Errori e omissioni di Draghi nella conferenza stampa di fine anno

Ansa
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Il 22 dicembre il presidente del Consiglio Mario Draghi ha partecipato alla tradizionale conferenza stampa di fine anno, organizzata dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti in collaborazione con l’Associazione della stampa parlamentare.

Prima di rispondere alle domande dei giornalisti, Draghi ha riportato correttamente alcuni dati. Per esempio, è vero che secondo Istat nel terzo trimestre del 2021 gli occupati sono saliti di circa «500 mila» unità rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e che i disoccupati sono scesi di circa «308 mila» unità. Ed è anche vero che per quest’anno l’economia italiana è prevista crescere «oltre il 6 per cento» e che fino ad oggi il nostro Paese ha somministrato «oltre 106 milioni di dosi» di vaccino contro la Covid-19.

Ma dai numeri sui decessi ai benefici del green pass, passando per la legge di Bilancio, il presidente del Consiglio ha comunque fatto alcuni errori e qualche omissione.

Quanti sono i morti non vaccinati

«Dei decessi [da Covid-19] tre quarti sono non vaccinati»

Qui Draghi ha citato questo dato parlando dell’arrivo della variante omicron, più contagiosa delle precedenti varianti, e dichiarando che al momento «i vaccini restano lo strumento di difesa migliore dal virus».

Ad oggi l’Istituto superiore di sanità (Iss) non ha pubblicato i dati sullo stato vaccinale di tutti i decessi da Covid-19 registrati dall’inizio della campagna vaccinale, ossia da gennaio in poi. Possiamo però vedere che cosa dicono le statistiche più aggiornate dell’Iss, relative ai contagi registrati tra il 22 ottobre e il 21 novembre.

In quel periodo, tra i 1.755 decessi da Covid-19 722 hanno riguardato persone non vaccinate: dunque il 41 per cento sul totale, non i «tre quarti» come detto da Draghi (che non ha comunque specificato a quale periodo di tempo facesse riferimento e che non sappiamo se abbia a disposizione dati non pubblici). Come mostra la Tabella 1, la maggior parte dei decessi ha riguardato persone che erano state completamente vaccinate da più di 150 giorni.
Tabella 1. Diagnosi, ricoveri e decessi da Covid-19 per stato vaccinale – Fonte: Iss
Tabella 1. Diagnosi, ricoveri e decessi da Covid-19 per stato vaccinale – Fonte: Iss
Questi dati non dimostrano però che chi è vaccinato contro la Covid-19 corre più rischi di morire per la malattia: non bisogna essere ingannati dai valori assoluti, ma bisogna considerare l’incidenza dei decessi in rapporto alla popolazione vaccinata e non. Nel periodo sopra analizzato, ci sono stati 19,9 decessi ogni 100 mila persone non vaccinate, contro gli 1,9 ogni 100 mila persone che hanno completato la vaccinazione entro i 150 giorni e contro i 2,8 ogni 100 mila persone che hanno completato la vaccinazione oltre i 150 giorni.

Secondo le stime più recenti dell’Iss, una persona non vaccinata, se contagiata, ha un rischio di decesso 10,5 volte superiore rispetto a una persona contagiata che ha completato la vaccinazione da meno di 150 giorni e 14,2 volte superiore rispetto a chi ha ricevuto la terza dose.

Com’era messa la campagna vaccinale con l’arrivo di Draghi

«Il 13 febbraio l’Italia era l’ultimo tra i grandi Paesi europei per quanto riguarda la somministrazione di prime dosi»

È vero: nel giorno di entrata in carica del governo Draghi, il nostro Paese aveva vaccinato con almeno una dose il 2,9 per cento della popolazione, percentuale più bassa di Francia (3,6 per cento), Germania (3,3 per cento) e Spagna (3,2 per cento). In ogni caso i quattro grandi Paesi europei erano piuttosto vicini tra loro (Grafico 1).
Grafico 1. Popolazione vaccinata con almeno una dose e con due dosi tra i grandi Paesi europei, al 13 febbraio – Fonte: Our world in data
Grafico 1. Popolazione vaccinata con almeno una dose e con due dosi tra i grandi Paesi europei, al 13 febbraio – Fonte: Our world in data
Nel confronto Draghi ha però omesso di dire che al 13 febbraio l’Italia aveva vaccinato con due dosi una percentuale della popolazione del 2,2 per cento, all’epoca secondo dato più alto tra i grandi Paesi europei, dietro alla Spagna (2,3 per cento), ma davanti a Francia (0,9 per cento) e Germania (1,7 per cento).

L’errore ripetuto sulla “garanzia” del green pass

«La comunicazione sul green pass ha fatto stato di quelle che erano le conoscenze a quel momento [luglio, ndr>. Sulla base di questo, quella affermazione è giusta»

Con «quella affermazione» Draghi ha fatto riferimento a una sua dichiarazione, rilasciata in una conferenza stampa del 22 luglio. All’epoca il presidente del Consiglio aveva detto ai giornalisti che il green pass dava ai cittadini la «garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose».

Oggi Draghi è tornato a difendere questa sua affermazione, sostenendo che in quel periodo era supportata dalle evidenze scientifiche a disposizione. Ma non è vero: come abbiamo spiegato in un fact-checking del 6 agosto, anche all’epoca si sapeva che le persone vaccinate, dotate quindi di green pass, potevano contagiarsi e contagiare gli altri, sebbene in misura minore rispetto ai non vaccinati.

Il ritardo record sulla legge di Bilancio

«[L’approvazione in ritardo della manovra] non è senza precedenti. È successo tantissime volte negli anni passati»

Anche qui il presidente del Consiglio ha fatto un’osservazione corretta, omettendo però di dire una cosa piuttosto rilevante.

Al 22 dicembre il disegno di legge di Bilancio non è ancora stato approvato dal Senato e dovrà ricevere il via libera della Camera entro il prossimo 31 dicembre.

Anche nel passato recente la manovra finanziaria è stata approvata dal Parlamento con tempistiche molto ridotte. Ma il ritardo accumulato fin qui durante il governo Draghi è un primato negli ultimi cinque anni, se non si considera la manovra del 2020, che è stata fortemente condizionata dalla pandemia di Covid-19.

Nel 2017 il disegno di legge di Bilancio fu approvato dalla prima camera il 30 novembre. Nel 2018 il primo sì è arrivato l’8 dicembre e nel 2019 il 16 dicembre. L’attuale manovra ha dunque già superato di oltre una settimana il precedente ritardo più lungo.

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