Il 29 marzo è entrato in vigore il nuovo decreto-legge del governo che cambia le regole per la concessione della cittadinanza italiana ai discendenti di cittadini italiani. 

In base alla legge del 1992, l’ottenimento della cittadinanza italiana è regolato dal principio dello ius sanguinis (in italiano “diritto di sangue”): la cittadinanza viene “ereditata” automaticamente alla nascita se almeno uno dei genitori già la possiede. In più, chiunque riesce a dimostrare una discendenza diretta da un cittadino italiano può ottenere a sua volta la cittadinanza italiana, indipendentemente dal suo attuale legame con il nostro Paese. In questo modo, negli anni la cittadinanza italiana è stata riconosciuta a molti stranieri che conservavano solo una lontana discendenza con un avo italiano e nessun legame concreto con il nostro Paese. 

Il nuovo decreto approvato dal governo limita proprio questa eventualità, prevedendo che i discendenti nati all’estero saranno automaticamente cittadini italiani soltanto per due generazioni. In pratica, solo chi ha almeno un genitore o un nonno italiani nati in Italia sarà cittadino dalla nascita. I figli di italiani acquisteranno automaticamente la cittadinanza se nascono in Italia oppure se, prima della loro nascita, uno dei loro genitori cittadini ha risieduto almeno due anni continuativi in Italia. In questo modo, un cittadino italiano che non ha mai risieduto nel nostro Paese non potrà più garantire la cittadinanza italiana ai suoi figli per discendenza.

Il decreto non è retroattivo: per chi ha fatto domanda di riconoscimento prima della mezzanotte del 27 marzo valgono ancora le regole precedenti, e chi è già stato riconosciuto cittadino italiano non si vedrà tolta la cittadinanza. Per essere convertito definitivamente in legge, il decreto dovrà essere approvato dalla Camera e dal Senato, e non è escluso che il testo possa essere modificato durante l’esame parlamentare, visto che alcuni esponenti della Lega hanno già criticato il testo.

L’intenzione del governo è quella di rendere strutturale questo cambiamento. Per introdurre alcune modifiche più sostanziali alla legge sulla cittadinanza, il Consiglio dei ministri ha approvato anche due disegni di legge, che a differenza del decreto-legge per entrare in vigore dovranno ricevere il via libera dal Parlamento. Il testo dei due disegni di legge non è pubblicamente disponibile, ma il loro contenuto è stato riassunto in un comunicato stampa. 

Il primo disegno di legge introduce il principio internazionale del “legame effettivo” tra la persona e lo Stato, che permette l’acquisto della cittadinanza solo in presenza di un effettivo vincolo con il Paese che la conferisce. In pratica, in questo modo il governo vuole stabilire per legge che i richiedenti la cittadinanza italiana dovranno dimostrare di avere un qualche legame effettivo con il Paese di cui vogliono diventare cittadini, oltre alla discendenza. Prima di tutto dovranno dimostrare che il loro atto di nascita è stato registrato alla pubblica amministrazione italiana prima del compimento dei 25 anni di età; in linea con questo principio, almeno una volta ogni 25 anni dovranno avere dei contatti con lo Stato italiano: dovranno cioè rinnovare il passaporto o la carta d’identità, partecipare alle elezioni o aggiornare lo stato civile non solo nel Paese di residenza, ma anche nel nostro. Questo disegno di legge prevede anche un sostegno alla cosiddetta “immigrazione di ritorno”, ossia al rientro dei cittadini italiani che vivono all’estero. Per esempio, il figlio minore nato all’estero da genitori cittadini acquisterà la cittadinanza se viene a vivere in Italia per due anni. Il coniuge di un cittadino italiano invece potrà diventare italiano a sua volta solo se residente in Italia.

Il secondo disegno di legge, invece, contiene alcune modifiche ai servizi per i cittadini e le imprese residenti all’estero. Per fare richiesta di cittadinanza, i residenti all’estero non dovranno più rivolgersi ai consolati, ma a un ufficio speciale centralizzato del Ministero degli Esteri, che dovrà essere istituito entro un anno dall’approvazione definitiva del disegno di legge. In questo modo i consolati potranno concentrarsi sull’erogazione di servizi per chi è già cittadino. Il testo prevede poi altri interventi per migliorare il sistema delle domande di riconoscimento, il cui numero altissimo da anni sommerge di pratiche vari tribunali italiani.