Il 6 febbraio Graziano Delrio e Marco Travaglio, ospiti a Otto e mezzo su La7, si sono confrontati sulla Tav Torino-Lione, su cui si stanno ancora aspettando i risultati dell’analisi costi-benefici commissionata dal governo.
Dallo stato dei lavori ai costi, abbiamo verificato dieci dichiarazioni: cinque del senatore del Partito democratico, favorevole all’opera, e cinque del direttore del Fatto Quotidiano, che invece ha espresso una posizione contraria.
La Tav è anche per i passeggeri?
Delrio: «Non stiamo parlando di un pezzettino, ma di un progetto, […] di un corridoio europeo, per passeggeri e merci»
VERO
Travaglio: «Il Tav di cui stiamo parlando non c’entra nulla con i passeggeri. Bisognerebbe chiamarlo “Tac”: treno ad alta capacità»
NÌ
Il tracciato intero della nuova linea ferroviaria Torino-Lione parte dal nodo ferroviario di Lione e arriva al nodo ferroviario di Torino, in Piemonte. La tratta è divisa in tre parti: quella italiana, tra Susa/Bussoleno e Torino; quella francese, tra Lione e Saint-Jean-de-Maurienne; e quella transfrontaliera, tra Saint-Jean-de-Maurienne e Susa/Bussoleno.
È su quest’ultima parte, al confine tra Italia e Francia, che si stanno concentrando i primi lavori di realizzazione dell’opera. Qui infatti è previsto lo scavo del tunnel di base del Moncenisio, che sarà lungo 57,5 chilometri.
L’intero progetto, e quindi anche la sezione transfrontaliera, fa parte del cosiddetto Corridoio Mediterraneo, che si estende dal porto commerciale di Algeciras, nel sud della Spagna, a Vásárosnamény, in Ungheria, al confine con l’Ucraina. Questo corridoio rientra nel programma Ten-T (acronimo per Trans-European Networks – Transport) dell’Unione europea, che prevede la realizzazione di reti di trasporto trans-europee. Queste sono un insieme di infrastrutture lineari (ferroviarie, stradali e fluviali) e puntuali (nodi urbani, porti, interporti e aeroporti) considerate fodamentali per l’economia comunitaria, sia per il trasporto delle merci che quello dei passeggeri.
A differenza di quanto dice Travaglio, anche la Tav è pensata anche per trasportare persone, con vantaggi stimati sull’accorciamento dei tempi di percorrenza rispetto alla linea già esistente (che da Torino arriva a Modane, in Francia, passando per il tunnel ferroviario del Frejus).
Il direttore del Fatto Quotidiano ha però ragione nel sottolineare che sarebbe più corretto chiamare la Tav un “treno ad alta capacità”. A dispetto del nome, la linea Torino-Lione non è in senso stretto una linea ad alta velocità (Av). Lo ha confermato anche Paolo Foietta – attuale commissario di governo per il progetto – durante un’audizione alla Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati nel dicembre 2016.
Tecnicamente, l’opera è definita come «una linea mista con specifiche tecniche d’interoperabilità», specifiche conformi alle rete dei corridoi europei citati in precedenza. Questo significa che la Tav permetterà il passaggio di treni passeggeri a una velocità massima di circa 220 km/h (mentre i treni ad velocità viaggiano ai 250 km/h) e treni merci a una velocità massima di circa 120 km/h.
Quante merci passano tra Italia e Francia?
Delrio: «Tra Italia e Francia circolano 3 milioni di Tir […]. Noi abbiamo 44 milioni di tonnellate merci di interscambio con la Francia. Il 93 per cento viaggia su camion»
VERO
Travaglio: «Ogni anno il traffico merci tra Italia e Francia scende di volume»
C’ERI QUASI
I numeri citati dal deputato del Partito democratico sono corretti. I dati più recenti mostrano che tra Italia e Francia (attraverso Ventimiglia, Frejus e Montebianco) passano circa 3 milioni di mezzi pesanti ogni anno. Nel 2017, invece, al confine tra i due Paesi sono circolati 44,1 milioni di tonnellate merci, di cui la stragrande maggioranza (il 92,3 per cento) è transitata su gomma (40,6 milioni di tonnellate), mentre solo il 7,7 per cento su rotaia (3,4 milioni di tonnellate). Di queste, circa 3 milioni passano per il traforo ferroviario del Frejus, che sarà superato con l’eventuale realizzazione della Tav.
Ma come è cambiato il flusso delle merci negli anni? È in continuo calo come dice Travaglio?
Negli anni Novanta, tra Francia e Italia circolavano 44,5 milioni di tonnellate merci, cresciute fino a oltre 50 milioni all’inizio degli anni Duemila. Nel 2008, subito prima della crisi, la quantità era scesa a 45,4 milioni di tonnellate merci, un numero più o meno simile a quello del traffico attuale. La cifra più bassa si è toccata negli anni in cui la crisi economica è stata più dura: nel 2013 si sono raggiunte le 39,8 milioni di tonnellate. Da vent’anni a questa parte, l’andamento del traffico merci è dunque stato altalenante.
Discorso analogo vale per il flusso del tunnel ferroviario del Frejus. Nel 2000, qui circolavano oltre 9 milioni di tonnellate merci, ridottesi alle circa 3 milioni attuali. Nel 1994, passavano invece 7,6 milioni di tonnellate merci, saliti nel 1999 a 12,2 milioni, scese a 6 milioni nel 2004.
Le previsioni di aumenti di traffico fatte negli anni per giustificare la Tav si sono rilevate sbagliate. La saturazione della linea ferroviaria esistente, infatti, non si è mai verificata. I critici della Tav leggono questo fatto come una vittoria: se il traffico merci è in netto calo rispetto agli inizi degli anni Duemila, e stabile negli ultimi anni, la realizzazione di una nuova linea ferroviaria non sembra essere giustificata.
Secondo i favorevoli alla Tav, invece, il traffico merci al confine tra Italia e Francia è tornato ad aumentare: a diminuire è solo quello su ferrovia. Tra i vari motivi addotti, ci sarebbe la scarsa convenienza economica nell’utilizzare la linea esistente per veicolare i container attraverso il traforo ferroviario del Frejus. Le sue caratteristiche tecniche, come la ripidità del tracciato, renderebbero più economico trasportare le merci su camion, e non su ferro.
Quanto costa fare la Tav e fermarla?
Travaglio: «Per finire la Tav bisognerebbe spendere oltre 12 miliardi di euro […]. Fate pagare il doppio all’Italia rispetto alla Francia anche se il tratto francese è il doppio del tratto italiano»
NÌ
Delrio: «La penale non è certa, ma è sicuramente certo che dobbiamo restituire i soldi che ci sono stati dati […]. Il tunnel all’Italia costerebbe 2,9 miliardi di euro»
C’ERI QUASI
Non esiste una stima precisa sul costo totale della Tav Torino-Lione. Alcuni calcoli, relativi al 2012, parlano di una spesa di circa 25 miliardi di euro da suddividere tra Italia, Francia e Unione europea.
Ad oggi, gli unici costi certificati riguardano la sezione transfrontaliera, ossia quella del tunnel di base, che costerà in totale 8,6 miliardi di euro. L’Italia è chiamata a pagarne il 57,9 per cento, ossia 4,9 miliardi di euro, mentre la Francia il restante 42,1 per cento. L’Unione europea dovrebbe finanziarne il 40 per cento. In capo all’Italia resterebbero quindi circa 2,9 miliardi di euro di costi, la cifra citata da Delrio.
È vero anche, come dice Travaglio, che per la sezione transfrontaliera l’Italia spenderà di più rispetto alla Francia, nonostante soltanto 12,5 chilometri del tunnel di base si trovano entro i suoi confini. La spiegazione è che si tratta di una sorta di compensazione: se si prende in considerazione la linea nel suo complesso – da Torino a Lione – la Francia spende di più dell’Italia per la tratta di sua competenza, che è lunga oltre 140 chilometri contro i circa 70 chilometri della sezione italiana.
Per quanto riguarda i costi sul fermare la Tav, le cose si fanno meno chiare. Innanzitutto, è vero che non sono previste esplicitamente penali nel caso in cui l’Italia decida di abbandonare il progetto Tav. Esistono anche altri costi da tenere in considerazione.
In primo luogo, sono già state investite risorse già impiegate per la realizzazione degli studi e delle opere preliminari: 1,5 miliardi, di cui 1,125 miliardi sono stati pagati da Francia e Unione europea, che dunque potrebbero richiederli indietro, senza contare i 375 milioni già pagati dall’Italia.
A questi costi, vanno sommati i 451,26 milioni di finanziamento europeo accordati all’Italia per il 2014-2019, già stanziati e con vincolo di destinazione, che andrebbero restituiti e non potrebbero essere spesi in altro modo.
Ad aggiungersi ci sono poi i costi – non quantificabili a priori – per la chiusura dei cantieri, per la messa in sicurezza degli scavi, e per gli eventuali contenziosi con le imprese che hanno già ottenuto l’incarico per i lavori.
A che punto sono i lavori?
Travaglio: «L’opera non è mai iniziata. Ci sono due tunnel esplorativi. Non hanno scavato un solo millimetro sul lato italiano»
C’ERI QUASI
Delrio: «Sono già stati scavati 6,5 chilometri del tunnel di base»
C’ERI QUASI
Secondo i dati più recenti (gennaio 2019), per la realizzazione della sezione transfrontaliera è stato scavato oltre il 15,5 per cento di almeno sette gallerie previste per l’opera, tra discenderie e tunnel geognostici, fatti per analizzare il terreno e preparare il tunnel di base per la manutenzione e la sicurezza a opera ultimata.
Il discorso si complica però sullo stato di realizzazione del tunnel di base vero e proprio.
L’oggetto della contesa tra promotori e contrari alla Tav – in questo caso tra Delrio e Travaglio – è la galleria di Saint-Martin-La-Porte, di cui sono stati scavati già 6,5 chilometri. Per i primi, questa sarebbe il primo tratto del tunnel di base – e dunque, di fatto, i lavori sarebbero già cominciati anche per la parte centrale dell’infrastruttura – mentre per i secondi no.
Come spiega la società che sta realizzando la sezione transfrontaliera, nel cantiere di Saint-Martin-La-Porte, che è sul francese, si sta realizzando «una galleria geognostica di 9 km, nell’asse e nel diametro del futuro tunnel di base. La realizzazione di questa galleria permetterà di conoscere meglio un’area dalla geologia particolarmente delicata in vista dei lavori definitivi».
Sebbene sia nell’asse del futuro tunnel di base del Moncenisio, e larga uguale, da un punto di vista formale non è corretto dire che questa galleria è il tunnel vero e proprio, i cui bandi per l’inizio ufficiale degli scavi sono stati rimandati dall’attuale governo.
Da un punto di vista sostanziale, però, se il tunnel di base sarà realizzato, è vero che i 9 chilometri scavati della galleria di Saint-Martin-La-Porte – dopo alcuni interventi – ne diventeranno una parte effettiva.
Le analisi costi-benefici e l’opinione di Renzi
Delrio: «Questa è la nona analisi costi-benefici che si fa»
NÌ
Travaglio: «Persino Renzi era contrario alla Tav Torino-Lione»
VERO
Negli oltre vent’anni di storia della Tav, quante analisi costi-benefici sono state fatte per capire se valga la pena o meno realizzarla? Anche in questo ambito, non manca la confusione.
Il governo Conte ha più volte detto che l’inizio dei lavori definitivi per il tunnel di base del Moncenisio è vincolato a un’analisi costi-benefici, condotta in maniera seria e obiettiva. A luglio 2018, Telt – la società responsabile della realizzazione della sezione transfrontaliera – ha tenuto a precisare che nessuna opera come la Torino-Lione è stata sottoposta a così tante valutazioni socio-economiche (sette, in totale), «realizzate negli anni da diversi soggetti internazionali, con risultati positivi».
Ad oggi, sono state fatte diverse indagini sulla Tav, ma l’unica intitolata espressamente “analisi costi-benefici” – la più completa sul tema – è stata pubblicata nel dicembre 2011, mostrando un risultato positivo sul progetto.
Questi studi, però, hanno almeno tre limiti. Il primo è che non tutti sono stati realizzati da enti terzi e indipendenti. Per esempio, l’analisi costi-benefici appena citata del 2011 è stata realizzata da un gruppo di lavoro costituito, tra gli altri, da Ltf (l’allora promotore pubblico a partecipazione italiana e francese incaricata di realizzare la sezione transfrontaliera della Tav) e Rete Ferroviaria Italiana.
Un secondo problema è che queste analisi, secondo i critici, sono ormai datate. Per esempio, la ricerca pubblicata dalla società di consulenza Cowi – incaricata dalla Commissione europea di esprimere un giudizio sull’opera – è stata realizzata nel 2006, ossia cinque anni prima dell’approvazione dell’attuale progetto della nuova linea.
Infine, tutte le analisi fatte finora sono state condotte dopo che si era già deciso di costruire la Tav, e non prima. Dunque, si possono interpretare a posteriori come influenzate dalla decisione già presa per la realizzazione dell’opera, che sulla sua bontà negli anni ha trovato cambi di opinione tra diversi politici.
Travaglio ha infatti ragione quando ricorda che anche l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi un tempo era contrario alla Torino-Lione. Nel suo libro Oltre la rottamazione, pubblicato nel 2013, l’attuale senatore del Partito democratico scriveva che «non esiste il partito delle grandi opere. Non credo a quei movimenti di protesta che considerano dannose iniziative come la Torino-Lione. Per me è quasi peggio: non sono dannose, sono inutili. Sono soldi impiegati male».
Una volta al governo, però, Renzi ha cambiato idea. Nel 2016, infatti, dopo una revisione progettuale della tratta italiana, a Venezia aveva firmato insieme al presidente della Repubblica francese Francois Hollande un protocollo addizionale all’accordo di Parigi, siglato l’anno prima, che dava il via all’inizio definitivo dei lavori.
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