Da quasi due anni in Italia è in vigore lo stato d’emergenza, introdotto il 31 gennaio 2020 dal secondo governo Conte e via via prorogato fino al prossimo 31 dicembre.
Il governo Draghi ha più volte ribadito che sta prendendo in considerazione la possibilità di prorogare ancora questo provvedimento. Ma in concreto, che cosa prevede lo stato di emergenza? In che modo ha condizionato la vita degli italiani e che cosa succederebbe se non venisse prorogato oltre la fine di quest’anno? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza.
Che cos’è lo stato di emergenza
Come abbiamo scritto in passato, lo stato di emergenza è una misura che non è prevista dalla Costituzione italiana ma da una legge ordinaria, la n. 225 del 24 febbraio 1992 (art. 5), ed è ulteriormente dettagliata dal Codice della Protezione civile del 2018.
In base a queste norme lo stato di emergenza può essere proclamato dal Consiglio dei ministri, dopo una valutazione della Protezione civile in proposito, a fronte di eventi straordinari e potenzialmente pericolosi. Devono essere specificate durata, al massimo di 12 mesi, prorogabile di altri 12 mesi (su questo ci torneremo più avanti, e l’ambito territoriale. Non serve dunque l’approvazione da parte del Parlamento.
La dichiarazione dello stato di emergenza riguarda i poteri della Protezione civile, che viene autorizzata (art. 25 del d.lgs. 1/2018) a emanare ordinanze speciali «in deroga ad ogni disposizione vigente», ma nel rispetto dei «principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea». Non modifica invece le prerogative del governo e del Parlamento e i rapporti tra potere esecutivo e legislativo.
In parole semplici, grazie alla proclamazione dello stato di emergenza, la Protezione civile può emanare delle regole eccezionali per far fronte a eventi straordinari. Ma, come vedremo adesso, la gran parte delle norme eccezionali stabilite in Italia durante il corso della pandemia non sono contenute in ordinanze della Protezione civile.
Perché non serve lo stato di emergenza per i provvedimenti più gravi
Vediamo brevemente perché lo stato di emergenza non è il presupposto principale per i provvedimenti che hanno avuto un maggiore impatto sui diritti e sulle libertà della popolazione.
La possibilità di limitare i diritti fondamentali è prevista dalla stessa Costituzione. Ad esempio la libertà di circolazione e soggiorno, garantita dall’articolo 16, può essere limitata «per motivi di sanità o sicurezza» dalla legge. O, ancora, a proposito della libertà di riunione prevista dall’articolo 17, le riunioni in luogo pubblico possono essere vietate dall’autorità «per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica».
In generale, poi, l’articolo 32 della Costituzione stabilisce che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività», e che è possibile obbligare le persone a determinati trattamenti sanitari (come ad esempio il vaccino) purché lo si faccia «per disposizione di legge».
Come si vede le più gravi limitazioni ai diritti fondamentali sono previste dalla Costituzione stessa, che pone spesso come limite la “riserva di legge”. Questo significa che per comprimere questi diritti lo Stato deve approvare una legge (da intendersi in senso lato, anche un decreto-legge è sufficiente). Non si potrebbe fare lo stesso con atti di rango inferiore, come ad esempio le stesse ordinanze della Protezione civile.
Ma allora perché, in concreto, lo stato di emergenza è divenuto così importante durante la pandemia?
Per che cosa è stato usato lo stato di emergenza?
In senso stretto
Come detto, lo stato di emergenza è stato proclamato in Italia il 31 gennaio 2020, il giorno dopo la dichiarazione dell’emergenza sanitaria globale da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), con un’apposita delibera del Consiglio dei ministri. Successivamente è stato rinnovato più volte: da ultimo il decreto-legge n. 105 del 2021, come convertito in legge, ha spostato il termine al 31 dicembre 2021. Lo stato di emergenza ha consentito alla Protezione civile di emanare una serie di ordinanze relative alla pandemia.
La prima ordinanza della Protezione civile, successiva alla proclamazione dello stato di emergenza, è del 3 febbraio 2020 e prevede, tra le altre cose, l’istituzione del Comitato tecnico scientifico (Cts), che da allora affianca il governo con compiti consultivi nella gestione della pandemia.
Successivamente, secondo quanto risulta dalla Gazzetta ufficiale, aggiornata al 25 novembre 2021, sono state emanate altre 87 ordinanze della Protezione civile durante la pandemia. Il loro contenuto spazia dagli acquisti straordinari di ventilatori e mascherine alla costituzione di unità mediche da inviare nelle regioni più in difficoltà, dal tracciamento dei contatti all’edilizia scolastica. Spesso le disposizioni contenute nelle ordinanze della Protezione civile sono “in deroga” rispetto alla normativa ordinaria. Ad esempio sono stati consentiti acquisti di materiale anche senza le gare e i bandi previsti dalla legge.
In senso lato
La proclamazione dello stato di emergenza è però stata citata spesso anche in altri importanti provvedimenti, che pure, in base alla legge, non ne avrebbero avuto bisogno in senso stretto.
Ad esempio, l’articolo 122 del decreto-legge n.18 del 2020 prevede venga nominato con decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) un commissario straordinario «per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid -19, di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020», cioè l’atto che proclama lo stato di emergenza.
O, ancora, il decreto legge n. 52 del 2021, che all’articolo 9 prevede la creazione del green pass, nel suo preambolo cita esplicitamente quale presupposto la proclamazione dello stato di emergenza e i suoi successivi rinnovi.
Che cosa succederebbe se lo stato di emergenza venisse meno
Come abbiamo detto, in base al Codice della Protezione civile lo stato di emergenza non può durare più di 24 mesi. Dunque dopo la scadenza prevista per il 31 dicembre potrebbe – in teoria, come vedremo – essere prorogato al massimo al 31 gennaio 2022 e poi cessare. Che cosa potrebbe succedere in questo caso?
Di sicuro, la Protezione civile non potrebbe più emanare ordinanze che deroghino alle norme ordinarie. Gli stessi contenuti delle ordinanze della Protezione civile, giustificate dallo stato di emergenza, potrebbero probabilmente essere inseriti in leggi ordinarie o decreti-legge.
Più complesso il discorso per quanto riguarda le leggi e i decreti-legge che citano esplicitamente lo stato di emergenza quale presupposto. Secondo quanto riferito a Pagella Politica da Ugo De Siervo, presidente emerito della Corte Costituzionale, «lo stato di emergenza in Italia è strettamente collegato a quello dichiarato dall’Oms [che non ha una durata prestabilita e perdura finché l’emergenza non viene dichiarata terminata dall’Oms stessa n.d.r.], il governo non può muoversi in modo totalmente discrezionale. Se anche lo stato di emergenza non venisse rinnovato formalmente in Italia, si potrebbero comunque “salvare” in via interpretativa le norme che pure lo citano quale loro presupposto, considerando la situazione oggettiva a livello internazionale».
Questa possibilità appare coerente con il fatto che diversi diritti costituzionalmente garantiti sono stati compressi a fronte dell’emergenza (si pensi ad esempio alla libertà di circolazione) con disposizioni di rango inferiore alla Costituzione (decreti-legge, leggi o anche Dpcm). Non è quindi la proclamazione dello stato di emergenza in base alla legge ordinaria che avrebbe consentito questa compressione, quanto l’esistenza oggettiva di un’emergenza sanitaria. Come sopra visto, questa è una situazione che la Costituzione stessa prende in considerazione quale causa legittima per comprimere i diritti fondamentali.
Queste tesi, per quanto fondate, non consentono comunque di escludere del tutto che ci possano essere conseguenze negative da un mancato rinnovo dello stato di emergenza. Si rischierebbe, nel caso, di dover attendere gli eventuali pronunciamenti della magistratura in proposito. Dunque sarebbe preferibile, secondo quanto sostenuto ancora da De Siervo, una proroga dello stato di emergenza. «Il termine dei 24 mesi che pone la legge non è un problema. Era stato pensato per emergenze “ordinarie”, come terremoti o inondazioni, per cui normalmente due anni sono più che sufficienti. Per una pandemia, eventualità che non era nemmeno contemplata nel codice della Protezione civile, evidentemente le cose possono andare diversamente. Il fatto poi che il termine di 24 mesi sia fissato – ha concluso De Siervo – in una legge ordinaria, fa sì che approvando una nuova legge ordinaria che fissi un nuovo termine si possa risolvere facilmente il problema».
Questa è infatti una possibile soluzione, ma non l’unica.
Come evitare i possibili problemi
Oltre a modificare la legge che prevede lo stato di emergenza – ad esempio allungando il termine da 24 mesi a uno superiore, o prevedendo che in caso di pandemia i termini possano essere prorogati più volte, e via dicendo – sono possibili altre soluzioni. Ad esempio si potrebbe continuare a prorogare lo stato di emergenza in vigore senza modificare la sua legge istitutiva, a patto di farlo tramite legge, e non con un’ordinanza o un Dpcm.
In questo caso, infatti, la legge successiva che proroga lo stato di emergenza, prevarrebbe su quella precedente che fissa il termine a 24 mesi. Questa soluzione però secondo alcuni osservatori è sconsigliabile e poco coerente da un punto di vista giuridico.
Un’altra possibile soluzione sarebbe proclamare un nuovo stato di emergenza e, in questo caso, il termine di 24 mesi comincerebbe a decorrere dal giorno della nuova proclamazione. Secondo alcuni esperti sarebbe criticabile – in questa procedura e a differenza delle due possibilità viste in precedenza – il mancato coinvolgimento del Parlamento.
In conclusione
Lo stato di emergenza, proclamato il 31 gennaio 2020, dovrebbe scadere al massimo il 31 gennaio 2022.
Questo scenario, tuttavia, rischia di essere problematico. A parte l’impossibilità per la Protezione civile di emanare ordinanze in deroga alle leggi ordinarie, si corre il rischio di mettere in discussione la normativa emanata anche tramite leggi e decreti-legge per rispondere alla pandemia.
Il rischio, secondo gli esperti, non è enorme: l’esistenza di un’emergenza sanitaria è contemplata dalla Costituzione quale possibile causa per la compressione di alcuni diritti fondamentali. La proclamazione formale dello stato di emergenza, che avviene in base a legge ordinaria, non dovrebbe quindi essere un presupposto necessario per la sopravvivenza della normativa emergenziale.
Tuttavia, secondo diversi esperti, fintanto che il virus continua a circolare, per evitare questi rischi e per consentire libertà di azione alla Protezione civile sarebbe preferibile prorogare ulteriormente anche la condizione formale di stato di emergenza. Questo si può fare in diversi modi e, secondo gli esperti, quello che sembra preferibile – visto che renderebbe necessario il coinvolgimento del Parlamento – sarebbe quello di modificare la legge che stabilisce il limite attuale di 24 mesi, per adeguare la normativa alla possibilità che l’emergenza in questione sia una pandemia di durata imprevedibile.
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