Il quotidiano La Verità ha pubblicato il 26 ottobre un’intervista al segretario della Lega Matteo Salvini. Abbiamo selezionato tre affermazioni del leader leghista in tema di Covid-19, contenute nell’intervista, e le abbiamo sottoposte al nostro fact-checking.
Ne è emerso che Salvini commette diversi errori e imprecisioni.
Covid-19: positivi e malati
«Il positivo non è necessariamente malato»
Salvini ha sostenuto che il professore universitario ed ex presidente della Società italiana ed europea di virologia, Giorgio Palù, abbia ragione nel parlare di «isteria collettiva» riguardo all’epidemia di Covid-19 e ha aggiunto che «il positivo non è necessariamente malato».
Salvini sta facendo riferimento a una contestata intervista del 23 ottobre del Corriere della Sera a Palù, presentato come «autorità indiscussa nel campo della virologia». Ma, tra le cose che ha affermato Palù nell’intervista, diverse sono state messe in discussione dalla comunità scientifica.
In primo luogo la sua affermazione, che fa da titolo all’intervista, secondo cui il 95 per cento dei contagiati è asintomatico, è una falsità, come hanno ben spiegato i nostri colleghi di Facta in questo lungo approfondimento: la maggior parte dei contagiati sviluppa, prima o poi, dei sintomi più o meno gravi.
Inoltre è ritenuto ad oggi fuorviante, e potenzialmente pericoloso, dalla maggioranza della comunità scientifica anche sostenere che «il positivo non è necessariamente malato», come afferma Salvini. È possibile infatti che ci siano positivi che non trasmettono il virus e che non hanno alcuna conseguenza fisica dal virus, ma si tratta di condizioni non verificabili a priori.
Il positivo è quindi da ritenersi, a tutti i fini pratici, un malato, almeno per due macroscopiche ragioni. La prima è che c’è il rischio che contagi altre persone: un rischio alto, se si tratta di soggetti che non hanno ancora sintomi ma che li svilupperanno presto, e un rischio basso (ma non inesistente) se si tratta di soggetti che non svilupperanno mai sintomi. In ogni caso il positivo, per evitare il rischio di diffondere l’epidemia, deve stare in isolamento come se fosse “malato”.
La seconda ragione è che anche i soggetti asintomatici possono in realtà riportare danni occulti: ci sono resoconti medici di danni polmonari riscontrati in pazienti asintomatici, e sembra che pazienti con scarsi o nessun sintomo possano comunque riscontrare danni al cuore.
Quanto costano tamponi, idrossiclorichina e plasma
«Continuo a leggere interventi di primari e scienziati che dicono: chiudere non è la soluzione. Parlano di cure domiciliari tempestive, idrossiclorochina, tamponi a domicilio (…) Non sono un complottista (…) Temo però che queste tecniche, come la cura al plasma di Giuseppe De Donno, abbiano un difetto: costano troppo poco»
Salvini ha poi proseguito la sua critica contro la decisione del governo di chiudere determinate attività per contenere l’epidemia, sostenendo che ci sarebbero cure che non vengono adottate perché – sospetta il leader della Lega – «costano troppo poco». Tra queste il segretario leghista cita «cure domiciliari tempestive, idrossiclorochina, tamponi a domicilio» e «la cura al plasma».
Le cure domiciliari sono un concetto troppo vago per poterne quantificare il costo: un conto è se i medici vengono a casa per fare un tampone o un’iniezione, un altro è se devono installare e applicare un macchinario che facilita la respirazione o il battito cardiaco.
Per quanto riguarda i tamponi a domicilio, il costo di un tampone – secondo uno studio di inizio settembre dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica – varia da regione a regione e in media si aggira intorno ai 60 euro per caso testato. Farli a domicilio avrebbe però molto probabilmente dei costi aggiuntivi in termini di personale.
L’idrossiclorochina (Hcq) è un medicinale antireumatico usato normalmente contro la malaria. A marzo 2020 il suo utilizzo anche per trattare i sintomi della Covid-19 era stato autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ma già a maggio era stato sospeso (quantomeno al di fuori degli studi clinici). Il suo costo, per una confezione da 30 pastiglie da 200 mg, è di circa 6 euro. Il motivo per cui ci sono delle perplessità sul suo utilizzo non è di carattere economico ma scientifico: come hanno spiegato ancora i nostri colleghi di Facta, «se è vero che alcuni studi sembrano mostrare qualche effetto positivo dell’Hcq altri, come un ampio studio clinico uscito a ottobre 2020, non mostrano nessun beneficio. L’Hcq può avere inoltre seri effetti collaterali». Conferme in questo senso vengono anche da un altro importante studio coordinato dall’Organizzazione mondiale della sanità, tuttavia ancora non sottoposto a peer-review.
Un discorso analogo vale per la cura al plasma, che si basa sul principio di trasmettere gli anticorpi alla Covid-19 da un paziente che li ha sviluppati contraendo il virus a un altro, tramite una trasfusione di plasma. Secondo quanto affermato a maggio dal direttore del centro trasfusionale del Carlo Poma di Mantova, Massimo Franchini, il suo costo è abbastanza contenuto: «Il plasma viene infatti donato gratuitamente. Il costo per la cessione ad altri ospedali è abbastanza basso, attorno ai 172 euro. Considerando che da ogni sacca si ricavano due dosi da infondere nei pazienti, ogni trattamento ha un costo di 86 euro». Bisogna però anche considerare i costi in termini di personale, strumenti e spazi all’interno dell’ospedale che una trasfusione di plasma impongono, ad esempio circa lo stoccaggio a freddo o la necessità di test per garantire la sicurezza, come per tutti gli emoderivati. Ma, anche al di là di questo, le perplessità su questa cura sono più di carattere scientifico che economico.
Il primo studio controllato randomizzato sull’impiego della cura al plasma, condotto in India e pubblicato questo ottobre sul British Medical Journal (BMJ), non ha fatto rilevare particolari benefici, né nel ridurre il rischio di sviluppare sintomi più gravi né nel ridurre la letalità tra gli individui ricoverati. Alcuni scienziati hanno contestato lo studio ma a livello generale possiamo dire che anche su questa cura non ci sono evidenze certe circa la sua efficacia.
Le assunzioni di medici e l’aumento dei posti in terapia intensiva
«Cosa ha fatto il governo per consentire nuove assunzioni di medici e per potenziare le terapie intensive? Zero»
Salvini ha poi criticato l’operato del governo durante i mesi estivi, sostenendo che per quanto riguarda l’assunzione di medici e il potenziamento delle terapie intensive non sia stato fatto nulla.
Come abbiamo scritto di recente, se è falso che il governo abbia già provveduto all’assunzione di 34 mila unità di personale sanitario, è però vero che abbia previsto uno stanziamento di 4 miliardi di euro nel disegno di legge di Bilancio per il 2021, che servirà soprattutto ad assumere per il periodo emergenziale, e quindi a tempo determinato, 30 mila tra medici e infermieri. Queste misure peraltro fanno seguito a quelle già prese per l’anno in corso a inizio pandemia.
Per quanto riguarda le terapie intensive, il 16 luglio il Senato ha definitivamente convertito in legge il decreto “Rilancio” (n. 34 del 19 maggio 2020), con cui sono stati stanziati oltre 1,4 miliardi di euro per potenziare, tra le altre cose, i numeri dei posti letto in terapia intensiva (con un aumento di 3.500 posti rispetto alla dotazione pre-epidemia) e sub-intensiva (+4.225, di cui il 50 per cento convertibili in intensiva).
Gli aumenti previsti non si sono però concretizzati interamente: come abbiamo scritto in una nostra analisi dedicata alla questione, al 9 ottobre i posti letto in terapia intensiva operativi – e quindi già pronti – erano quasi 6.500, in aumento di “solo” 1.300 unità rispetto al periodo pre-epidemia. Secondo i dati del Sole 24 ore al 26 ottobre sarebbero aumentati a quasi 7 mila, dunque quasi 1.800 unità in più rispetto alla situazione precedente all’arrivo della pandemia.
In ogni caso è errato sostenere che il governo non abbia fatto nulla per consentire l’assunzione di nuovi medici e per potenziare le terapie intensive.
In conclusione
Intervistato da la Verità il 26 ottobre Matteo Salvini ha fatto tre affermazioni collegate all’epidemia di Covid-19 in corso che abbiamo sottoposto al nostro fact-checking.
La prima, secondo cui chi è positivo alla Covid-19 non è necessariamente malato, è fuorviante e potenzialmente pericolosa: secondo l’opinione prevalente tra gli scienziati, e come dimostrano diversi studi, anche gli asintomatici possono contagiare (specie se sono pre-sintomatici) e possono subire danni all’organismo. Dunque, anche se è teoricamente possibile che un positivo non diventi mai contagioso e non abbia mai alcun danno, è impossibile però determinarlo a priori, e dunque è da trattare come se fosse un “malato” a tutti gli effetti.
La seconda, sul costo di determinate cure, è fuorviante, in quanto per quanto riguarda in particolare l’idrossiclorichina e la cura al plasma ci sono diverse perplessità nel mondo scientifico riguardo alla loro efficacia e alla loro sicurezza, più che non al loro costo.
La terza affermazione, sull’operato del governo circa assunzione di medici e aumento dei posti in terapia intensiva, è esagerata: se infatti è corretto sostenere, come abbiamo anche scritto di recente, che il governo non abbia fatto tutto quel che ha promesso di fare, è invece sbagliato sostenere che non abbia fatto niente.
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