Di recente abbiamo pubblicato un’analisi dedicata alla situazione pandemica in Bulgaria e Romania. I due Paesi sono i meno vaccinati di tutta l’Unione europea – e non per carenza di dosi, ma per carenza di domanda da parte della popolazione – e di conseguenza quelli che hanno più decessi per Covid-19.
Ci siamo quindi chiesti le ragioni dietro questa situazione: oltre alla disinformazione, giocano un ruolo fondamentale la scarsa fiducia della popolazione nella classe politica e nelle istituzioni, la divisione e la polarizzazione della società, la sua povertà e scarsa educazione, un mondo dell’informazione poco libero e di scarsa qualità.
Analizzati i due casi peggiori nell’Ue abbiamo quindi deciso di concentrarci sui due esempi migliori, Portogallo e Irlanda. Vediamo prima i dati e poi le ragioni che hanno determinato questi successi.
I dati di Portogallo e Irlanda
Il Portogallo – secondo i dati dello European center for disease prevention and control (Ecdc), aggiornati al 21 ottobre 2021 – ha la percentuale di popolazione adulta vaccinata con almeno una dose più alta dell’Ue, al 98,4 per cento: la media dell’Unione è del 79,7 per cento (quasi 20 punti in meno) e il dato dell’Italia – che pure, come abbiamo scritto, è uno dei Paesi che fa meglio in Europa – è dell’87,1 per cento (più di 10 punti in meno). L’Irlanda arriva seconda in classifica, con il 93,2 per cento.
Se guardiamo alla popolazione completamente vaccinata le posizioni al vertice della classifica si invertono. Prima arriva l’Irlanda, con il 92 per cento, secondo il Portogallo con il 91 per cento (alla pari con Malta). La media Ue qui è del 74,4 per cento e il dato italiano del 79,3 per cento. Ma quali sono le ragioni che hanno determinato percentuali di adesione alla campagna vaccinale tanto elevate?
Portogallo
Secondo quanto ci ha riferito Fernando Esteves, direttore della testata portoghese di fact-checking Polígrafo, «ci sono due principali ragioni per questo importante successo: organizzazione e fiducia nella campagna vaccinale».
Per quanto riguarda l’organizzazione, secondo Esteves, ha giocato un ruolo importante la scelta di mettere a capo della campagna vaccinale il viceammiraglio Henrique Gouveia e Melo, che ha «inteso la missione contro la Covid-19 come una guerra. L’asse portante della sua azione è sempre stato quello di pianificare e non improvvisare, il che non è molto frequente in Portogallo». La logistica della campagna vaccinale ha insomma funzionato bene.
Per quanto riguarda la fiducia nella campagna vaccinale, secondo una rilevazione dell’Eurobarometro di settembre 2021 i portoghesi hanno la percentuale maggiore di popolazione che ritiene i benefici del vaccino superino i rischi (87 per cento, contro una media Ue del 71 per cento) e la percentuale maggiore di popolazione che ritiene il vaccino sia un dovere civico (86 per cento, contro una media Ue del 66 per cento).
Ma come è stata costruita questa fiducia e come mai la circolazione di notizie false non l’ha compromessa?
«La disinformazione sull’inutilità dei vaccini è circolata moltissimo, soprattutto sui social media», spiega Esteves, «ma c’è stata una imponente mobilitazione a livello nazionale dei media tradizionali, a cui si sono uniti i principali opinionisti, per difendere i vaccini». Le televisioni hanno ospitato di frequente illustri medici e scienziati, che hanno evidenziato con costanza i successi e l’importanza della campagna vaccinale. Anche i nostri colleghi fact-checker di Polígrafo hanno dato un importante contributo, collaborando con le autorità sanitarie e partecipando a trasmissioni televisive molto seguite, dedicando a volte intere puntate alla verifica della disinformazione sulla Covid-19.
Ma non solo i media, anche la classe politica portoghese ha dato prova di grande responsabilità. «C’è stata una insolita unanimità sull’argomento», dice ancora Esteves. «I politici non hanno usato i vaccini come argomento per il dibattito politico, e hanno anzi promosso un largo consenso nazionale». Di conseguenza non è mai esistito in Portogallo un significativo e formalmente organizzato movimento no-vax.
La sparuta minoranza complottista portoghese ha comunque diverse caratteristiche in comune con le frange più estremiste dei movimenti no-vax degli altri Paesi europei: le manifestazioni organizzate sono a volte degenerate, «hanno anche provato ad attaccare fisicamente Gouveia e Melo, chiamandolo assassino, nei pressi di un padiglione dove venivano vaccinati i 16-17enni», racconta Esteves. Il viceammiraglio a capo della campagna vaccinale vive da allora sotto scorta. I giornalisti sono un altro bersaglio ricorrente dei no-vax e anche i colleghi di Polígrafo sono stati oggetto di campagne diffamatorie.
A differenza di altri Paesi, però, in Portogallo questa minoranza particolarmente estremista non ha potuto contare su ammiccamenti da parte di forze politiche e mass media, e quindi sull’appoggio di una fetta di popolazione – minoritaria ma comunque consistente – resa scettica e spaventata nei confronti dei vaccini.
Irlanda
Diversi elementi che hanno contribuito al successo della campagna vaccinale in Portogallo sono presenti anche in Irlanda.
Secondo quanto dichiarato in un’intervista a fine agosto dal professor Brian MacCraith, che presiede la task force irlandese sulle vaccinazioni contro la Covid-19, il successo dell’Irlanda dipende in particolare da tre elementi: una popolazione istruita, la qualità dell’informazione e un alto livello di fiducia nella scienza e nelle indicazioni dell’autorità. A tal proposito possiamo notare che, anche se non raggiunge il record di Lisbona, Dublino è nelle prime posizioni nell’Ue per percentuale della popolazione che ha fiducia nel fatto che i benefici dei vaccini superino i rischi: l’80 per cento, quasi 10 punti sopra la media Ue. Ma da dove nasce questo dato?
Secondo quanto ci ha riferito la nostra collega Christine Bohan, di The Journal – FactCheck– la popolazione irlandese ha livelli variabili di fiducia nella classe politica, «ma i livelli di fiducia nell’autorità sono generalmente alti, in particolare verso il sistema sanitario pubblico e verso gli esperti. Inoltre in Irlanda abbiamo buoni livelli di media literacy e quindi anche se la disinformazione sui vaccini è stata diffusa, anche in modo molto chiassoso, in particolare sui social media, la maggior parte delle persone ha capito che si trattava di sciocchezze e non ha preso piede».
Sempre secondo Bohan la disinformazione è in generale un fenomeno abbastanza nuovo, per le dimensioni che ha assunto, in Irlanda. «Quando è iniziata la pandemia è come se fosse esplosa la disinformazione nel giro di una notte», racconta. Fino a quel momento non si era mai assistito a un fenomeno simile, per portata. «Quello che vediamo adesso è che la disinformazione è maggiore rispetto a prima della pandemia – prosegue Bohan – ma le notizie false, in particolare a proposito dei vaccini contro la Covid-19, circolano soprattutto all’interno di una echo chamber». Con questo termine si intendono quelle “bolle” che si creano all’interno dei social, dove gli utenti si trovano a visualizzare prevalentemente contenuti coerenti con le proprie convinzioni e ideologie, e ad interagire soprattutto con altri utenti che le condividono.
In questa echo chamber i toni sono molto accesi, come abbiamo visto anche in Portogallo e come accade in molti altri Paesi europei. Ma le persone che ne fanno parte, in Irlanda, sono una percentuale molto ridotta e, grazie anche alla buona informazione fatta sui vaccini dai mass media e dalle autorità, non sono state in grado di catturare l’attenzione di chi sta fuori dalla loro bolla. I mass media oltretutto, oltre a fare buona informazione, hanno anche evitato di fare in parallelo cattiva informazione e non hanno mai ospitato i “vip” della disinformazione sui social e le loro posizioni. «Di fatto, se le persone vogliono ricevere informazioni di carattere no-vax – chiosa Bohan – devono andare a cercarsele da sole sui social media».
Venendo al ruolo della politica nel successo della campagna vaccinale, Bohan sottolinea come in Irlanda «tutti i partiti politici siano pro vaccino, sia a destra che a sinistra. Ci sono uno o due singoli deputati che hanno assunto posizioni contrarie ma nessuno gli ha prestato particolare attenzione».
In Irlanda inoltre, conclude Bohan, «non abbiamo assistito alla crescita di partiti populisti inaffidabili dopo la crisi economica degli anni Dieci. Di conseguenza la nostra politica e i nostri media non si sono polarizzati tanto quanto invece sembra essere accaduto in altri Stati. Non abbiamo molte figure pubbliche che diffondono deliberatamente disinformazione e non abbiamo movimenti politici che sono cresciuti sfruttando proprio la disinformazione».
Una delle conseguenze di questo scenario meno conflittuale è l’assenza di un forte movimento no-vax in Irlanda. Le proteste più affollate sono state soprattutto contro i lockdown, in passato, per via delle ricadute economiche sulle persone. Le proteste contro i vaccini al contrario sono state poche e poco partecipate.
In conclusione
I casi di Irlanda e Portogallo sembrano dimostrare, guardando all’altro lato della medaglia, quello che era emerso analizzando la situazione in Bulgaria e Romania: a una popolazione educata e informata, che si fida delle autorità, ad una classe politica compatta nel sostegno ai vaccini e ad un sistema di mass media che fa corretta informazione e non dà spazio alle tesi no-vax, corrisponde un’altra percentuale di vaccinazioni.
La disinformazione c’è e magari raggiunge anche un volume ragguardevole, ma rimane confinata negli spazi angusti delle echo chamber sui social, senza riuscire a raggiungere e convincere il grande pubblico. Un po’ come accade per il virus stesso, se la disinformazione non trova ospiti sani nel mondo della politica e dell’informazione per diffondersi, il contagio rimane limitato.
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