Aggiornamento 12 maggio, ore 14:15 – Il 12 maggio è stata resa nota la sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue sulla controversia tra Lussemburgo e Commissione europea, a proposito di un possibile aiuto di Stato illegittimo dato dal Granducato ad Amazon, tramite un regime fiscale di vantaggio. Abbiamo aggiornato di conseguenza il nostro articolo

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Nel corso degli ultimi giorni ha fatto discutere la notizia, pubblicata il 4 maggio dal quotidiano britannico The Guardian, secondo cui nel 2020 Amazon ha registrato in Europa entrate per 44 miliardi di euro, senza pagare però alcuna tassa sul reddito.

Diversi gruppi ed esponenti politici italiani hanno ripreso sui propri social la notizia: ad esempio il profilo Twitter ufficiale della Lega («Amazon: 44 miliardi di ricavi, zero tasse pagate in Europa»), il senatore del Partito democratico Bruno Astorre («Nel 2020 Amazon ha pagato zero euro di tasse»), il deputato del Movimento 5 stelle Raphael Raduzzi («Amazon su 44 miliardi di ricavi in europa non ha pagato 1 solo euro di tasse»), il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni e molti altri ancora, a coprire praticamente tutto l’arco parlamentare italiano.

Abbiamo controllato: i numeri citati sono corretti, ma non raccontano l’intera storia. Vediamo perché.

Il resoconto 2020 di Amazon Eu Sarl

Il 4 maggio il quotidiano britannico The Guardian ha reso pubblico l’auditor’s report relativo al bilancio fiscale per il 2020 di Amazon Eu S.a.r.l.

Si tratta di un processo standard nel mondo della contabilità: il report consiste in un documento con cui un ente indipendente (in questo caso, la società di consulenza Ernst & Young) revisiona il bilancio di un’azienda per assicurarsi che sia coerente con la realtà dei fatti e non contenga inesattezze.

Amazon Eu S.a.r.l. (“Sarl” è l’acronimo francese corrispondente all’italiano Srl, Società a responsabilità limitata) è la principale diramazione di Amazon in Europa: ha sede in Lussemburgo e gestisce le operazioni della compagnia in Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia.

Nel documento si legge che, effettivamente, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2020 in quei Paesi Amazon ha registrato un fatturato di 43,8 miliardi di euro: un aumento di circa 12 miliardi di euro (+36 per cento) rispetto al 2019, quando le entrate erano state pari a 32,2 miliardi.

L’incremento è riconducibile alla crescita generale degli acquisti online che si è verificata lo scorso anno, quando a causa della pandemia di Covid-19 molte attività commerciali sono state costrette a chiudere temporaneamente e i governi hanno limitato gli spostamenti non essenziali nel tentativo di contenere il virus.

Allo stesso tempo, però, Amazon Eu Sarl ha chiuso l’anno in negativo, con perdite per 1,2 miliardi di euro, anche queste in crescita rispetto ai 704 milioni dello scorso anno.

Il report di Ernst & Young non illustra in modo dettagliato da dove arrivino queste perdite. Sono indicate ad esempio spese relative al personale, come salari e contributi assicurativi o pensionistici, per 538 milioni di euro; spese per materie prime e altri beni di consumo per 44 milioni; e altre spese operative per 230 milioni. Come spesso accade in questi casi, il documento non dà indicazioni rispetto a come uscite ed entrate sono divise tra i diversi Paesi europei di competenza di Amazon Eu.

Le tasse pagate da Amazon Eu Sarl

Avendo chiuso l’anno in perdita per 1,2 miliardi di euro, Amazon Eu non ha pagato alcuna corporate tax (quella che in Italia è l’Ires, l’imposta sul reddito delle società) all’erario del Lussemburgo. Contattato da Pagella Politica, l’ufficio stampa di Amazon Italia ha infatti giustificato questa situazione affermando: «L’imposta sulle società si basa sui profitti, non sui ricavi, e i nostri profitti sono rimasti bassi a seguito dei nostri ingenti investimenti e del fatto che la vendita al dettaglio è un’attività altamente competitiva e con margini ridotti».

La differenza tra ricavi e profitti non è secondaria. I primi infatti indicano le entrate totali che un’azienda riceve, senza contare le uscite, mentre i secondi corrispondono a ciò che ne rimane al netto di tutti i costi. Amazon Eu ha avuto circa 44 miliardi di euro in ricavi, ma allo stesso tempo ha dovuto pagare la merce, i dipendenti, i trasporti e tutte le spese operative. Per questo, i profitti sono stati nulli, anzi: l’azienda afferma di aver speso 1,2 miliardi in più di quanto ha guadagnato. Dato che, come detto, la corporate tax viene calcolata in base ai profitti, Amazon Eu non ha dovuto pagare nulla.

Non solo. A causa delle ingenti perdite registrate, la compagnia ha anche avuto diritto a un credito d’imposta di circa 56 milioni di euro: soldi da utilizzare per ridurre le tasse da pagare in futuro, quando la compagnia genererà profitti. Non è la prima volta che succede: negli anni Amazon Eu ha registrato perdite complessive per 2,7 miliardi di euro, generando ogni volta un un credito d’imposta proporzionale (241 milioni nel 2018, ad esempio, e 294 milioni nel 2019).

È vero quindi che Amazon Eu Sarl non ha dovuto pagare nulla all’erario del Lussemburgo per quanto riguarda la corporate tax. Ma questo non racconta tutta la storia. Rimane infatti fuorviante affermare che la compagnia abbia pagato «zero tasse in Europa», come riportato da diversi post circolati sui social media. Andiamo a vedere il perché.

Le imposte dimenticate

Per capire meglio la questione abbiamo parlato con Tommaso Faccio, docente di diritto tributario alla Nottingham University Business School nel Regno Unito e co-fondatore di Tax Justice Italia, un’organizzazione che promuove sistemi fiscali più equi attraverso la ricerca.

In una serie di tweet, Faccio ha notato che Amazon Eu Sarl non è l’unica azienda di Amazon con sede in Lussemburgo (pur essendo quella con il fatturato maggiore): c’è anche un’altra compagnia, chiamata Amazon Europe Core, con sede nel Granducato.

L’audit report di Amazon Europe Core, redatto sempre da Ernst & Young e datato 5 marzo 2021, evidenzia entrate per circa 10 miliardi di euro e profitti per 2,2 miliardi di euro. Avendo generato profitti, la compagnia ha dovuto pagare all’erario del Lussemburgo una corporate tax di circa 21 milioni di euro. Faccio ha però sottolineato che questi rappresentano appena l’1 per cento dei profitti generati: una percentuale dunque estremamente bassa, che non trova spiegazione nell’audit report, considerato che l’aliquota per le aziende con sede nella città di Lussemburgo potrebbe arrivare fino al 24,94 per cento.

In ogni caso, Amazon ha quindi versato una qualche tassa – seppur molto ridotta – al Lussemburgo: «Non si può dire che Amazon non paga le tasse, ma non chiaro quante ne paghi. Non basta guardare il bilancio dell’azienda più grande, bisogna controllare anche gli altri», ha sottolineato Faccio a Pagella Politica.

In secondo luogo, è importante ricordare che oltre alla corporate tax Amazon è tenuta a rispettare le regolamentazioni fiscali in vigore nei singoli Paesi europei in cui opera e a pagare le tasse relative alle operazioni che svolge sul territorio nazionale, come le vendite o i servizi cloud.

Nel 2019, ad esempio, la compagnia ha pagato tasse per 293 milioni di sterline nel Regno Unito (anche se la gran parte della somma consisteva in contributi previdenziali e assicurativi pagati ai dipendenti o spese doganali) e 420 milioni di euro in Francia. In Italia, invece, sempre nel 2019 Amazon ha registrato entrate pari a 4,5 miliardi di euro e ha versato tasse per un totale di 234 milioni di euro (come ha confermato a Pagella Politica anche l’ufficio stampa di Amazon Italia), di cui però solo 84 milioni in imposte dirette e sostenute direttamente dalla compagnia.

Il caso del Lussemburgo

Il fatto che Amazon abbia scelto il Lussemburgo come sede centrale per le sue attività europee non è un caso: secondo il Parlamento europeo, infatti, il Paese presenta alcuni tratti tipici dei cosiddetti “paradisi fiscali”, e offre un sistema particolarmente conveniente per le grandi aziende. Secondo l’inchiesta OpenLux condotta da un gruppo di giornalisti internazionali, sulle 124 mila compagnie registrate nel Paese più del 90 per cento arrivano dall’estero, e almeno 266 sono controllate da miliardari.

Amazon è arrivata in Lussemburgo nel 2003. Nel 2017 la Commissione europea aveva ordinato al Lussemburgo, accusato di aver concesso all’azienda un aiuto di Stato illegittimo tramite un regime fiscale di favore, di recuperare 250 milioni di euro di tasse non pagate. Il Paese però ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia dell’Ue che, il 12 maggio 2021, ha dato ragione al Lussemburgo: la Commissione infatti non è stata in grado di dimostrare, secondo i giudici, che il trattamento riservato ad Amazon costituisse un ingiusto vantaggio per l’azienda. Dunque il Lussemburgo non dovrà recuperare la cifra di 250 milioni di euro da Amazon.

In ogni caso, sempre nel 2017, Amazon ha dovuto versare 100 milioni di euro allo Stato italiano dopo essere stata accusata dalla Guardia di finanza di aver evaso tra i 120 e i 130 milioni di euro nel periodo 2011-2015 (non è stata l’unica compagnia: in passato anche Google e Apple hanno patteggiato un risarcimento per lo stesso motivo).

In conclusione

Il 4 e il 5 maggio diversi politici italiano hanno ripreso sui propri canali social un articolo del quotidiano inglese The Guardian secondo cui nel 2020 Amazon avrebbe avuto entrate per 44 miliardi di euro in Europa, ma non avrebbe pagato alcuna corporate tax.

Abbiamo controllato, ed è vero che nel 2020 Amazon Eu Sarl – il principale ramo europeo dell’azienda di Jeff Bezos, con sede in Lussemburgo – non ha dovuto versare nulla per quanto riguarda la corporate tax, l’imposta sul reddito delle società. A fronte di entrate per 44 miliardi di euro, infatti, la compagnia ha chiuso l’anno registrando perdite per 1,2 miliardi: la tassa in questione, che si calcola proprio sui profitti, è quindi risultata nulla.

Questo non vuol dire però che Amazon abbia pagato «zero tasse» in Europa. Per prima cosa, il colosso dell’e-commerce controlla anche un’altra azienda con sede in Lussemburgo, chiamata Amazon Europe Core, che nel 2020 ha versato una corporate tax da 21 milioni di euro all’erario del Lussemburgo (una percentuale che, comunque, rimane estremamente bassa rispetto a un profitto di oltre due miliardi di euro).

In secondo luogo, Amazon è comunque tenuta a rispettare gli obblighi fiscali in vigore nei singoli Paesi in cui opera, e quindi paga altre tasse sul territorio europeo. Nel 2019, ad esempio, la compagnia ha versato imposte allo Stato italiano per un totale di 234 milioni di euro.