La confusa proposta di Tajani sullo ius scholae

Secondo il vicepresidente di Forza Italia, cinque anni di scuola per ottenere la cittadinanza italiana sono troppo pochi, ma l’argomentazione usata ha una serie di limiti
ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Il 4 luglio, in un’intervista al quotidiano La Verità, il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani ha criticato la proposta di riforma della legge sulla concessione della cittadinanza italiana, ora in discussione alla Camera, facendo però un po’ di confusione. 

La riforma propone di introdurre il cosiddetto “ius scholae” (dal latino, “diritto di scuola”) e di concedere la cittadinanza italiana ai minori stranieri nati in Italia, o arrivati nel nostro Paese prima dei 12 anni di età, che hanno frequentato un ciclo scolastico in Italia per almeno cinque anni, senza dover necessariamente attendere il compimento dei 18 anni di età. Secondo la proposta, nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola elementare, per vedersi concedere la cittadinanza italiana il minore straniero deve aver concluso il corso con la promozione.

Secondo Tajani, questi criteri sarebbero però troppo generosi. «Se si vuole concedere la cittadinanza a un giovane straniero, devono valere le stesse regole applicate ai giovani italiani: cioè gli otto anni previsti per il completamento della scuola dell’obbligo. Otto anni, non cinque», ha dichiarato Tajani a La Verità, aggiungendo: «Se un bambino italiano è obbligato a andare a scuola fino alla terza media, perché uno non italiano dovrebbe fermarsi alla quinta elementare?». Il vicepresidente di Forza Italia ha rilanciato poi lo stesso messaggio anche su Twitter.
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Che cosa non torna

Messa così, la proposta di Tajani ha diversi limiti, per almeno tre motivi.

In primo luogo, un «giovane italiano» – per usare le stesse parole del vicepresidente di Forza Italia – non ottiene la cittadinanza italiana dopo aver completato otto anni di scuola. Nel nostro Paese, basta avere almeno un genitore italiano per poter ottenere la cittadinanza italiana, al di là del numero degli anni di scuola portati a termine. Dunque, se davvero dovessero valere le «stesse regole applicate ai giovani italiani» per concedere la cittadadinanza ai minori stranieri, come dichiarato da Tajani, la scuola non dovrebbe avere alcun ruolo.

In secondo luogo, non è vero, come dice il vicepresidente di Forza Italia, che la scuola dell’obbligo in Italia si completa dopo otto anni di scuola. Come spiega il Ministero dell’Istruzione, nel nostro Paese è obbligatoria l’istruzione impartita per almeno dieci anni e riguarda la fascia di età compresa tra i sei e i 16 anni. Quindi, se si fa riferimento a questo parametro, la proposta di Forza Italia dovrebbe prevedere almeno dieci anni di scuola per i minori stranieri per ottenere la cittadinanza italiana, non otto. 

Infine, anche se la riforma dello ius scholae fosse approvata così com’è, non è vero, come sostiene il vicepresidente di Forza Italia, che un «bambino non italiano dovrebbe fermarsi alla quinta elementare»: al di là della legge sulla cittadinanza, anche per lui varrebbe l’obbligo scolastico della durata di dieci anni.

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