Salvini non è stato assolto per un caso uguale a quello Open Arms

Il leader della Lega lo ripete per dimostrare che è già stato dichiarato innocente, ma le cose non stanno proprio così
ANSA/LUCA ZENNARO
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Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini sta usando una particolare linea difensiva – fuorviante, come vedremo – per commentare la richiesta di condanna a sei anni di reclusione avanzata nei suoi confronti dalla Procura di Palermo per il processo Open Arms. Salvini è accusato di aver commesso due reati: il sequestro di persona nei confronti dei migranti salvati dalla nave dell’organizzazione non governativa (Ong) e il rifiuto di atti d’ufficio per non aver indicato un porto di sbarco alla nave.

Il 18 settembre, in un’intervista con Non Stop News su Rtl 102.5, Salvini ha detto che in passato è già stato «mandato in giudizio in Tribunale a Catania» per lo stesso reato di cui è accusato nel caso Open Arms. «Il giudice alla fine del processo ha detto: “Salvini ha fatto il suo dovere, non capisco perché me l’abbiate mandato qua”», ha dichiarato il leader della Lega. «Catania e Palermo non sono in due emisferi diversi: se ho fatto il mio dovere a Catania, non capisco perché dovrei essere un pericoloso sequestratore a Palermo». La stessa argomentazione è contenuta nella versione aggiornata di un capitolo del libro Controvento, uscita dopo la richiesta di condanna della Procura di Palermo. Qui Salvini ha scritto: «Per un caso analogo a quello Open Arms sono già stato assolto a Catania. “Non luogo a procedere” per aver rallentato lo sbarco di alcuni immigrati dalla nave Gregoretti. Per il Gup “il fatto non sussiste”. Perfino i Pm avevano chiesto il non luogo a procedere. Era il maggio 2021». 

Che cosa c’è di vero e che cosa no in questa ricostruzione dei fatti? Punto per punto, vediamo perché i due casi non sono sovrapponibili come sostiene Salvini e perché parlare di un’assoluzione al termine di un processo è fuorviante.

I casi Gregoretti e Open Arms

Prima di addentrarci nelle vicende giudiziarie, è utile riassumere i fatti che riguardano il caso Gregoretti, da un lato, e il caso Open Arms, dall’altro. Entrambi i casi fanno riferimento a fatti avvenuti durante l’estate del 2019: all’epoca era in carica il primo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega, con Salvini ministro dell’Interno.

Iniziamo dal caso Gregoretti. Il 25 luglio 2019, in zona Sar (sigla dall’inglese Search and rescue, ossia “ricerca e soccorso”) di Malta, la nave della Guardia costiera italiana “Gregoretti” ha soccorso 50 migranti a bordo di un peschereccio e altri 91 migranti, precedentemente salvati da un pattugliatore della Guardia di Finanza. Nelle ore successive sono sbarcate a Lampedusa sei persone in precario stato di salute, mentre per le altre 135 l’allora ministro dell’Interno ha disposto che non fosse assegnato nessun porto di sbarco prima di un impegno di accoglienza da parte di altri Paesi europei. La sera del 29 luglio sono stati fatti scendere 15 minori nel porto di Augusta e due giorni dopo, il 31 luglio, è stato dato il via libera allo sbarco nello stesso porto per i restanti 116 migranti. Quest’ultimi sono stati trasferiti nell’hotspot di Pozzallo e in parte redistribuiti nei Paesi dell’Unione europea che avevano dato la disponibilità ad accoglierli, salvo 50 migranti che sono rimasti in Italia, a carico della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).

Il caso Open Arms è iniziato invece il 1° agosto 2019, quando la nave della Ong spagnola Open Arms ha effettuato il primo soccorso di naufraghi nella zona Sar della Libia, a cui ne sono seguiti altri due tra il 2 e il 9 agosto, per un totale di 150 persone salvate. Il 1° agosto, insieme all’allora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli e alla ministra della Difesa Elisabetta Trenta (entrambi del Movimento 5 Stelle), Salvini ha firmato un decreto per vietare alla nave Open Arms l’ingresso nelle acque territoriali italiane. Alla nave Ong non è stato indicato per giorni un porto di sbarco finché il 14 agosto il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio ha sospeso il divieto di ingresso per la Open Arms, che si è avvicinata così alle coste di Lampedusa. Lo stesso giorno Salvini ha firmato da solo un nuovo decreto di divieto di ingresso, non supportato però dalla ministra Trenta. Il 15 agosto l’allora presidente del Consiglio Conte ha invitato Salvini ad «adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori», prospettandogli che la mancata autorizzazione a entrare in porto avrebbe potuto configurare un illegittimo respingimento. I 27 minori a bordo della nave alla fine sono sbarcati il 18 agosto, scelta criticata da Salvini, mentre la vicenda si è conclusa il 20 agosto 2019, quando il procuratore di Agrigento ha disposto lo sbarco di tutti gli altri migranti a Lampedusa e il sequestro della nave.

Da questa breve ricostruzione dei fatti sono già evidenti alcune differenze tra i due casi. Tra le altre cose, nel caso Open Arms – che coinvolge un’imbarcazione più piccola di quella della Guardia costiera italiana – la permanenza dei migranti sulla nave Ong è stata più lunga rispetto a quella sulla Gregoretti; c’è stata una sentenza del Tar che ha sospeso un provvedimento del governo; e c’è stato un disaccordo esplicito tra alcuni esponenti dello stesso governo sul trattenimento delle persone a bordo. 

Le altre differenze sostanziali riguardano il modo in cui si sono sviluppate le vicende giudiziarie.

La vicenda giudiziaria del caso Gregoretti

Dopo lo sbarco dei migranti dalla nave Gregoretti, la Procura di Catania ha aperto un’inchiesta su Salvini per sequestro di persona, aggravato dal ruolo di pubblico ufficiale e dalla presenza di minori a bordo. Il 21 settembre 2019 la stessa Procura di Catania ha trasmesso gli atti al Tribunale dei ministri di Catania – l’organismo che si occupa dei possibili reati commessi dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni – chiedendo una richiesta di archiviazione «per infondatezza della notizia di reato».

Nonostante la richiesta di archiviazione, a novembre 2019 il Tribunale dei ministri di Catania ha deciso di chiedere al Senato, all’esito di una breve istruttoria, l’autorizzazione a procedere con il procedimento penale nei confronti di Salvini (all’epoca senatore, nonché ministro) per sequestro di persona aggravato. L’autorizzazione a procedere è stata concessa dal Senato a febbraio 2020, quando era in carica il secondo governo Conte, supportato in Parlamento tra gli altri dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico. 

Il procedimento è proseguito e, durante l’udienza preliminare, il Giudice per l’udienza preliminare (Gup) ha condotto un’integrazione probatoria, ossia ha raccolto nuove prove sul caso. Ricordiamo che l’udienza preliminare è quella fase del procedimento penale in cui il Gup prende la decisione se far proseguire o meno il processo sulla base di quanto emerso dalle indagini preliminari. Il dibattimento, invece, è il processo vero e proprio, in cui la difesa e l’accusa si confrontano davanti a un giudice che dovrà decidere se un imputato è colpevole o innocente (i gradi di giudizio possono essere tre e l’imputato è considerato innocente fino a sentenza definitiva). 

A seguito dell’integrazione probatoria, il 14 maggio 2021 il Gup del Tribunale di Catania ha pronunciato la sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Salvini perché «il fatto non sussiste» (qui è consultabile il testo della sentenza). Diverso è quanto avvenuto nel caso Open Arms: ad aprile 2021, infatti, il Gup del Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio Salvini, dopo che il Senato ha approvato l’autorizzazione a procedere a luglio 2020, autorizzazione richiesta dal Tribunale dei ministri di Palermo. La sentenza di primo grado nel processo Open Arms è attesa dopo il prossimo 18 ottobre, quando interverrà l’avvocata che difende Salvini, la senatrice della Lega Giulia Bongiorno.
La nave Gregoretti ormeggiata al porto di Napoli – Fonte: Wikimedia
La nave Gregoretti ormeggiata al porto di Napoli – Fonte: Wikimedia

L’udienza preliminare del caso Gregoretti

L’udienza preliminare per il caso Gregoretti è stata lunga e articolata: è durata sette mesi e si è svolta nell’arco di otto udienze, durante le quali sono stati ascoltati come testimoni vari soggetti, tra cui l’allora presidente del Consiglio Conte e altri ministri. In più, l’udienza preliminare per il caso Gregoretti è sembrata non solo basarsi su elementi di tipo processuale, come dovrebbe essere, ma in qualche modo è entrata anche nel “merito” della vicenda. 

Questo è stato determinato dal fatto che, come si legge nella sentenza del Gup, la «memoria depositata da parte dell’imputato [Salvini, ndr] poco prima dell’udienza preliminare del 3 ottobre 2020» ha fornito allo stesso Gup «una serie di elementi di indubbio rilievo probatorio, adeguatamente supportati da dati documentali», non esaminati dal Tribunale dei Ministri di Catania, che si era espresso per l’incriminazione del ministro. Pertanto, il Gup ha disposto la raccolta di prove delle quali «appariva evidente la decisività» e questo ha reso particolarmente lunga la fase preliminare del caso Gregoretti.

Nonostante l’udienza preliminare sia apparsa come una sorta di pre-dibattimento, il Gup ha ribadito che il suo ruolo – come stabilito dalla Corte di Cassazione, citata nella sentenza non è «quello di verificare l’innocenza (se non evidente) o la colpevolezza» dell’imputato. Come abbiamo accennato prima, l’udienza preliminare, infatti, «è stata concepita non come strumento di accertamento della verità materiale, ma come fase» tesa esclusivamente a «scongiurare la celebrazione di un dibattimento superfluo, operando una verifica su di un piano squisitamente processuale».

Dunque, solo su questo piano il giudice vaglia se le prove acquisite a carico dell’indagato risultano insufficienti, contraddittorie o, comunque, inidonee a sostenere l’accusa in giudizio. In questo modo esprime una valutazione sull’inutilità del dibattimento, senza pronunciarsi sulla colpevolezza dell’imputato. Il Gup coinvolto nel caso Gregoretti, ritenendo che gli elementi già proposti dal Tribunale dei Ministri fossero tali da non supportare l’accusa a Salvini, ha fermato il procedimento penale alla fase preliminare. Di conseguenza non si è entrati nella fase del dibattimento, quindi nel giudizio vero e proprio. Insomma, a differenza di quanto emerge dalle parole del leader della Lega, un processo sul caso Gregoretti non c’è stato.

Le conclusioni della sentenza Gregoretti

Il richiamo del Gup alla Corte di Cassazione, che esclude qualunque vaglio da parte del Gup stesso sulla colpevolezza o sull’innocenza dell’imputato, non ha dissipato l’impressione che comunque il Gup del Tribunale di Catania abbia valutato, in qualche modo, il merito delle accuse. Lo stesso giudice, nelle conclusioni della sentenza di non luogo a procedere, ha scritto che la condotta di Salvini doveva essere ritenuta non penalmente rilevante «anche in un’ottica di giustizia sostanziale». Questo in quanto «l’ampia istruttoria portata a compimento (…) ha consentito di esplorare le vicende processuali nella loro interezza e, conseguentemente, l’ulteriore vaglio di un altro giudice sarebbe del tutto inutile». 

Il Gup ha affermato poi che «gli elementi acquisiti si pongono in termini di assoluta chiarezza e completezza in merito alla insussistenza del delitto ipotizzato a carico dell’imputato», e pertanto ha adottato una formula liberatoria più favorevole rispetto a quella proposta dalla difesa di Salvini. Quest’ultima aveva chiesto che il sequestro di persona, non disconosciuto dalla difesa stessa, fosse ritenuto “giustificato” in quanto il ministro avrebbe agito nell’esercizio di un diritto o, comunque, nell’adempimento di un dovere (articolo 51 del codice penale). Il Gup è andato oltre, reputando che a Salvini non potesse essere addebitata «alcuna condotta finalizzata a sequestrare i migranti per un lasso di tempo giuridicamente apprezzabile».

Tiriamo le somme

Ricapitolando: da un lato, quando Salvini dice che un giudice di Catania l’ha valutato come non colpevole di sequestro di persona, per cui si aspetta che anche quello di Palermo adotti una decisione uguale, dice una cosa scorretta. Come spiegato, la sentenza di non luogo a procedere non è una sentenza di assoluzione, come lascia intendere il ministro dell’Interno, e non è arrivata al termine di un processo. La sentenza del Gup di Catania non accerta la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, ma solo l’infondatezza dell’accusa. 

Dall’altro lato, però, Salvini dice una cosa che può apparire corretta: siccome le valutazioni compiute dal Gup di Catania sono parse andare oltre quelle proprie dell’udienza preliminare, il leader della Lega le cita come se fossero le conclusioni di un giudizio vero e proprio.

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