Con la crisi di governo i senatori a vita sono tornati al centro del dibattito politico italiano. Il 19 gennaio, a Palazzo Madama, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha infatti ricevuto 156 voti favorevoli per la fiducia, tra cui quelli di tre senatori a vita: l’ex presidente del Consiglio Mario Monti, la biologa Elena Cattaneo e Liliana Segre, attivista e superstite del campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau.
Al Senato il governo ha così raggiunto la soglia della maggioranza relativa, ma non assoluta. Per il momento, questo traguardo non consente di ritenere archiviata la crisi, visti i numeri risicati.
Nelle ore precedenti e successive al voto, diversi esponenti dell’opposizione hanno criticato l’eccessivo peso dei senatori a vita in Parlamento. Anche nei discorsi in Aula non sono mancati contestazioni al governo su questo punto. Già in passato – con i presidenti del Consiglio Silvio Berlusconi nel 1994 e Romano Prodi nel 2006 – i senatori a vita furono criticati per il loro ruolo di primo piano nelle sorti degli esecutivi.
Su Change.org – una delle piattaforme di petizioni online più famose al mondo – il deputato di Forza Italia ed ex presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci ha lanciato una raccolta firme per chiedere l’abolizione dei senatori a vita, considerati «anacronistici» per una Repubblica parlamentare come quella italiana.
Ma quanti Paesi, oltre al nostro, hanno figure assimilabili a quelle dei nostri senatori a vita? Abbiamo controllato, Stato per Stato, e l’Italia risulta davvero essere un’eccezione a livello mondiale. Tra l’altro, la richiesta di abolire i senatori a vita è tutt’altro che una novità: come vedremo, negli anni scorsi sono arrivate diverse proposte per modificare o abolire questa figura.
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Di che cosa stiamo parlando
In Italia, il ruolo dei senatori a vita è stabilito dall’articolo 59 della Costituzione: diventano membri del Senato senza un termine di mandato tutti gli ex presidenti della Repubblica e, su nomina del Quirinale, i «cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario».
La questione dei senatori a vita ha avuto uno sviluppo recente. Il sì al referendum al taglio dei parlamentari di settembre 2020 ha poi modificato il terzo comma dell’articolo 59, stabilendo che i senatori a vita non possono essere più di cinque.
Questa modifica ha chiarito meglio che cosa diceva la Costituzione, che nella versione precedente era un po’ ambigua. Era infatti possibile leggervi che ogni presidente della Repubblica avesse a disposizione cinque nomine, anche se di fatto nessun presidente della Repubblica l’aveva interpretata così, tranne Sandro Pertini e Francesco Cossiga.
Al momento, oltre ai già citati Monti, Cattaneo e Segre, che hanno votato per la fiducia a Conte il 19 gennaio, sono senatori a vita anche l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l’architetto Renzo Piano e il fisico Carlo Rubbia, tutti e tre assenti a Palazzo Madama in occasione del voto. Segre è stata nominata nel 2018 da Sergio Mattarella, mentre gli altri da Napolitano nel 2013.
Nella storia repubblicana italiana, i senatori a vita sono stati finora 11 ex presidenti della Repubblica e 38 nominati dal Quirinale (tra cui Giovanni Leone e Napolitano, poi diventati presidenti). L’unico a essersi dimesso dalla carica di senatore a vita è stato il direttore d’orchestra Arturo Toscanini, nominato il 5 dicembre 1949 e dimessosi due giorni dopo.
Ma torniamo alla nostra domanda: in quanti altri Paesi al mondo esistono dei parlamentari nominati dal capo di Stato (quindi non eletti dal popolo), per meriti specifici e con un mandato senza scadenza? Al di là di alcune sfumature, la risposta è: nessuno. Da questo punto di vista, l’Italia è un’eccezione.
Dal Rwanda al Regno Unito: che cosa succede nel resto del mondo
Per fare un confronto a livello mondiale, abbiamo utilizzato il database Parline dell’Inter-Parliamentary Union, un’organizzazione internazionale che contiene schede periodicamente aggiornate sulle varie caratteristiche dei parlamenti in oltre 200 Paesi.
Come abbiamo spiegato in passato a proposito del bicameralismo perfetto, tutti i Parlamenti al mondo hanno delle peculiarità e, possiamo dire, sono unici a modo loro.
In questo caso, bisogna concentrarsi su una caratteristica specifica: trovare altri Paesi che hanno membri di una camera del loro Parlamento nominati dal capo dello Stato – quindi non eletti né direttamente né indirettamente dai cittadini – e con un mandato a vita.
Innanzitutto, va chiarito che esistono molti casi in cui può esserci uno soltanto di questi due elementi (la nomina o il mandato a vita). Per esempio, nella Camera degli anziani dell’Afghanistan – la camera alta del Paese asiatico – possono esserci dei membri nominati dal presidente della Repubblica, scelti all’interno di alcune minoranze come ad esempio i cittadini con disabilità, ma il loro mandato dura cinque anni. In questo caso, la nomina è pensata per far fronte a eventuali squilibri all’interno dell’aula nella rappresentazione delle minoranze. In altri casi può riguardare persone che si sono distinte per qualche motivo, come nel senato dell’Uzbekistan, dove di nuovo ci sono senatori nominati dal capo dello Stato per cinque anni.
L’elemento della nomina da parte del capo dello Stato è abbastanza diffuso a livello mondiale. Sono più rari invece i casi in cui ci sono parlamentari con un mandato a vita, ma non nominati. È in parte quello che vale in Italia per i presidenti della Repubblica, che una volta ceduto il loro ruolo, diventano automaticamente membri del Senato.
Un sistema analogo esiste nella Repubblica Democratica del Congo, dove gli ex presidenti della Repubblica diventano senatori a vita, e in Rwanda, dove però la nomina degli ex presidenti della Repubblica non è automatica, ma su loro richiesta. Nel Senato di transizione del Burundi, introdotto nel 2001, sedevano anche tre ex capi di Stato; dal 2005 in poi ci sono state le prime vere e proprie elezioni per il Senato, e oggi gli ex presidenti burundesi non risultano tra i nomi dei senatori.
Tra gli ibridi, per così dire, c’è anche il caso del Paraguay, dove in base alla Costituzione gli ex presidenti della Repubblica diventano senatori a vita – se non condannati in processi politici – ma hanno solo il diritto di parola, e non di voto (dunque non contano, per esempio, per il raggiungimento di un eventuale quorum).
A fine dicembre 2020, diverse fonti stampa hanno dato la notizia secondo cui il presidente della Federazione russa Vladimir Putin avrebbe firmato una legge che permetterà agli ex presidenti russi – quindi a lui, in primo luogo – di diventare membri a vita del Consiglio federale, ossia la camera alta del Parlamento russo.
Al di là di questi esempi, le figure che più assomigliano ai senatori a vita italiani sono i membri della House of Lords del Regno Unito, la camera alta del Parlamento britannico. Al momento sono quasi 800: non c’è un limite numerico e non c’è un termine di mandato. Possono essere stati nominati dal re o dalla regina, su indicazione del capo del governo, oppure avere ereditato il seggio.
C’è però una differenza sostanziale tra un senatore a vita italiano e un lord britannico: il Senato italiano, infatti, vota la fiducia (o la sfiducia) al governo, mentre la House of Lords no. La camera alta del Parlamento britannico esamina per lo più i progetti di legge e può interrogare il governo su temi specifici.
Il caso dei senatori a vita italiani è insomma unico al mondo.
Le proposte per abolire i senatori a vita
Come abbiamo visto nell’introduzione, non mancano le iniziative che chiedono di eliminare dalla Costituzione la nomina dei senatori a vita. Questa non è però una novità delle ultime settimane.
Nell’attuale XVIII legislatura – iniziata a marzo 2018 – sono stati presentati diverse proposte di legge per abolire l’istituto dei senatori a vita. Tra queste, ce n’è una prima firma della leader di Fratelli d’Italia, che chiede di abrogare l’articolo 59 della Costituzione. E non mancano proposte simili anche da esponenti dei partiti di maggioranza, come il Movimento 5 stelle.
In realtà è da parecchi anni che si parla della possibilità di fare a meno dei senatori a vita. Nel 2010, per esempio, la maggioranza di governo guidata dal Popolo della libertà avanzò delle proposte per eliminare questo istituto, finendo però in un nulla di fatto.
In conclusione
A Palazzo Madama, il voto di fiducia a favore del governo Conte II ha riportato al centro del dibattito politico italiano le figure dei senatori a vita, criticate per avere un peso eccessivo nelle sorti dell’attuale esecutivo.
Allo stesso tempo, si è tornati a discutere della possibilità di eliminare questo istituto dalla nostra Costituzione, ipotesi non nuova e che circola ormai da diversi anni.
Abbiamo verificato, parlamento per parlamento, quali altri Paesi hanno figure paragonabili ai nostri senatori a vita, ossia parlamentari nominati dal capo dello Stato e senza una scadenza di mandato.
L’Italia risulta essere un’eccezione a livello mondiale. Esistono parecchi Paesi in cui i parlamentari sono nominati dal capo dello Stato, ma il cui mandato ha una scadenza temporale, ed esistono alcuni Paesi in cui gli ex capi di Stato diventano senatori a vita una volta cessata la carica. Ma solo in Italia esistono senatori con entrambe le caratteristiche.
Alcuni membri della House of Lords britannica, semplificando un po’, possono essere nominati e avere un incarico a vita. Ma hanno molti meno poteri dei nostri senatori: per esempio, non hanno la possibilità di dare o togliere la fiducia al governo.
Parlamento
Le petizioni dei cittadini al Parlamento sono lettera morta