Il 15 novembre, ospite di Agorà su Rai3, il leader della Lega Matteo Salvini ha detto (min. 9:07) che «alcuni giudici in Italia fanno politica». A sostegno della sua dichiarazione, il vicepresidente del Consiglio ha portato un esempio concreto: «Un giudice questa settimana non è stato in grado di tenere in carcere un cittadino straniero trovato con 11 chili di cocaina in macchina, a Brescia, per un errore formale di traduzione. Questo tizio è fuori [dal carcere, ndr]». Il leader della Lega aveva già fatto lo stesso esempio due giorni prima, ospite a Otto e mezzo su La7, leggendo il titolo di un articolo pubblicato su Il Giornale: «Brescia: “Non capisce l’italiano”. E il giudice di Brescia libera il pusher albanese trovato con 11 chili di cocaina in macchina». «Se un giudice non riesce a tenere in carcere un tizio con 11 chili di cocaina in macchina, è colpa di Salvini o di quel giudice che non riesce a fare il suo mestiere?», ha aggiunto il leader della Lega.

Se si legge l’articolo pubblicato su Il Giornale, citato da Salvini, si scopre che le cose sono andate un po’ diversamente rispetto a quanto dichiarato dal vicepresidente del Consiglio, e che l’arrestato in questione non è stato scarcerato. Ma procediamo con ordine.

A fine ottobre un cittadino albanese è stato fermato dalla Guardia di Finanza a Torbole Casaglia, comune della provincia di Brescia in cui è residente, mentre a bordo della sua auto trasportava oltre 11 chilogrammi di cocaina. Il cittadino è stato poi portato nel carcere di Brescia. Come ha spiegato il quotidiano Libero, con un’ordinanza di custodia cautelare il giudice per le indagini preliminari (Gip) ha disposto che il cittadino rimanesse in carcere perché c’era il rischio di reiterazione del reato. Il «quantitativo di droga trovato», secondo il Gip, era «indicativo di profondi rapporti con alte sfere del narcotraffico». Per questo motivo il cittadino arrestato doveva rimanere in prigione. Curiosità: nel 2022 la Lega di Salvini ha promosso un referendum che chiedeva di togliere proprio la reiterazione del reato dalle motivazioni per cui si può disporre la custodia cautelare.

L’avvocato del cittadino arrestato ha però fatto ricorso al Tribunale del riesame, l’organismo che può convalidare o annullare l’ordinanza di custodia cautelare disposta dal Gip. L’avvocato ha chiesto che il suo assistito fosse liberato facendo leva su due motivi: da un lato, nell’interrogatorio di garanzia (quello in cui l’arrestato espone le sue ragioni) era stato usato «come interprete un altro detenuto albanese anziché un professionista»; dall’altro lato, l’ordinanza di custodia cautelare non era stata tradotta in albanese. Il Tribunale del riesame ha accettato il ricorso dell’avvocato, ma come vedremo tra poco questo non significa che l’arrestato sia stato scarcerato.

Secondo il Tribunale del riesame, infatti, «il Gip, al momento dell’udienza di convalida era a conoscenza che l’indagato non conosceva la lingua italiana e, a comprova di ciò, celebrava udienza di convalida avvalendosi di un interprete rintracciato, stante la tempistica ristretta imposta dalla necessità di provvedere alla convalida dell’arresto, fra i detenuti della casa circondariale di Brescia, previamente verificando la mancanza di ragioni di incompatibilità». «L’ordinanza restrittiva, emessa successivamente all’udienza di convalida, non veniva tradotta in lingua albanese, di talché consegue la nullità della stessa», ha aggiunto il Tribunale del riesame. Nel 2023 la Corte di Cassazione ha stabilito che l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imputato straniero, «ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità».

A differenza di quanto dichiarato in tv da Salvini, però, il cittadino albanese non è stato scarcerato, come hanno chiarito nei loro articoli sia Il Giornale sia Libero. La scarcerazione, infatti, è stata evitata perché è stata predisposta una nuova ordinanza, con la traduzione in albanese, e così il cittadino albanese è rimasto in carcere. Il suo avvocato ha comunque annunciato un nuovo ricorso, per contestare la mancanza della flagranza di reato.