I canoni delle concessioni balneari scendono, ma non per una legge voluta da Salvini

Il ministro delle Infrastrutture è stato accusato di mettere in saldo le spiagge italiane. Facciamo un po’ di chiarezza sulle sue responsabilità
ANSA
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Il 7 gennaio il partito Europa Verde ha scritto sulle sue pagine social che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha dato «il via ai saldi sulle spiagge italiane», riducendo del 4,5 per cento il canone annuale delle concessioni balneari. La stessa accusa è stata fatta da altri esponenti di partiti all’opposizione, tra cui il vicepresidente del Movimento 5 Stelle Mario Turco, che ha parlato di una decisione «presa dal ministro Matteo “Papeete” Salvini». 

Ma è vero che il governo, e nello specifico il leader della Lega, hanno tagliato il canone che ogni anno i gestori degli stabilimenti balneari devono versare allo Stato? Facciamo un po’ di chiarezza.

Di che cosa stiamo parlando

In Italia le spiagge fanno parte del demanio, ossia l’insieme dei beni che sono di proprietà dello Stato e che hanno la caratteristica di non poter essere venduti o ceduti ai privati. Lo Stato può permettere a quest’ultimi l’uso di beni del demanio attraverso lo strumento delle concessioni, di cui si parla ormai da anni. In base alle regole europee e a varie sentenze della giustizia italiana, le concessioni balneari andrebbero messe a gara, ma diversi governi non hanno rispettato questa indicazione, rimandando i bandi. Lo scorso 16 novembre la Commissione europea ha dato due mesi di tempo al governo Meloni per adeguarsi alle norme europee.

In questo articolo non ci interessa però la questione delle concessioni, ma quella dei canoni. In base alla legge italiana, infatti, un privato può disporre della concessione balneare a fronte del pagamento di un canone annuale, una modalità simile a un contratto di affitto. Secondo molti, i canoni incassati dallo Stato sarebbero troppo bassi se confrontati con il volume d’affari dell’intero settore. Tra il 2016 e il 2020, ha scritto la Corte dei Conti in un rapporto, lo Stato ha incassato poco più di 100 milioni di euro l’anno. 

Ma chi e come stabilisce il valore dei canoni delle concessioni balneari? Qui si arriva al dibattito di questi giorni.

Come si calcolano i canoni

Lo scorso 19 dicembre il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha annunciato in una circolare che nel 2024 i canoni per le concessioni balneari saranno ridotti del 4,5 per cento. Il ministero ha aggiunto che questa misura è contenuta in un decreto ministeriale del 18 dicembre «in corso di registrazione». A oggi sulla Gazzetta Ufficiale questo decreto non è ancora stato pubblicato. La riduzione dei canoni non è una scelta arbitraria del governo Meloni o del ministro Salvini, ma è frutto di norme in vigore da molti anni. 

In base a una legge del 1993, infatti, i canoni delle concessioni balneari vanno aggiornati (art. 4) ogni anno dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha sostituito il Ministero della Marina mercantile, seguendo l’andamento dell’inflazione. Nello specifico, i canoni vanno adeguati sulla base della media di due indici, calcolati da Istat: l’indice «per i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati» e l’indice dei prezzi «per il mercato all’ingrosso». Facciamo un esempio per capire meglio il calcolo.

A febbraio 2022, durante il governo Draghi, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero delle Infrastrutture, approvato a dicembre 2021, con l’aggiornamento dei canoni per il 2022. Quell’anno il loro valore è stato aumentato del 7,95 per cento rispetto al valore dell’anno precedente. Questa percentuale è la media tra l’andamento di due indici dei prezzi, calcolato nel periodo settembre 2020 e settembre 2021. In quei 12 mesi l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati è aumentato del 2,6 per cento, mentre l’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali è cresciuto del 13,3 per cento. Facendo la media tra questi due valori, si ottiene il +7,95 per cento di adeguamento stabilito dal ministero.

Discorso analogo vale per la riduzione del 4,5 per cento annunciato dal Ministero delle Infrastrutture per il 2024. Tra settembre 2022 e settembre 2023 l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati è aumentato del 5,1 per cento, mentre l’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali è sceso del 14,1 per cento. La media di questi due indici è pari a -4,5 per cento. 

A fine 2020, durante il secondo governo Conte, il Ministero delle Infrastrutture aveva annunciato una riduzione dei canoni dell’1,85 per cento per il 2021, mentre a fine 2022, già durante il governo Meloni, c’è stato un forte aumento dei canoni, pari al +25,15 per cento. Questa crescita era dovuta in particolare al +41,7 per cento registrato dall’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali tra settembre 2021 e settembre 2022, mentre l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati era cresciuto dell’8,6 per cento. 

L’adeguamento superiore al 25 per cento era stato poi criticato da alcune associazioni di categoria, che contestano l’uso dell’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali al posto di quello dei prezzi per il mercato all’ingrosso, non più calcolato da Istat dal 1998. Dopo una prima sentenza del Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio e una sentenza del Consiglio di Stato, che rappresenta il secondo e ultimo grado di giudizio nella giustizia amministrativa, lo scorso 29 dicembre il Tar del Lazio si è nuovamente espresso sul caso. I giudici hanno stabilito che l’aumento resta valido, sottolineando che ogni beneficiario di una concessione potrà comunque portare avanti la propria causa in tribunale per vedersi bloccare l’adeguamento al rialzo. Questo «presumibilmente comporterà che gli enti saranno sommersi da una valanga di contenziosi in merito», ha commentato il sito di settore Mondo Balneare

Il canone minimo

In base a una legge del 2020, approvata durante il secondo governo Conte, esiste un canone annuo minimo che ogni beneficiario di una concessione è tenuto a versare allo Stato. I canoni sono calcolati in base alla tipologia della concessione e alla metratura del demanio ricevuto in concessione, ma in ogni caso si è tenuti a versare una cifra minima allo Stato.

Nel 2020 il valore di questa cifra non poteva essere inferiore ai 2.500 euro. Con i vari adeguamenti è successivamente aumentato: nel 2022 è passato a 2.698,75 euro, nel 2023 è salito a 3.377,50 euro (frutto del +25,15 per cento visto sopra) e nel 2024 è previsto scendere a 3.225,50 euro, come anticipato dalla circolare ministeriale, visto il calo del 4,5 per cento.

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