Il numero degli asintomatici, la percentuale dei focolai nelle scuole e quella dei contagi sui mezzi pubblici. Quanto vale davvero il comparto della cultura e quanti sono i posti in terapia intensiva realmente operativi negli ospedali. Abbiamo verificato cinque numeri sbagliati o fuorvianti che sono stati spesso utilizzati in questi giorni o riportati da politici di primo piano per commentare la diffusione della pandemia e gli effetti economici delle misure restrittive. Vediamoli uno per uno.

95 per cento

Alcune personalità appartenenti al mondo medico e politico hanno dichiarato che gli asintomatici corrisponderebbero al 95 per cento dei contagiati, o cifre vicine alla quasi totalità degli infetti.

Come hanno spiegato i nostri colleghi di Facta, non è così. Più della metà delle persone testate per la positività a Sars-CoV-2 non mostra sintomi al momento della diagnosi, ma può svilupparli in seguito. Solo una minoranza significativa dei positivi, circa il 20 per cento, non sviluppa affatto sintomi durante tutto il decorso dell’infezione ed è quindi asintomatico a tutti gli effetti. Una cifra ben distante dal 95 per cento di asintomatici sul totale dei positivi, come ripetono personalità anche autorevoli.

1,2 per cento

L’1,2 per cento sarebbe la percentuale dei contagi da nuovo coronavirus legati ai mezzi di trasporto. Questo dato, ha detto di recente la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, sarebbe contenuto nello studio «più autorevole» in materia, ma nella letteratura scientifica non sembra esserci traccia di alcuna ricerca con queste conclusioni. La cifra non ha quindi riscontro.

Come abbiamo ricostruito, la ministra ha fatto molto probabilmente confusione, citando i dati aggiornati al 28 settembre sui focolai registrati in Francia e legati a tre mezzi di trasporto: treni, navi e aerei (non sono contati dunque mezzi di trasporto pubblico come gli autobus). In ogni caso, la percentuale dell’1,2 per cento – oltre a essere limitata a un solo Paese – è sicuramente una sottostima e fa riferimento a una piccola parte del totale dei casi diagnosticati in Francia. A livello scientifico ci sono poi poche certezze sui rischi precisi di contagio sui mezzi di trasporto pubblico, come per esempio gli autobus. La tendenza generale è che se si rispettano le regole basilari (come l’utilizzo della mascherina), unite ad altri fattori (come la durata della percorrenza), i rischi di contagio sembrano essere bassi, ma non assenti.

3,5 per cento vs 32 per cento

La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (M5s) ha dichiarato di recente che, ad oggi in Italia, solo il «3,5 per cento» dei focolai è riconducibile alle scuole, mentre in Francia questa percentuale è del «32 per cento». Abbiamo verificato e non è esattamente così. Non ci sono dati pubblici disponibili ma abbiamo tentato un calcolo spannometrico. È vero che tra il 12 e il 18 ottobre il «3,5 per cento» dei nuovi focolai in Italia era nelle scuole, ma questa percentuale sale a circa il 18 per cento se si tolgono i focolai nelle case – che pesano per circa l’82 per cento sul totale dei focolai – come avviene nella metodologia francese. E infatti il dato del 18 per cento è in linea con quello francese: secondo i dati più aggiornati anche Oltralpe poco più del 18 per cento dei focolai era riconducibile alle scuole e alle università (queste ultime non sono presenti nei conti italiani).

17 per cento

Il 17 per cento è la percentuale di Pil che viene attribuita in questi giorni al settore creativo culturale. Per esempio, la senatrice della Lega Lucia Borgonzoni, contestando le misure restrittive anti-Covid contenute nel Dpcm del 24 ottobre, ha scritto su Facebook che «cinema, teatri, concerti e convegni» generano da soli il 17 per cento del Pil.

Abbiamo mostrato che non è così. Secondo i dati del rapporto 2019 “Io sono cultura” della Fondazione Symbola, cinema, teatri e concerti valevano nel 2018 al massimo l’1 per cento del Pil. Vale invece il 6 per cento del Pil il totale delle attività culturali: cinema, radio, tv, editoria, stampa, musica, patrimonio storico-artistico, arti performative, architettura, design e il lavoro dei creativi impiegati in settori non strettamente legati alla filiera.

Lo stesso rapporto calcola anche l’effetto moltiplicatore dell’industria creativa e culturale su altri settori, quali per esempio il turismo, l’edilizia, i trasporti. Secondo questa stima, ogni euro prodotto dal mondo della cultura ne stimola 1,8 generando in totale un quantitativo di ricchezza equivalente a circa il 17 per cento del Pil.

Anche applicando il moltiplicatore all’1 per cento di Pil sopra visto, si arriverebbe nel complesso al massimo a un 2,8 per cento di Pil legato a cinema, teatri e concerti.

11 mila

11 mila è il numero di posti letto in terapia intensiva programmato dal governo per rafforzare i relativi reparti: questo dato tiene conto dei circa 5.200 posti a disposizione pre-epidemia e degli aumenti strutturali di 3.500 posti in intensiva e circa 2.200 in sub-intensiva convertibili in intensiva finanziati dal decreto “Rilancio” a maggio scorso. Come abbiamo verificato, però, i posti in terapia intensiva realmente a disposizione degli ospedali italiani non sono ancora 11 mila. Al 26 ottobre, secondi i dati del Sole 24 ore, i posti letto in terapia intensiva operativi – e quindi già pronti – erano quasi 6.960, 4 mila in meno della cifra promessa dal governo. Le regioni hanno comunque a disposizione altri 1.378 ventilatori, già distribuiti dal commissario per l’emergenza Domenico Arcuri. La struttura diretta da Arcuri dovrebbe consegnarne altri 1.450 nelle prossime settimane. Ai 6.960 se ne dovrebbero quindi aggiungere altri 2.828. Una cifra che sconta però un’altra difficoltà. Per farli partire servirebbero infatti circa 9mila operatori specializzati.