Il 20 agosto, durante il dibattito sulla crisi di governo in Senato, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi è intervenuto facendo diverse affermazioni.

Ne abbiamo sottoposte sette al nostro fact-checking: tre sono corrette, tre imprecise e una sbagliata.

La crescita del Pil

«Noi abbiamo preso un Paese che aveva un PIL al meno 2 per cento e l’abbiamo lasciato con un più 1,7 per cento»

Questa affermazione è leggermente imprecisa, ma sostanzialmente corretta.

Renzi si riferisce ai dati del 2013 e del 2017. Nel 2013 – l’anno prima che Renzi si insediasse a Palazzo Chigi – il Pil dell’Italia ha fatto registrare una decrescita dell’1,7 per cento e non del 2 per cento. Nel 2017, ultimo anno in cui ha governato per intero un esecutivo guidato da un presidente del Consiglio del Pd (Paolo Gentiloni), il Pil è in effetti cresciuto dell’1,7 per cento.

Nel 2018, quando il Pd ha governato fino al 1° giugno, quando si è insediato il governo Conte, il Pil è cresciuto dello 0,9 per cento. Come abbiamo scritto di recente, nel 2019 lo stesso governo Conte ha previsto una crescita dello 0,2 per cento.

La produzione industriale

«Noi abbiamo preso un Paese con la produzione industriale che aveva un segno negativo e lo abbiamo lasciato con il segno positivo»

Anche questa affermazione è corretta.

Nel 2013, prima che si insediasse il governo Renzi, la produzione industriale aveva il segno negativo: -3,1 per cento. Migliorata, ma rimasta ancora in negativo, nel 2014 (-0,6 per cento), è passata ad avere il segno positivo nel 2015 (+1 per cento) ed è rimasta col segno positivo anche negli anni successivi: +1,9 per cento nel 2016, +3,6 per cento nel 2017 e +0,6 per cento nel 2018.

Secondo il più recente rapporto dell’Istat sulla produzione industriale, pubblicato il 2 agosto e con dati aggiornati a giugno, nel primo semestre del 2019 l’indice è tornato ad avere il segno negativo: -0,8 per cento.

Le tasse con il Pd sono scese?

«La pressione fiscale con noi si è ridotta di due punti»

Come abbiamo verificato in un nostro precedente fact-checking, il dato citato da Renzi è più o meno impreciso a seconda che si consideri il bonus di 80 euro (introdotto proprio dall’ex presidente del Consiglio) come una riduzione delle imposte o come maggiore spesa per lo Stato.

Nel primo caso, la pressione fiscale si è ridotta dal 43,6 per cento del 2013 al 41,9 per cento del 2017: dunque un calo di 1,7 punti. Nel secondo invece la riduzione è dal 43,6 per cento al 42,5 per cento, cioè di 1,1 punti.

Nel 2018, anno in cui però il Pd come già detto ha governato solo per i primi cinque mesi, la pressione fiscale si è ulteriormente ridotta: al 41,7 per cento (conteggiando gli 80 euro) o, secondo quanto riporta il Def(Documento di economia e finanza) 2019, al 42,1 per cento (non contandoli).

Sempre secondo il Def 2019, la pressione fiscale dovrebbe ulteriormente calare nell’anno in corso al 42 per cento, per poi salire al 42,7 per cento nel 2020.

Questo, come abbiamo già verificatoin passato, dipende dal fatto che nel Def i calcoli vengono fatti considerando che ci sarà l’aumento dell’Iva previsto dalla legislazione vigente (le cosiddette “clausole di salvaguardia”).

La fatturazione elettronica ci ha salvato dalla procedura d’infrazione?

«Siamo orgogliosi del fatto che abbiate evitato la procedura di infrazione grazie alla nostra legge sulla fatturazione elettronica»

In questo caso, Renzi esagera.

Come abbiamo verificato in un precedente fact-checking, la Commissione europea ha deciso di non aprire la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia in seguito all’adozione di due provvedimenti da parte del governo: il disegno di legge riguardante l’assestamento di bilancio per il 2019, e il decreto-legge «recante misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica».

I due provvedimenti nel complesso hanno consentito un aggiustamento dei conti pari a 7,6 miliardi di euro.

Il ddl sull’assestamento di bilancio, in particolare, ha un valore di circa 6,1 miliardi di euro, che nascono dalla differenza tra maggiori entrate ottenute in questi primi mesi dell’anno e minori spese.

Sul lato delle maggiori entrate, che pesano nel complesso per 2,9 miliardi di euro, bisogna distinguere quelle una tantum – con la chiusura di un contenzioso fiscale con il gruppo Kering, che da sola ha portato nelle casse dello Stato italiano 1,25 miliardi di euro – e quelle strutturali. Tra queste, pare abbia avuto un ruolo determinante la fatturazione elettronica.

Come si vede, la misura rivendicata da Renzi ha sì aiutato a evitare l’apertura della procedura di infrazione da parte della Ue, ma è solo una di diverse voci che hanno contribuito all’assestamento dei conti italiani.

La svista sulla Bibbia

«Le ricordo, tra una lettura e l’altra, di dare un occhio ogni tanto al capitolo 25 del Vangelo, ovviamente secondo Matteo, ai versetti 42 e 43 quando dice: “Avevo freddo e mi avete accolto, avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dissetato”»

Al di là delle imprecisioni letterali – il testo biblico in questione non parla di chi ha avuto freddo, al massimo di chi era «nudo» ed è stato «vestito» – la citazione è sbagliata, anche se non di molto.

I versetti 42 e 43 del capitolo 25 del Vangelo secondo Matteo ricordati da Renzi fanno infatti riferimento a quegli uomini che Gesù condannerà all’inferno, proprio perché «ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato».

I versetti corretti sono il 35 e il 36, in cui Gesù promette il regno dei cieli agli uomini «benedetti del Padre mio», «perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».

Non si è mai votato in autunno

«Nella tradizione italiana […] mai si è votato in autunno»

Su questo Renzi ha ragione.

Come abbiamo scritto in una nostra recente analisi, le 18 elezioni politiche – dal 1948 a oggi – si sono tenute sempre nella prima metà dell’anno: tra febbraio (una volta, il 24 febbraio 2013) e giugno (cinque volte, con la data più “lontana” il 26 giugno 1983).

Salvini non è il secondo senatore da più tempo nelle istituzioni

«Dopo 26 anni di onorato servizio nelle istituzioni […] in quest’Aula lei, signor ministro Salvini, punta al secondo posto: il primo – lo dico con una battuta – è fuori dalla sua possibilità, perché il senatore Casini, immarcescibile, non potrà essere raggiunto»

È vero che Matteo Salvini ha 26 anni di carriera politica nelle istituzioni: è stato infatti eletto per la prima volta consigliere comunale a Milano nel luglio 1993.

E Pierferdinando Casini ha in effetti una carriera ancor più lunga: oggi è senatore, ma è stato eletto deputato per la prima volta al luglio 1983. Da quella data è sempre rimasto all’interno del Parlamento, collezionando quindi almeno 36 anni di servizio nelle istituzioni.

Casini non è tuttavia quello con il maggior numero di anni di attività politica nelle istituzioni. Emma Bonino, per esempio, è stata eletta deputata dei Radicali già nel 1976, rimanendo in Parlamento fino al 1995 quando ha iniziato la sua carriera all’interno delle istituzioni europee, prima come commissaria e quindi come eurodeputata. La leader di +Europa, tornata poi in Parlamento nel 2006, ha quindi almeno 43 anni di servizio alle spalle.

La classifica, prima di raggiungere Casini o Bonino, ha comunque parecchi altri membri con una carriera politica più lunga di quella di Salvini.

Per esempio, Gianni Pittella (Partito democratico) nel 1979 era consigliere comunale a Lauria, in provincia di Potenza. Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) ha iniziato la sua carriera politica nelle istituzioni nel 1985, come consigliere regionale del Movimento sociale italiano in Lombardia. Vasco Errani (Liberi e Uguali) nel 1983 era già consigliere comunale per il Partito comunista italiano a Ravenna. Maurizio Gasparri(Forza Italia) nel 1992 era deputato alla Camera, così come il segretario del Partito socialista italiano Riccardo Nencini. E l’elenco potrebbe continuare.

Anche se quella di Renzi ha il tono di una boutade, è piuttosto sbagliato dire che Salvini sia molto vicino al secondo posto dietro Casini. Tra l’altro, non è Casini il senatore con il maggior numero di anni di servizio: meglio di lui, tra quelli che abbiamo citato, fanno Bonino e Pittella. Diversi altri politici hanno una carriera nelle istituzioni più lunga anche di dieci anni rispetto al ministro dell’Interno uscente.

In conclusione

Dopo il discorso del presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Senato, il senatore del Partito democratico Matteo Renzi è intervenuto e nel suo discorso ci sono (almeno) sette dichiarazioni verificabili.

È vero, come dice l’ex segretario del Pd, che con il suo partito al governo il Pil e la produzione industriale dell’Italia sono tornate a crescere, così come è vero che in Italia non si è mai votato in autunno.

Mentre sulle questioni fiscali e di bilancio, Renzi è un po’ impreciso. Il calo della pressione fiscale tra il 2013 e il 2017 dipende da come si conteggia il bonus fiscale degli 80 euro; è poi esagerato dire che l’Italia ha evitato la procedura d’infrazione grazie alla fatturazione elettronica.

La citazione dal vangelo secondo Matteo, poi, è scorretta, seppure di poco. Infine – ma quella di Renzi suonava almeno in parte una battuta – è piuttosto sbagliato dire che il leader della Lega gareggia per il secondo posto dietro Casini come politico in Senato con il maggior numero di anni di servizio.