I dati da far leggere a chi dice che i vaccini non funzionano

Pagella Politica
Negli ultimi giorni il dibattito politico italiano si sta concentrando sulla possibilità di introdurre nuove misure restrittive per chi non utilizza il certificato verde per la Covid-19, noto più comunemente con il nome di “Green pass”. Esponenti come il leader della Lega Matteo Salvini si sono detti molto critici per questa possibilità, in particolare sull’incentivare le vaccinazioni dei più giovani, mentre la compagna di partito, l’europarlamentare Francesca Donato, da tempo sostiene che i vaccini contro la Covid-19 non siano particolarmente efficaci, ma addirittura pericolosi.

Ad oggi in Italia è stato vaccinato con almeno una dose il 61,6 per cento della popolazione e il 45,6 per cento ha completato il ciclo vaccinale. La popolazione over 60 coperta con almeno una dose è pari all’87,8 per cento e ogni giorno si somministrano in media più di mezzo milione di dosi di vaccino.

Ormai da tempo si sono accumulate numerose evidenze di come i vaccini contro la Covid-19 funzionino molto bene, nonostante anche la diffusione di nuove varianti più contagiose. A quasi sette mesi dall’inizio della campagna vaccinale, anche in Italia abbiamo ormai numerose indicazioni dei suoi effetti positivi. Vediamo quali sono quelli principali.

Quanto sono efficaci i vaccini

Nei suoi report settimanali sullo stato dell’epidemia nel nostro Paese l’Istituto superiore di sanità (Iss) pubblica da inizio luglio i dati sull’efficacia dei vaccini sia per chi ha completato il ciclo vaccinale sia per chi sta aspettando la seconda dose, senza distinguere però in base al tipo di vaccino somministrato. Semplificando un po’, l’efficacia è quel parametro che dice quanti contagi, ricoveri o morti su 100 sono evitati proprio grazie al vaccino.

È classificato come “non vaccinato” chi non ha ricevuto nessuna dose o una dose da meno di 14 giorni, come “vaccinato in modo incompleto” chi ha ricevuto solo una dose e come “completamente vaccinato” chi ha completato il ciclo da almeno 14 giorni.

L’efficacia del ciclo vaccinale incompleto è pari al 71,3 per cento nel prevenire le diagnosi, dell’80,8 per cento per le ospedalizzazioni, dell’88,1 per cento per i ricoveri in terapia intensiva e del 79 per cento per i decessi. Completando il ciclo vaccinale l’efficacia sale all’88,5 per cento per le diagnosi, al 94,6 per cento per le ospedalizzazioni, al 97,3 per cento per i ricoveri in terapia intensiva e al 95,8 per i decessi.

La protezione dal rischio di diagnosi e l’aver vaccinato la stragrande maggioranza delle persone anziane fa sì che tra il 28 giugno e l’11 luglio solo l’11 per cento dei nuovi contagi hanno coinvolto persone con più di 60 anni nonostante siano più del 30 per cento della popolazione italiana.

Le stime sono state calcolate sul periodo che va dal 4 aprile all’11 luglio, utilizzando modelli statistici. I dati sono disponibili anche per fasce di età e mostrano un’efficacia abbastanza omogenea: le uniche differenze rilevanti riguardano le diagnosi. Per la fascia tra i 12 e i 39 anni non è invece stato possibile calcolare l’efficacia per quanto riguarda i ricoveri in terapia intensiva e i decessi perché i dati erano insufficienti in quanto il rischio di finire in queste due casistiche, anche senza vaccino, è di per sé già molto basso.
Tabella 1. L'efficacia vaccinale in Italia nella popolazione over 12 nei casi Covid-19 diagnosticati tra il 4 aprile e l'11 luglio 2021 – Fonte: Istituto superiore di sanità (Iss)
Tabella 1. L'efficacia vaccinale in Italia nella popolazione over 12 nei casi Covid-19 diagnosticati tra il 4 aprile e l'11 luglio 2021 – Fonte: Istituto superiore di sanità (Iss)

Quanti sono i vaccinati e i non vaccinati tra i contagiati

Insieme all’efficacia, l’Iss fornisce anche i numeri sui casi divisi per lo status vaccinale. Nel periodo dall’11 giugno all’11 luglio sono state effettuate 21.089 diagnosi tra persone non vaccinate, 3.954 tra persone parzialmente vaccinate e 2.310 tra persone completamente vaccinate. Tra il 4 giugno e il 4 luglio sono stati ricoverati in ospedale 1.880 non vaccinati, 240 parzialmente vaccinati e 240 completamente vaccinati, mentre in terapia intensiva sono entrati 147 non vaccinati, 20 parzialmente vaccinati e 7 completamente vaccinati. Infine, sono deceduti tra il 21 maggio e il 20 giugno 357 persone non vaccinate, 72 parzialmente vaccinate e 68 completamente vaccinate.

Quando si guarda a questi numeri bisogna sempre tenere conto che è normale che anche delle persone vaccinate muoiano a causa del virus in quanto il vaccino, come abbiamo visto, non è efficace al 100 per cento e perché comunque la Covid-19 è una malattia molto pericolosa per chi è over 80, arrivando ad avere un tasso di letalità anche superiore al 10 per cento. Inoltre bisogna tenere presente che le persone non vaccinate, sebbene siano una minoranza tra i più anziani, sono sovrarappresentati nel numero di decessi: gli over 80 non vaccinati sono il 10 per cento, ma costituiscono il 66 per cento dei decessi.
Grafico 1. Distribuzione dei vaccinati e dei non vaccinati – Fonte: Iss
Grafico 1. Distribuzione dei vaccinati e dei non vaccinati – Fonte: Iss

Gli effetti sugli ospedali e sui decessi

A partire dall’inizio della campagna vaccinale in Italia si è assistito a un calo dell’età mediana delle persone che avevano bisogno del ricovero in ospedale. La mediana è un indicatore particolarmente utile perché divide a metà la popolazione: se l’età mediana dei ricoveri è 70, vuol dire che metà delle persone in ospedale ha più di 70 anni e l’altra metà meno.

L’età mediana al primo ricovero a dicembre 2020 era pari a 75 anni e dopo l’inizio delle vaccinazioni ha iniziato a scendere in modo abbastanza continuo: ora è intorno ai 52 anni. Questo è dovuto al fatto che le persone anziane, essendo in maggioranza vaccinate, vengono ricoverate molto meno in ospedale rispetto a prima, mentre i più giovani meno vaccinati rappresentato una quota maggiore delle persone ricoverate (Grafico 2).
Grafico 2. Età mediana dei casi di Covid-19 al primo ricovero – Fonte: Iss
Grafico 2. Età mediana dei casi di Covid-19 al primo ricovero – Fonte: Iss
In terapia intensiva si è passati dall’avere un’età mediana di 73 anni a dicembre 2020 a una di 63 a giugno 2021. Qui il calo è meno evidente perché in terapia intensiva è più difficile che vengano ricoverate le persone molto anziane – quelle più vaccinate finora – avendo un maggior rischio di morte una volta contratto il virus (Grafico 3).
Grafico 3. Età mediana dei casi di Covid-19 all’ingresso in terapia intensiva – Fonte: Iss
Grafico 3. Età mediana dei casi di Covid-19 all’ingresso in terapia intensiva – Fonte: Iss
Infine, per quanto riguarda i decessi l’età mediana è passata da 83 anni a 78 anni e nelle ultime due settimane ha avuto un leggero aumento. Questo è dovuto al fatto che, anche con una riduzione del rischio di morte superiore al 90 per cento gli anziani, questi ultimi continuano a morire di più dei giovani (Grafico 4).
Grafico 4. Età mediana dei decessi di Covid-19 – Fonte: Iss
Grafico 4. Età mediana dei decessi di Covid-19 – Fonte: Iss

Gli effetti sugli operatori sanitari

Gli operatori sanitari in Italia sono stati il primo gruppo di persone a essere vaccinate contro la Covid-19. Qui si sono visti i primi effetti benefici della campagna vaccinale.

Nella seconda ondata medici e infermieri hanno rappresentato tra il 5 e il 7 per cento dei casi totali, ma con l’inizio della campagna di vaccinazione c’è stato un immediato calo e da allora sono compresi tra l’1 e il 2 per cento.
Grafico 5. Percentuale di operatori sanitari tra i casi positivi – Fonte: Iss
Grafico 5. Percentuale di operatori sanitari tra i casi positivi – Fonte: Iss

In conclusione

Ci sono ormai molte indicazioni che i vaccini in Italia sono estremamente efficaci nel prevenire le forme gravi di Covid-19, evitando molti ricoveri in ospedale e decessi. Sono anche efficaci, seppur in misura lievemente minore, nell’evitare l’infezione dal virus.

In ogni caso, però, la Covid-19 resta una malattia molto pericolosa per le persone anziane: anche se vaccinate, qualcuno di loro continuerà a sviluppare forme gravi della malattia. Il vaccino però può ridurre il rischio di morte fino a più del 90 per cento: se si riuscirà a vaccinare la quasi totalità della popolazione, si potrà rendere la Covid-19 una malattia più gestibile.

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