della soglia temporale.

Le morti sono sottostimate, non sovrastimate

Al di là di queste differenze metodologiche – comunque importanti – va sottolineato che la mortalità legata all’epidemia di Covid-19 non è sovrastimata, come lascia intendere chi sostiene che nei conteggi vengono infilati decessi che con il coronavirus non c’entrano niente. Al contrario.

I dati sull’eccesso di mortalità mostrano infatti che rispetto al numero di morti attese, quelli registrati dall’inizio dell’epidemia nei grandi Paesi europei superano quelli contenuti nelle statistiche ufficiali di Covid-19.

Questa discrepanza – per lo più marcata durante la prima ondata – è molto probabilmente spiegata, da un lato, dal fatto che ci siamo persi molte morti dovute al coronavirus (per esempio in pazienti che non sono stati sottoposti al test), e dall’altro lato dal fatto che la forte pressione sul sistema sanitario ha ridotto la capacità di cura per altre patologie, incidendo sulla mortalità generale.

Calcolare l’eccesso di mortalità non è un compito semplice, in particolare utilizzando una metodologia uniforme tra i vari Paesi. Uno studio pubblicato a ottobre scorso sulla prestigiosa rivista scientifica Nature ha provato a stimare l’impatto sulla mortalità in 21 Paesi industrializzati durante i primi mesi dell’epidemia. In ordine, Inghilterra e Galles, Spagna, Italia e Francia hanno tutte registrato un forte eccesso di mortalità.

Un discorso analogo, seppure in misura più modesta, vale anche per la Germania, non analizzata nello studio in questione ma in altre ricerche.

In conclusione

Nelle ultime settimane si sente spesso ripetere, anche da diversi politici, che nelle statistiche ufficiali sui morti di Covid-19 l’Italia infila decessi che con la malattia hanno poco a che fare, mentre in altri Paesi tengono in considerazione le patologie pregresse.

Abbiamo verificato quali sono i criteri attualmente in vigore nei cinque grandi Paesi europei – Italia, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito – e l’ipotesi appena vista è con ogni probabilità priva di fondamento.

È vero che esistono delle linee guida internazionali dell’Oms sulla definizione di “morte per Covid-19” e che ogni Paese adotta dei metodi di raccolta dati diversi tra loro. Ma non è vero che l’Italia è quella più di manica larga nel conteggio, anzi.

Nel nostro Paese – e in maniera molto simile anche in Germania – per essere conteggiati nelle statistiche ufficiale dei decessi da Covid-19 vanno rispettati alcuni criteri. Non basta essere positivi al coronavirus: bisogna avere un quadro clinico compatibile con la malattia, non deve esserci una chiara causa di morte diversa dalla Covid-19, e non deve esserci una guarigione tra la diagnosi della malattia e la morte.

La Francia sembra l’unica dei cinque grandi Paesi europei a conteggiare tra i morti di Covid-19 anche i casi sospetti, non necessariamente confermati con analisi in laboratorio. Le statistiche della Santé publique riportano però per lo più i decessi negli ospedali e nelle strutture per gli anziani o di cura, mentre l’analisi dei certificati di morte – più precisa e valida per i decessi in generale – procede con dei ritmi più lenti.

La Spagna, in base alle nostre verifiche e a quelle dei colleghi fact-checker spagnoli, sembra avere il criterio di definizione di morte da Covid-19 più ampio: vengono conteggiati tra i decessi tutti i casi confermati di positività al virus.

Infine, c’è il Regno Unito, che al di là di singole differenze tra Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord, utilizza un particolare criterio temporale nelle statistiche ufficiali pubblicate dal governo. Da agosto scorso, tra i morti di Covid-19, vengono conteggiati i decessi di casi positivi al virus, entro 28 giorni dalla diagnosi. L’istituto di statistica nazionale ha un metodo di raccolta diverso, senza il criterio temporale, e considerando anche i casi sospetti, dove la Covid-19 è indicata come una possibile causa del decesso nei certificati di morte.

Al di là di questi distinguo, ricordiamo che i dati sugli eccessi di mortalità mostrano che i decessi causati dalla Covid-19 sono molto probabilmente sottostimati, e non sovrastimati.

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