Che cos’è questa storia del certificato Ue per i figli delle coppie omosessuali

Sta facendo molto discutere una votazione in Senato: ecco su che cosa si è votato e perché
ANSA
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Nel pomeriggio di martedì 14 marzo si è tenuta una discussa votazione nella Commissione Politiche dell’Unione europea del Senato sul riconoscimento del rapporto di filiazione all’interno dell’Ue. Sul tema i partiti della maggioranza e quelli dell’opposizione hanno assunto due posizioni opposte. «Il Senato ha appena bocciato il Regolamento Ue che chiede il riconoscimento dei diritti dei figli anche delle coppie dello stesso sesso in tutti i Paesi membri», ha scritto su Twitter il deputato del Partito democratico Alessandro Zan. «Aggiungiamo alla lista delle cose evitate anche il certificato europeo di filiazione: qui si lavora ogni giorno, magari in modo non troppo visibile ma si lavora e si difende», ha invece commentato con un tweet il senatore della Lega Claudio Borghi. 

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su quanto successo in commissione e che cosa è stato votato.

La proposta della Commissione Ue

Il 14 marzo si è conclusa nella Commissione Politiche dell’Ue del Senato l’esame, iniziato alla fine di gennaio, di un regolamento (qui il testo) proposto dalla Commissione europea a dicembre 2022 per armonizzare a livello europeo le norme di diritto internazionale per quanto riguarda i figli. Come spiega un comunicato della rappresentanza in Italia della Commissione Ue, tra le altre cose la Commissione Ue ha proposto che il rapporto di parentela accertato tra genitori e figli in uno Stato membro dell’Ue dovrebbe essere riconosciuto «in tutti gli altri Stati membri, senza nessuna procedura specifica». Al momento il diritto dell’Ue prevede che il rapporto di filiazione riconosciuto in uno Stato membro consenta, per esempio, l’accesso al territorio e il diritto di soggiorno in altri Paesi Ue. Ma questo non vale per altri diritti, come quelli relativi alla successione o al diritto di un genitore di agire in qualità di rappresentante legale di un minore, per esempio a scuola o per ragioni di salute. La Commissione Ue ha anche avanzato la proposta di creare un “certificato europeo di filiazione”, che i figli o i loro rappresentanti legali possono richiedere facoltativamente allo Stato Ue che ha accertato il rapporto di filiazione con i propri genitori. 

Dunque la proposta di regolamento della Commissione Ue riguarderebbe tutte le famiglie, non solo quelle formate con un solo genitore o da genitori dello stesso sesso, che possono avere avuto figli tramite la procreazione assistita o la “gestazione per altri”.

Il voto in Senato

In base al regolamento del Senato, le commissioni del Senato sono chiamate a esprimersi (art. 144) sugli atti presentati dall’Unione europea. Ricordiamo che le commissioni parlamentari riproducono, con un numero di membri ridotto, la composizione del Senato – dunque i partiti di centrodestra che sostengono il governo Meloni hanno la maggioranza dei voti – ed esaminano i provvedimenti prima che arrivino in aula. Il compito della Commissione Politiche dell’Ue del Senato era quello di esprimere un parere verso la proposta di regolamento avanzata dalla Commissione Ue. 

Il 14 marzo la Commissione Politiche dell’Ue ha così approvato una risoluzione presentata dai partiti della maggioranza, respingendo quelle presentate dai partiti dell’opposizione. Una risoluzione è un documento con cui le commissioni o l’aula del Senato esprimono al governo la loro posizione su un tema e danno un indirizzo da seguire.

La risoluzione dei partiti di centrodestra sostiene che la proposta di regolamento avanzata dalla Commissione Ue non rispetta i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Come spiega il sito ufficiale dell’Ue, il principio della sussidiarietà stabilisce che «le decisioni siano adottate a un livello che sia il più vicino possibile al cittadino, verificando che l’azione da intraprendere a livello dell’Ue sia giustificata rispetto alle possibilità offerte dall’azione a livello nazionale, regionale o locale». Il principio della proporzionalità, invece, stabilisce che «l’azione intrapresa dall’Ue non deve andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi dei trattati». Secondo la maggioranza di centrodestra, entrambi questi principi sarebbero violati perché il regolamento europeo imporrebbe all’Italia di riconoscere una serie di diritti ai figli e ai genitori il cui rapporto di filiazione è stato riconosciuto da un altro Stato Ue. Detta altrimenti, secondo il centrodestra con le nuove norme l’Ue effettuerebbe una sorta di “invasione” nel diritto nazionale italiano, mentre secondo i partiti dell’opposizione le nuove regole certificherebbero il rispetto di diritti finora esclusi.

In base all’articolo 81 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, le misure che riguardano il diritto alla famiglia e che hanno implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio dell’Unione europea, che rappresenta i 27 governi dell’Ue, con un voto all’unanimità. Il governo italiano, dunque, seguendo l’indirizzo dato dalla commissione del Senato, avrebbe la possibilità di bloccare il percorso legislativo della proposta di regolamento.

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