La scissione di Di Maio è la più grande di sempre

Gli oltre 60 parlamentari coinvolti nei due nuovi gruppi alla Camera e al Senato sono il numero più alto dal 1948
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Nella serata del 21 giugno, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha annunciato la sua uscita dal Movimento 5 stelle. Il giorno dopo, alla Camera è nato il gruppo parlamentare “Insieme per il Futuro” (Ipf), al quale hanno aderito 51 deputati, tra cui lo stesso Di Maio. Al Senato, la nascita del gruppo di “Insieme per il Futuro” non è stata ancora ufficializzata, ma secondo diverse fonti stampa, i senatori che vi aderiranno saranno undici. In totale, la scissione organizzata da Di Maio dovrebbe coinvolgere 62 parlamentari, tra cui il deputato Antonio Lombardo, che faceva parte del gruppo di Coraggio Italia, ora scioltosi

Abbiamo analizzato i dati sui gruppi parlamentari di tutte le 18 legislature: nel complesso, il numero di deputati e senatori coinvolti dalla scissione del Movimento 5 stelle è il più elevato dal 1948 a oggi. Negli ultimi dieci anni, le altre scissioni più numerose hanno riguardato l’uscita di Angelino Alfano dal Popolo della libertà nel 2013 (58 parlamentari coinvolti) e l’uscita del gruppo di Articolo uno dal Partito democratico nel 2017 (48 parlamentari).

Le scissioni in Parlamento nella prima repubblica

Il fenomeno dei deputati e senatori che decidono di cambiare il proprio gruppo parlamentare con cui sono stati eletti (il cosiddetto “trasformismo parlamentare”) è stato meno diffuso durante la prima repubblica – un’espressione con cui si fa generalmente riferimento al periodo tra il 1948 e il 1994, dunque alle prime 11 legislature – rispetto alla seconda repubblica. 

Per fare qualche esempio, durante la prima legislatura, iniziata nel 1948, il Partito socialista dei lavoratori italiani – a sua volta nato da una scissione con il Partito socialista del 1947 – alla Camera si è diviso e riunificato più volte, arrivando a fine legislatura con 33 deputati sotto il nome di Partito socialista democratico italiano.

Durante la quarta legislatura, nel 1964 il Partito socialista in Parlamento si divise nuovamente, dando vita ai gruppi del Partito socialista italiano di unità proletaria, con 25 deputati e 10 senatori, che si scioglierà nel 1972 confluendo in parte nel Partito socialista e in parte in quello comunista. 

Nel 1977, nel corso della settima legislatura, una parte del Movimento sociale italiano si staccò per formare i gruppi della “Costituente di Destra-Democrazia Nazionale”, ma l’esperimento finì due anni dopo, nel 1979.

Che cosa cambia con la seconda repubblica

Dalla dodicesima legislatura in poi, la nascita di nuovi gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, frutto di scissioni all’interno dei partiti in Parlamento, ha assunto dimensioni via via sempre più grandi, senza però arrivare al record raggiunto in questi giorni da Di Maio.

Nel 1998, per esempio, alla Camera è nato il Gruppo comunista, al quale hanno aderito 21 parlamentari usciti dal Partito della rifondazione comunista, che era nato a sua volta da una scissione del Partito democratico della sinistra nel 1991. 

Nove anni dopo, nel 2007, si è verificata una scissione più grande. A giugno, un gruppo di parlamentari ha abbandonato i Democratici di sinistra e ha formato i gruppi parlamentari della Sinistra democratica per il socialismo europeo, a cui hanno aderito rispettivamente 21 deputati e 12 senatori, per un totale di 33 parlamentari.

Le scissioni nel centrodestra

Durante la seconda repubblica, alcune scissioni sono avvenute anche nel campo del centrodestra. Una delle più numerose è stata quella organizzata nel 2010 dall’allora presidente della Camera Gianfranco Fini, che uscì dal Popolo della libertà (Pdl) per poi fondare il partito Futuro e libertà per l’Italia.  

Il culmine dello scontro è avvenuto il 22 aprile 2010, durante la direzione nazionale del Pdl a Roma, dove Fini rimproverò a Berlusconi la mancanza di democrazia interna al partito. Tre mesi dopo, a luglio, Fini annunciò ufficialmente l’uscita dal partito, formando con alcuni parlamentari che lo sostenevano due gruppi distinti in Parlamento. Alla Camera, il gruppo ha preso il nome di “Futuro e libertà per il terzo polo” e contava 33 deputati, mentre al Senato il gruppo ha preso il nome di “Futuro e libertà per l’Italia” e contava 10 senatori, per un totale di 43 parlamentari.
La pagina de l’Unità del 23 aprile 2010 dedicata allo scontro tra Fini e Berlusconi – Fonte: Archivio storico l’Unità
La pagina de l’Unità del 23 aprile 2010 dedicata allo scontro tra Fini e Berlusconi – Fonte: Archivio storico l’Unità
Dopo quella di Fini, il Pdl ha subito altre due scissioni. Nel 2012 è avvenuta la scissione che ha dato vita a Fratelli d’Italia, il partito fondato da Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa. A dicembre di quell’anno, Berlusconi aveva infatti deciso di ricandidarsi come leader del Pdl per le elezioni politiche del 2013, annullando automaticamente le primarie inizialmente previste tra i membri del partito, alle quali era pronta a presentarsi anche Meloni. Il 20 dicembre, i deputati Meloni, Crosetto e La Russa hanno deciso di lasciare il Pdl e il giorno successivo hanno fondato un nuovo partito, “Fratelli d’Italia-Centrodestra nazionale”, pur ribadendo l’alleanza con Berlusconi. Al Senato il nuovo partito di Meloni ha istituito il nuovo gruppo parlamentare “Fratelli d’Italia-Centrodestra nazionale”, al quale hanno aderito 13 senatori. Discorso diverso per la Camera, dove inizialmente il nuovo partito di Meloni non ha creato nessun gruppo. Più nel dettaglio, pur essendo usciti dal partito, Meloni, Crosetto e La Russa sono rimasti fino a fine legislatura nel gruppo parlamentare del Popolo della libertà. Alle successive elezioni, nel 2013, Fratelli d’Italia si è presentato nella coalizione di centrodestra insieme, tra gli altri, al Pdl e alla Lega nord. 

L’ultima scissione del Pdl è avvenuta nel novembre 2013, quando l’allora vicepresidente del Consiglio del governo Letta, Angelino Alfano, ha annunciato la sua uscita dal partito. Alfano e i parlamentari che lo sostenevano erano infatti contrari all’idea di Berlusconi di sciogliere il Pdl e tornare alla vecchia organizzazione politica di Forza Italia. Tra le altre cose, Alfano sosteneva la necessità di continuare ad appoggiare il governo Letta, mentre da tempo Berlusconi voleva ritirare il suo sostegno all’esecutivo. Il governo Letta era un cosiddetto “governo di larghe intese” che, oltre al sostegno del Pd e del Pdl, aveva ricevuto l’appoggio anche di Scelta civica di Mario Monti e dell’Unione di centro. 

Il 18 novembre, i parlamentari del Pdl che appoggiavano Alfano hanno formato due nuovi gruppi alla Camera e al Senato, con il nome di “Nuovo centrodestra”, ai quali hanno aderito rispettivamente 29 deputati e 29 senatori, per un totale di 58 parlamentari. Quella di Alfano è stata la seconda scissione più ampia negli ultimi dieci anni dopo quella di Di Maio.
La pagina de l’Unità del 17 aprile 2013 dedicata alla scissione di Alfano dal Pdl – Fonte: Archivio storico l’Unità
La pagina de l’Unità del 17 aprile 2013 dedicata alla scissione di Alfano dal Pdl – Fonte: Archivio storico l’Unità

Le scissioni nel centrosinistra

Dal 2010 in poi, le principali scissioni nel centrosinistra sono state due. La prima è avvenuta nel 2017 e ha coinvolto sia il Partito democratico sia Sinistra italiana, il partito guidato da Nicola Fratoianni e nato proprio all’inizio di quell’anno. Il 28 febbraio, in contrasto con la linea del segretario Matteo Renzi, un gruppo di deputati del Pd – tra cui l’attuale ministro della Salute Roberto Speranza – hanno lasciato il partito e hanno creato due nuovi gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, che hanno preso il nome di “Articolo uno-Movimento democratico e progressista”. Al gruppo della Camera hanno aderito 18 deputati usciti dal Pd, ai quali si sono aggiunti 16 deputati usciti da Sinistra italiana, un deputato proveniente dal gruppo dei “Civici e innovatori” e uno dal Gruppo Misto, mentre al gruppo del Senato hanno aderito 14 senatori, per un totale di 48 parlamentari. 

L’ultima tra le principali scissioni del centrosinistra è avvenuta nel 2019. Il 17 settembre, dopo mesi di divergenze con l’allora segretario Nicola Zingaretti, l’ex presidente del Consiglio Renzi ha annunciato in un’intervista al quotidiano Repubblica la scelta di lasciare il Pd. Due giorni dopo, il 18 settembre, Renzi e altri 12 senatori hanno abbandonato il gruppo del Pd al Senato e hanno formato il gruppo “Italia viva-Psi” insieme al senatore del Partito socialista italiano Riccardo Nencini e all’ex senatrice di Forza Italia Donatella Conzatti. Il giorno successivo, si è formato il gruppo di Italia viva alla Camera, al quale hanno aderito 24 senatori provenienti dal gruppo del Pd e un senatore proveniente dal Gruppo Misto. In totale, la scissione di Renzi dal Pd ha coinvolto 39 parlamentari.

Le scissioni nel Movimento 5 stelle

Infine, le principali defezioni nel Movimento 5 stelle sono avvenute durante la legislatura in corso, iniziata a marzo 2018.

Secondo i dati di OpenParlamento – un progetto della fondazione Openpolis che raccoglie e monitora i dati ufficiali del Parlamento – in questa legislatura il M5s è stato il partito che ha perso il maggior numero di parlamentari. Rispetto a marzo 2018, il M5s ha perso infatti 116 deputati e 46 senatori. Dopo la scissione di Di Maio la Lega è diventata il primo partito per numero di parlamentari. Per fare un confronto, nella precedente legislatura, quella tra il 2013 e il 2018, le perdite per il M5s erano state molto più contenute, con -21 deputati e -18 senatori.
Negli ultimi cinque anni, oltre a quella di Di Maio, la scissione più ampia nel M5s è avvenuta a febbraio 2021, quando un gruppo di parlamentari è stato espulso dal partito per non aver votato la fiducia al nuovo governo guidato da Mario Draghi, sostenuto tra gli altri anche dal M5s. Il 23 febbraio, i parlamentari espulsi hanno dato vita a due nuovi gruppi parlamentari, uno alla Camera e uno al Senato, entrambi all’interno del Gruppo Misto. I gruppi degli espulsi hanno preso il nome de “L’alternativa c’è”: alla Camera hanno aderito 13 deputati e al Senato 6 senatori, per un totale di 19 parlamentari. A novembre 2021, i gruppi hanno cambiato il proprio nome in “Alternativa”, costituendosi come un vero e proprio partito.

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