L’Italia ha tagliato “troppo” i parlamentari?

Ansa
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L’8 ottobre, la Camera dei deputati ha definitivamente approvato la riforma costituzionale per ridurre il numero dei parlamentari da 945 a 600.

La norma però non entrerà subito in vigore. Nei prossimi tre mesi, in base all’articolo 138 della Costituzione, un quinto dei membri delle due camere, cinque consigli regionali o 500 mila elettori potranno avanzare la richiesta di fare un referendum confermativo (senza quorum). Ad oggi uno scenario possibile, ma non ancora certo.

Secondo alcuni critici, una minore rappresentanza dei cittadini – ossia un numero più basso di parlamentari in rapporto al numero di abitanti – rischia di aumentare il divario tra la politica e l’elettorato.

Per esempio, +Europa – che ha votato contro la riforma – ha scritto su Facebook che la riduzione «decapita la rappresentanza dei cittadini nelle istituzioni».

Secondo i favorevoli, invece, meno parlamentari renderanno più efficiente il sistema legislativo italiano.

Ma rimanendo sui numeri, come cambierà la rappresentanza con il taglio approvato? L’Italia sarebbe un’eccezione o in linea con gli altri grandi Paesi europei?

Abbiamo fatto due conti.

L’ex Parlamento più numeroso d’Europa?

Oggi il Parlamento italiano è quello più numeroso d’Europa, se si prendono in considerazione solo i parlamentari eletti direttamente dai cittadini.

Con 945 membri nelle due Camere – 630 della Camera dei deputati e 315 del Senato – l’Italia si piazza davanti alla Germania (dove il numero dei membri del Bundestag, eletti direttamente, è variabile e in questa legislatura è di 709; i membri del Bundesrat, 69, non sono eletti dai cittadini); al Regno Unito (650 membri eletti della House of Commons; i 791 membri della House of Lords non sono eletti dai cittadini); alla Francia (che elegge direttamente 577 membri dell’Assemblée Nationale, ma non i 348 membri del Senato); e alla Spagna (con 350 membri del Congreso de los Diputados e 208 su 266 senatori del Senado de España eletti direttamente).

Con la riduzione a 600 parlamentari, l’Italia perderebbe così il suo primato. Ma che cosa succederebbe alla rappresentanza?

La rappresentanza della Camera

Gli attuali 630 deputati garantiscono all’Italia una rappresentanza di un deputato ogni 96 mila abitanti. Un numero più basso rispetto a quelli di Paesi simili al nostro, come Germania (1/117 mila), Francia (1/116 mila), Regno Unito (1/102 mila) e Spagna (1/133 mila).

Con la nuova riforma, ognuno dei 400 deputati rappresenterà 151 mila cittadini: il numero più alto tra tutti i 28 Stati Ue.

La rappresentanza più bassa è in Paesi piccoli come Malta (1/7 mila), Lussemburgo (1/10 mila) e Cipro (1/11 mila).

La rappresentanza del Parlamento

L’Italia però ha una peculiarità nel panorama europeo: insieme alla Romania, è l’unico Paese ad avere il bicameralismo perfetto. Il nostro Senato è cioè eletto direttamente dai cittadini, fa sostanzialmente le stesse cose della Camera e vota la fiducia al governo.

Tra i 28 Paesi Ue, solo 13 hanno due Camere, mentre 15 sono unicamerali. Dei 13 con due camere, solo 4 le eleggono entrambe a suffragio universale (Italia, Romania, Repubblica Ceca e Polonia) e di questi solo Italia e Romania si trovano nella situazione sopra descritta (voto di fiducia, “navetta” delle leggi e via dicendo).

Se si considera dunque il rapporto post-riforma tra il numero dei parlamentari che sono eletti a suffragio universale e votano la fiducia, e quello degli abitanti, l’Italia non si trova più a livello di rappresentanza in una posizione anomala rispetto agli altri Paesi Ue. Cosa che invece avviene se si tiene conto solo dei deputati.

Dopo il taglio, ciascuno dei 600 parlamentari italiani (400 deputati più 200 senatori) rappresenterà 101 mila abitanti, in linea con il rapporto di un deputato ogni 102 mila abitanti del Regno Unito (per il quale non ha senso prendere in considerazione i membri della House of Lords, che non sono eletti a suffragio universale e non danno la fiducia al governo) e meno di Germania e Francia (che, di nuovo, non hanno un Senato paragonabile al nostro).

La Spagna, prendendo in considerazione anche la quota dei senatori eletti a suffragio universale, avrebbe un rapporto di un parlamentare ogni 84 mila abitanti, mentre la Romania, considerando i senatori, avrebbe un rapporto di un parlamentare ogni 42 mila abitanti.

Un taglio “troppo” corposo?

«Il problema della riforma non sono questi numeri», ha spiegato a Pagella Politica Roberto D’Alimonte, professore di Sistema politico italiano all’Università Luiss di Roma.

«Negli Stati Uniti, per esempio, c’è un rapporto altissimo tra rappresentanti ed elettori ma non è visto come un problema. Non esistono numeri ideali in questo caso, dove i problemi sono altri, come la necessità di una nuova legge elettorale e di nuovi regolamenti per le camere».

«Il numero dei parlamentari non è il problema della riforma» conferma Vincenzo Emanuele, professore di scienze politiche alla Luiss di Roma. Piuttosto, «lo è il fatto che, al contrario di quanto fatto in passato, non si accompagnino al taglio dei parlamentari misure per aumentare l’efficienza del processo legislativo. Invece di rivedere il bicameralismo paritario e far sì che solo la Camera voti la fiducia al governo, si è deciso di insistere sui risparmi minimi che la riforma porterà alle casse dello Stato».

Allo stesso tempo, il professor Emanuele sostiene che «sebbene non migliori particolarmente il processo decisionale, la riforma approvata alla Camera non peggiora la situazione e ci avvicina maggiormente sia agli altri Paesi europei sia al numero ideale di rappresentanti».

Infatti, come riporta un articolo pubblicato il 9 ottobre dal Centro italiano studi elettorali (Cise) – di cui D’alimonte e Emanuele fanno parte – i 400 deputati previsti dalla riforma avvicinano l’Italia a soddisfare la cosiddetta legge cubica della dimensione delle assemblee. Secondo questa legge, ideata da Rein Taagepera, uno dei più importanti politologi al mondo, il numero di parlamentari che garantisce allo stesso tempo rappresentatività ed efficienza è uguale alla radice cubica dell’elettorato di un Paese.

Come si può vedere dal grafico che riportiamo sotto, con 400 deputati l’Italia sarebbe più vicina a questa soglia di quanto non sia oggi.
Grafico 1: La legge cubica del rapporto tra rappresentanti ed elettori in Europa, Russia e Stati Uniti – Fonte: Centro italiano studi elettorali
Grafico 1: La legge cubica del rapporto tra rappresentanti ed elettori in Europa, Russia e Stati Uniti – Fonte: Centro italiano studi elettorali
Allo stesso tempo, il professor Emanuele ha sostenuto che «per il caso italiano bisogna tenere conto anche del numero dei senatori, data la natura perfetta del nostro bicameralismo». Questo fa sì che il numero di senatori e di deputati previsto dalla riforma (pari a 600) rimanga comunque superiore alla soglia ideale identificata da Rein Taagepera e ci avvicini a quanto fanno gli altri grandi Paesi della Ue.

In conclusione

La riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari è stata approvata l’8 ottobre dal Parlamento. Ora è possibile che venga sottoposta a referendum confermativo.

La riforma riduce in effetti la rappresentanza e, se guardassimo alla sola Camera, sarebbe vero che dopo il taglio dei parlamentari l’Italia ha il peggior rapporto abitanti/deputato della Ue.

Tuttavia, come ci hanno confermato autorevoli esperti, questo calcolo è fuorviante, perché non tiene conto della peculiarità italiana del bicameralismo perfetto. Se si mettono in rapporto infatti i parlamentari eletti a suffragio universale dai cittadini e che votano la fiducia al governo con la popolazione (come deputati e senatori italiani, ma non – ad esempio – i Lords britannici), l’Italia risulta sostanzialmente in una situazione analoga a quella degli altri grandi Paesi europei, anzi, con una rappresentanza anche maggiore di Francia e Germania.

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