In Italia le case di tolleranza, dette anche case di meretricio, sono state chiuse nel 1958 con l’approvazione della legge “Merlin”, che prende il nome dalla sua promotrice, la deputata socialista Lina Merlin. Questi luoghi erano destinati all’esercizio della prostituzione, un termine oggi considerato problematico perché ritenuto carico di stigma e giudizio morale. In alcuni contesti, infatti, si preferisce usare espressioni più neutre come lavoro sessuale o sex work.
Dopo la chiusura, le case di tolleranza sono state ricordate (min. -9:00) con nostalgia da alcune figure pubbliche, come il giornalista Indro Montanelli. Secondo il fondatore del quotidiano Il Giornale, queste case avevano «caratteri positivi». «Quando si è molto giovani, si inizia la “carriera di maschi”, si è molto imbarazzati, ci sono sempre dei complessi: quelle donne ci insegnavano il mestiere, erano delle professioniste», aveva detto Montanelli nel 1994. In realtà, in quegli ambienti molte donne erano vittime di sfruttamento, costrette a offrire prestazioni sessuali anche per diverse ore al giorno e sottoposte a vessazioni.
La legge “Merlin” non ha vietato il lavoro sessuale in sé, ma ha introdotto sanzioni per chi ne trae profitto o lo favorisce. All’epoca, Merlin chiarì che l’obiettivo della legge «non era la punizione delle colpevoli né la redenzione della donna: era semplicemente la redenzione dello Stato». Fino a quel momento, infatti, lo Stato aveva tratto vantaggio economico dall’esistenza delle case di tolleranza, riscuotendo tasse sul loro esercizio.
A 67 anni dall’approvazione della legge che ne ha disposto la chiusura, il senatore di Forza Italia Claudio Fazzone ha presentato un disegno di legge che propone di riaprire le case di tolleranza, seppure in una forma diversa, che non sembra convincere molte sex worker. Non è la prima proposta di questo tipo: dal 1958 a oggi, il tema è tornato ciclicamente nel dibattito politico, senza però tradursi in cambiamenti concreti. Da tempo uno dei principali sostenitori della legalizzazione del lavoro sessuale è, per esempio, il leader della Lega Matteo Salvini.
Dopo la chiusura, le case di tolleranza sono state ricordate (min. -9:00) con nostalgia da alcune figure pubbliche, come il giornalista Indro Montanelli. Secondo il fondatore del quotidiano Il Giornale, queste case avevano «caratteri positivi». «Quando si è molto giovani, si inizia la “carriera di maschi”, si è molto imbarazzati, ci sono sempre dei complessi: quelle donne ci insegnavano il mestiere, erano delle professioniste», aveva detto Montanelli nel 1994. In realtà, in quegli ambienti molte donne erano vittime di sfruttamento, costrette a offrire prestazioni sessuali anche per diverse ore al giorno e sottoposte a vessazioni.
La legge “Merlin” non ha vietato il lavoro sessuale in sé, ma ha introdotto sanzioni per chi ne trae profitto o lo favorisce. All’epoca, Merlin chiarì che l’obiettivo della legge «non era la punizione delle colpevoli né la redenzione della donna: era semplicemente la redenzione dello Stato». Fino a quel momento, infatti, lo Stato aveva tratto vantaggio economico dall’esistenza delle case di tolleranza, riscuotendo tasse sul loro esercizio.
A 67 anni dall’approvazione della legge che ne ha disposto la chiusura, il senatore di Forza Italia Claudio Fazzone ha presentato un disegno di legge che propone di riaprire le case di tolleranza, seppure in una forma diversa, che non sembra convincere molte sex worker. Non è la prima proposta di questo tipo: dal 1958 a oggi, il tema è tornato ciclicamente nel dibattito politico, senza però tradursi in cambiamenti concreti. Da tempo uno dei principali sostenitori della legalizzazione del lavoro sessuale è, per esempio, il leader della Lega Matteo Salvini.