L’Ungheria di Orbán ha davvero vietato il Pride in Costituzione?

In modo esplicito no, ma nei fatti l’obiettivo è quello
Il Pride organizzato a Budapest nel 2024 – EPA/Robert Hegedus HUNGARY OUT
Il Pride organizzato a Budapest nel 2024 – EPA/Robert Hegedus HUNGARY OUT
Il 14 aprile, il Partito Democratico ha rilanciato sui social network una dichiarazione del parlamentare europeo Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria del partito. Secondo Zan, il primo ministro ungherese Viktor Orbán «ha riscritto la Costituzione per vietare i Pride, negare l’identità delle persone trans e schedare i manifestanti». Secondo i suoi organizzatori, il Pride è una manifestazione che celebra l’orgoglio e i diritti delle persone LGBTQ+, promuovendo uguaglianza e inclusione. È ancora spesso chiamato Gay Pride, ma questo termine è considerato superato, perché tende a escludere altre identità della comunità, come lesbiche, bisessuali e trans.

In realtà, la Costituzione ungherese – appena modificata – non contiene un divieto esplicito ai Pride. Ma una nuova legge sulle manifestazioni, combinata con alcune modifiche costituzionali, consente di vietare eventi come il Pride appellandosi, secondo il governo di Orbán, alla tutela dei minori.

Com’è cambiata la Costituzione

Nello stesso giorno della dichiarazione di Zan, l’Assemblea nazionale ungherese – l’unica camera del Parlamento – ha approvato a larga maggioranza una modifica della Costituzione. I voti favorevoli sono stati 140, quelli contrari 21. In Parlamento, Fidesz – il partito di destra guidato da Orbán – detiene da solo quasi il 60 per cento dei seggi, a cui si aggiunge il 9 per cento degli alleati del Partito Popolare Cristiano Democratico (KDNP). In Ungheria, per modificare la Costituzione è necessario il voto favorevole di almeno due terzi del Parlamento.

Le modifiche approvate (il testo ufficiale è disponibile qui, in ungherese) sono diverse, ma due in particolare sono state criticate per il loro impatto sui diritti dei cittadini e della comunità LGBTQ+.

Una riguarda l’articolo L) della Costituzione, già riscritto nel 2020, secondo cui: «L’Ungheria tutela l’istituzione del matrimonio come comunità di vita tra un uomo e una donna basata su una decisione volontaria, e anche la famiglia come base della sopravvivenza della nazione. Il fondamento del rapporto familiare è il matrimonio o il rapporto genitore-figlio. La madre è una donna, il padre è un uomo». Il 14 aprile è stata aggiunta una nuova frase: «L’essere umano è uomo o donna».

Questa formulazione esclude esplicitamente il riconoscimento legale delle persone transgender, negando la possibilità di autodeterminazione di genere.

Un’altra modifica ha riguardato l’articolo XVI, comma 1, che già dal 2020 recitava: «Ogni bambino ha diritto alla protezione e alla cura necessarie per un adeguato sviluppo fisico, mentale e morale. L’Ungheria tutela il diritto dei bambini all’identità in conformità con il loro sesso alla nascita e garantisce un’educazione conforme ai valori fondati sull’identità costituzionale e sulla cultura cristiana del nostro Paese». Ora è stato aggiunto che questo diritto dei bambini «ha la precedenza su ogni altro diritto fondamentale, a eccezione del diritto alla vita».

Fin qui non si parla di un divieto esplicito ai Pride. Per quanto segnino un chiaro orientamento conservatore, queste modifiche non vietano direttamente l’organizzazione di questa manifestazione in Ungheria. Per comprendere appieno la portata delle modifiche alla Costituzione, però, è necessario considerare anche un’altra misura approvata nelle settimane precedenti dal Parlamento ungherese.
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La legge sulle manifestazioni

Un mese prima della riforma costituzionale, il 18 marzo il Parlamento ungherese ha approvato – sempre a larga maggioranza – alcune modifiche (il testo è disponibile qui, in ungherese) a una legge del 2018 che regola il diritto di riunione nel Paese.

È stato introdotto un nuovo articolo (13/A), secondo cui in Ungheria «è vietato tenere una riunione che vìoli» la legge n. XXXI del 1997 sulla protezione dei minori, in particolare l’articolo 6/A. Quest’ultimo stabilisce che è «vietato rendere accessibili ai minori di 18 anni contenuti pornografici, nonché contenuti che rappresentano la sessualità in modo fine a sé stesso oppure che promuovono, rappresentano la divergenza dall’identità di genere corrispondente al sesso di nascita, il cambiamento di sesso o l’omosessualità». Dunque, la modifica alla legge sulle riunioni può essere usata per vietare manifestazioni pubbliche, come i Pride, ritenute dal governo Orbán non adatte ai minori per la sola presenza di temi legati all’identità di genere e all’orientamento sessuale.

Il divieto di rendere accessibili ai minori determinati contenuti è stato introdotto nel 2021: all’epoca il governo Orbán era stato accusato di aver approvato una legge “anti-LGBT”. Secondo i critici, la novità introdotta nella legge del 1997 era l’ennesimo tentativo da parte del governo Orbán di limitare le attività delle organizzazioni non governative che fanno sensibilizzazione sui temi legati ai diritti della comunità LGBTQ+. Il governo ungherese si era difeso, dicendo che era in corso una campagna «globale» di «fake news» e che l’obiettivo della legge era quello di proteggere i bambini dai pedofili e di limitare ai genitori l’educazione sessuale dei bambini.

Come ha spiegato a marzo il settimanale ungherese HVG, a causa delle modalità con cui si approvano le leggi in Ungheria e delle scelte del governo, si è creato un particolare “vuoto” normativo. In pratica, Fidesz ha fatto approvare prima le modifiche alla legge sulle manifestazioni, e solo dopo quelle costituzionali. Ma è proprio la nuova formulazione della Costituzione a giustificare le limitazioni introdotte con la legge di marzo: se il diritto dei bambini a essere “protetti” «ha la precedenza su ogni altro diritto fondamentale», allora prevale anche sul diritto di riunione.

Il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony – esponente dell’opposizione a Orbán – ha già annunciato che il 28 giugno si terrà comunque il Pride nella capitale. «E, se lo vorrete, sarà più grande, più libero e più orgoglioso che mai», ha dichiarato Karácsony durante un comizio il 14 aprile.

Resta da vedere se le autorità lo permetteranno. Secondo la legge approvata a marzo, infatti, le autorità possono vietare una manifestazione se, «sulla base delle informazioni disponibili dopo la fase di consultazione» con gli organizzatori, «si può ragionevolmente presumere» che l’evento vìoli la legge sulla protezione dei minori. In questo modo, il governo ha a disposizione uno strumento legale per impedire eventi sgraditi, come i Pride, senza introdurre un divieto esplicito.

La nuova legge è stata criticata anche perché, tra le altre cose, consente alle autorità di usare gli strumenti di riconoscimento facciale per «identificare una persona sospettata di aver commesso un’infrazione». È questo il passaggio che ha alimentato le preoccupazioni legate alla “schedatura” dei manifestanti, perché consente un controllo tecnologico invasivo durante le manifestazioni pubbliche.

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