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All’inizio erano 120 mila, poi sono scesi a 100 mila, ora sono 50 mila «mal contati», sulla base di uno studio che però ne stima 33 mila. In poco più di un anno il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha dimezzato il numero dei posti di lavoro che sarebbero creati dalla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.
A ottobre 2022, poco prima dell’insediamento del governo Meloni, Salvini ha dichiarato (min. 8:35) in televisione che il ponte «creerebbe 120 mila posti di lavoro veri», senza citare la fonte della stima. All’epoca sul sito di Webuild, società da anni coinvolta nella possibile costruzione del ponte, si leggeva che l’infrastruttura avrebbe generato «118 mila posti di lavoro», cifra con tutta probabilità arrotondata da Salvini a 120 mila.
Nei mesi successivi, una volta diventato ministro, il leader della Lega ha un po’ abbassato questo numero. «Stiamo parlando di un’opera che darà più di 100 mila posti di lavoro veri», ha per esempio detto Salvini il 25 maggio 2023, dopo la conversione in legge del decreto con cui il governo Meloni ha riattivato la costruzione del ponte. Anche il sito di Webuild riporta questa stima e, in un’audizione in Parlamento, la società ha citato come fonte di questo numero il Centro di Economia Regionale, dei Trasporti e del Turismo (Certet) dell’Università Bocconi di Milano.
Nel 2001 l’università, insieme tra gli altri alla società di consulenza Pricewaterhouse Coopers, ha contribuito alla scrittura di un rapporto per valutare da un punto di vista economico la costruzione del ponte sullo Stretto. Secondo le stime contenute in quel rapporto, l’infrastruttura avrebbe “attivato” quasi 15 mila occupati all’anno. Con il termine “attivata” generalmente si fa riferimento alla forza lavoro impiegata nella costruzione di un’opera e non necessariamente a nuova occupazione. Insomma prendendo per buona questa stima, che risale comunque a più di 20 anni fa, i quasi 15 mila posti di lavoro potrebbero già in parte esistere all’avvio dei cantieri ed essere poi impegnati nella realizzazione dell’infrastruttura.
All’inizio erano 120 mila, poi sono scesi a 100 mila, ora sono 50 mila «mal contati», sulla base di uno studio che però ne stima 33 mila. In poco più di un anno il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha dimezzato il numero dei posti di lavoro che sarebbero creati dalla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.
A ottobre 2022, poco prima dell’insediamento del governo Meloni, Salvini ha dichiarato (min. 8:35) in televisione che il ponte «creerebbe 120 mila posti di lavoro veri», senza citare la fonte della stima. All’epoca sul sito di Webuild, società da anni coinvolta nella possibile costruzione del ponte, si leggeva che l’infrastruttura avrebbe generato «118 mila posti di lavoro», cifra con tutta probabilità arrotondata da Salvini a 120 mila.
Nei mesi successivi, una volta diventato ministro, il leader della Lega ha un po’ abbassato questo numero. «Stiamo parlando di un’opera che darà più di 100 mila posti di lavoro veri», ha per esempio detto Salvini il 25 maggio 2023, dopo la conversione in legge del decreto con cui il governo Meloni ha riattivato la costruzione del ponte. Anche il sito di Webuild riporta questa stima e, in un’audizione in Parlamento, la società ha citato come fonte di questo numero il Centro di Economia Regionale, dei Trasporti e del Turismo (Certet) dell’Università Bocconi di Milano.
Nel 2001 l’università, insieme tra gli altri alla società di consulenza Pricewaterhouse Coopers, ha contribuito alla scrittura di un rapporto per valutare da un punto di vista economico la costruzione del ponte sullo Stretto. Secondo le stime contenute in quel rapporto, l’infrastruttura avrebbe “attivato” quasi 15 mila occupati all’anno. Con il termine “attivata” generalmente si fa riferimento alla forza lavoro impiegata nella costruzione di un’opera e non necessariamente a nuova occupazione. Insomma prendendo per buona questa stima, che risale comunque a più di 20 anni fa, i quasi 15 mila posti di lavoro potrebbero già in parte esistere all’avvio dei cantieri ed essere poi impegnati nella realizzazione dell’infrastruttura.