Davvero la Commissione Ue ha bocciato la riforma del premierato?

Questa accusa è stata mossa da alcuni esponenti dell’opposizione, ma senza particolare fondamento
ANSA/ETTORE FERRARI
ANSA/ETTORE FERRARI
Nelle scorse ore alcuni esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle hanno scritto sulle loro pagine social che la Commissione europea ha criticato la riforma costituzionale con cui il governo Meloni vuole introdurre l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Secondo questi parlamentari, in un nuovo rapporto la Commissione Ue ha bocciato la riforma del premierato, così come è comunemente chiamata la riforma costituzionale, evidenziandone gli effetti negativi. Abbiamo letto che cosa c’è scritto nel rapporto pubblicato dalla Commissione e le cose non stanno proprio così.

Che cosa dice la relazione

Il documento a cui fanno riferimento alcuni parlamentari dell’opposizione è la “Relazione sullo Stato di diritto 2024” nell’Unione europea, pubblicata lo scorso 24 luglio. In questa relazione annuale, la cui prima edizione è del 2020, la Commissione Ue analizza il rispetto del cosiddetto “Stato di diritto” negli Stati membri, ossia il principio in base al quale tutti i soggetti pubblici e privati devono essere legati al rispetto della legge, sotto la giurisdizione di corti indipendenti, a prescindere della maggioranza politica in carica. 

La relazione si articola su quattro temi: i sistemi giudiziari nazionali, i quadri anticorruzione, la libertà e il pluralismo dei media e altre questioni istituzionali relative al bilanciamento dei poteri. Vediamo, punto per punto, che cosa ha scritto la Commissione Ue sulla riforma costituzionale del premierato e che cosa non torna nelle dichiarazioni fatte da alcuni politici dell’opposizione.

Nella relazione generale, dove la Commissione Ue passa in rassegna i vari temi dello Stato di diritto, una breve sezione è dedicata alle riforme costituzionali che nei Paesi Ue possono avere «un impatto sui controlli e gli equilibri istituzionali». Qui una breve frase è dedicata al nostro Paese: «In Italia il governo ha presentato al Parlamento un progetto di riforma costituzionale, con l’obiettivo di garantire una maggiore stabilità di governo». La stessa frase è presente nella relazione dedicata all’Italia (qui si può scaricare il testo in italiano), in apertura di un paragrafo che si occupa interamente della riforma del premierato. 

In questo paragrafo la Commissione Ue si è limitata a riassumere il percorso fatto finora in Parlamento dalla riforma, che «prevede una nuova procedura di selezione del presidente del Consiglio», eletto «a suffragio universale con voto popolare in concomitanza con le elezioni politiche». In più la Commissione ha sintetizzato le novità principali contenute nella riforma, tra cui quella che riguarda la modifica dell’articolo 92 della Costituzione. «Con questa riforma non sarebbe più possibile per il presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare presidente del Consiglio una persona esterna al Parlamento», ha scritto la Commissione, aggiungendo nella conclusione del paragrafo: «Alcuni portatori di interessi hanno espresso preoccupazioni in merito alle proposte modifiche dell’attuale sistema di bilanciamento dei poteri istituzionali, oltre a nutrire dubbi sul fatto che riescano ad apportare maggior stabilità».

In una nota a piè di pagina, come fonte di questi «dubbi» la Commissione Ue ha citato l’Associazione Italiana dei Costituzionalisti (AIC), che come spiega il suo sito ufficiale è nata nel 1985 per «favorire l’approfondimento dello studio e dei metodi d’insegnamento del diritto costituzionale, promuovendo e coordinando incontri tra studiosi e ricerche collettive». L’elenco dei soci di questa associazione contiene i nomi di famosi costituzionalisti, tra cui quello dell’ex presidente della Corte Costituzionale ed ex ministra della Giustizia Marta Cartabia. 

La nota nella relazione sullo Stato di diritto in Italia specifica che secondo l’AIC – dunque non secondo la Commissione Ue – con la riforma del premierato «il ruolo del presidente della Repubblica risulterebbe indebolito rispetto all’attuale assetto istituzionale, in particolare per quanto riguarda la gestione delle crisi di governo». «Preoccupazioni in merito all’impatto del progetto di riforma sul sistema di bilanciamento dei poteri sono state espresse nel corso del dibattito parlamentare anche da alcuni membri della maggioranza di governo», si legge ancora nella nota. «Preoccupa, tra l’altro, il fatto che il progetto demandi alla legislazione ordinaria la definizione di alcuni aspetti chiave connessi alla riforma (per esempio, la legge elettorale) il cui testo o i cui principi di base non sono stati pubblicati». Se la riforma costituzionale sarà approvata in via definitiva, infatti, il Parlamento dovrà poi approvare una specifica legge elettorale per regolare il sistema per l’elezione del Parlamento e del presidente del Consiglio, assegnando ai partiti che sostengono il presidente del Consiglio eletto un numero di seggi sufficiente per avere la maggioranza in Parlamento. Questo numero di seggi si chiama “premio di maggioranza” e dovrà essere assegnato «nel rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche».

Le raccomandazioni dell’Ue

Quelli appena visti sono gli unici riferimenti alla riforma del premierato contenuti nella relazione dedicata all’Italia, che è accompagnata anche da una serie di raccomandazioni. Nello specifico, la Commissione Ue ha chiesto al nostro Paese di intervenire su sei questioni, nessuna delle quali però riguarda la riforma costituzionale sull’elezione diretta del presidente del Consiglio. 

La Commissione Ue ha infatti raccomandato all’Italia di «proseguire gli sforzi per migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione dei tribunali e delle procure penali»; di «adottare la proposta di legge in sospeso sul conflitto di interessi e adottare norme sulle attività di lobbying»; di «introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sui finanziamenti ai partiti»; di «proseguire l’iter legislativo della bozza di riforma sulla diffamazione, sulla tutela del segreto professionale e sulle fonti giornalistiche, evitando qualsiasi rischio di impatto negativo sulla libertà di stampa e assicurandosi che tenga conto degli standard europei sulla tutela dei giornalisti»; di «garantire l’esistenza di regole o meccanismi per fornire ai media del servizio pubblico finanziamenti adeguati alla realizzazione del loro mandato di servizio pubblico e per garantirne l’indipendenza»; e di «intensificare gli sforzi per creare un’istituzione nazionale per i diritti umani che tenga conto dei principi di Parigi delle Nazioni Unite». Questa istituzione (chiamata in inglese National Human Rights Institution e abbreviata con la sigla “NHRI”) è un’organizzazione indipendente che gli Stati devono creare dandole il compito di tutelare e promuovere i diritti umani, rispettando i citati principi di Parigi adottati nel 1993. 

Ricapitolando: nella sua relazione sullo Stato di diritto la Commissione Ue non ha preso esplicitamente posizione contro la riforma del premierato, ma ha elencato i contenuti della riforma e varie critiche mosse da alcuni costituzionalisti.

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