Il 20 giugno a Roma, in 187 gazebo sparsi per i 15 municipi della città si terranno le primarie di coalizione (quindi non solo del Partito Democratico) per scegliere il candidato-sindaco del centrosinistra alle comunali d’autunno.

Le candidature si chiuderanno il 25 maggio, ma intorno a questo evento sono già nate due piccole polemiche: la competizione avrà un esito praticamente scontato e nessuno dei candidati è una donna, del Pd o almeno di area centrosinistra.

Il candidato apertamente sostenuto dal segretario Pd Enrico Letta – nonché il favorito nella corsa – è Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia del governo Conte bis.

Dall’estate scorsa, in via non ufficiale, anche la senatrice Monica Cirinnà aveva dato la sua disponibilità a competere, ma ha fatto un passo indietro rispondendo all’appello del Nazareno all’unità.

Vediamo meglio i dettagli.

Una corsa senza candidate

Ai blocchi di partenza, il 20 giugno, per ora risulta ci saranno quattro uomini: l’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri; Giovanni Caudo, candidato civico e presidente del III municipio romano, Tobia Zevi, ricercatore e attivista politico e Paolo Ciani, consigliere regionale del Lazio e unico membro del gruppo Centro solidale – Demos.

Il leader di Azione Carlo Calenda – che ha lanciato la propria candidatura al Campidoglio già a ottobre ed è sostenuto anche da Italia Viva – ha deciso di non partecipare alle primarie del centrosinistra, considerando fallito il dialogo portato avanti per mesi con il Partito democratico. «La scelta del Pd è legittima – ha commentato Calenda – ma a questo punto le nostre strade si dividono».

L’11 maggio si è ritirata l’unica donna in corsa (aveva annunciato la propria candidatura già alla fine della scorsa estate), la senatrice del Pd Monica Cirinnà, raccogliendo l’appello del segretario Letta a lavorare per l’unità del partito. In un’intervista a Repubblica, il 13 maggio, la senatrice dem ha detto: «Combatto ma sono ferita e i lividi me li ha causati il mio partito».

Il forfait di Cirinnà ha acceso la polemica sull’assenza di donne nella competizione. E ancora di più, a indignare gli animi è stata la voce che il Partito democratico stesse comunque cercando una candidata solo per ovviare a questa mancanza, ma con la garanzia che fosse una figura non in grado di insidiare Gualtieri. I dirigenti del Pd avrebbero cercato di coinvolgere nella corsa Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente, e la senatrice di Liberi e uguali Loredana De Petris. Entrambe hanno rifiutato di prendere parte a una gara con un vincitore già preannunciato.

«Visto che il Pd ha indicato Gualtieri – ha detto De Petris – e in realtà non vuole primarie contendibili, per questo ha chiesto alla Cirinnà di ritirarsi, sarebbe molto più serio dire che non si fanno. O sono primarie vere o le finte non si fanno». De Petris ha specificato anche che il suo nome «non è mai stato in campo, forse è il Pd che lo fa».

«Spero si stoppi subito questa farsa o si smentisca a parole e nei fatti: non è accettabile la ricerca di una donna solo per fare da figurante contro il candidato designato», ha commentato la deputata dem Marianna Madia.

Il tema della partecipazione femminile – come si vede dalle dichiarazioni – si è intrecciato con un altro tema più ampio: ha senso tenere delle primarie il cui esito sia già scontato?

La candidatura di Gualtieri

Il 14 maggio si è riunita la Direzione nazionale del Pd – in diretta streaming – e il segretario Enrico Letta ha ribadito, senza ambiguità, sia il sostegno a Roberto Gualtieri sia la convinzione che le primarie siano comunque un momento significativo per il partito.

«Quando le primarie sono contendibili in modo molto aspro e impegnato, come accade a Bologna – ha detto Letta – si grida alla rissa. Quando sembrano avere una candidatura più forte delle altre si dice: a che servono?». Secondo Letta le primarie servono a «capire la realtà della situazione, e renderla evidente a tutti, senza che sia la scelta in una stanza chiusa del segretario o di due o tre dirigenti».

Nel partito, in linea di massima, la decisione di convergere in maniera compatta sul nome di Roberto Gualtieri è condivisa per una ragione, nello specifico: negli ultimi due mesi, la candidatura dell’ex ministro dell’Economia è già stata indebolita dalle indecisioni del Pd che l’hanno fatto apparire come una seconda scelta – e solo quando è stato ormai chiaro che il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti non si sarebbe candidato.

Ora che la corsa di Gualtieri è ufficiale, il Pd ha subito cominciato a spingere il suo nome, non tanto per le primarie del 20 giugno, ma guardando direttamente alla partita decisiva: le elezioni in autunno.