Così Renzi ha più poteri su Italia viva grazie al nuovo statuto

Da dicembre il leader è diventato presidente del suo partito, con maggiori possibilità di controllo rispetto ai suoi predecessori
Ansa
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Secondo vari esponenti di Azione, il fallimento del progetto di formare un partito unico con Italia viva dipenderebbe, tra le altre cose, dal fatto che Matteo Renzi abbia assunto un ruolo ancora più centrale all’interno del suo partito. In effetti il nuovo statuto di Italia viva, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 19 aprile, seppure sia in larga parte identico a quello precedente del 2019, contiene alcune novità inserite per conferire maggiori poteri a Renzi.

Una delle modifiche principali del nuovo statuto riguarda proprio la figura del presidente del partito, incarico ricoperto dallo scorso dicembre dallo stesso Renzi. Prima i presidenti di Italia viva erano due: l’ex ministra Teresa Bellanova e l’attuale deputato Ettore Rosato. A settembre 2019, quando è nata Italia viva, Renzi aveva dichiarato che ogni incarico nel nuovo partito avrebbe avuto la regola della parità di genere: «donna e uomo, uomo e donna». Ora le cose sono cambiate. 

«Ci siamo limitati a superare il dualismo dei presidenti: questo perché, sul piano sostanziale, il rappresentante legale del partito può essere soltanto una persona», ha spiegato a Pagella Politica Francesco Bonifazi, deputato e tesoriere di Italia viva. Bonifazi ha precisato che il nuovo statuto è stato votato «dal 70 per cento degli aventi diritto con il 99,57 per cento dei voti favorevoli e lo 0,43 dei voti contrari». 

In base al nuovo statuto il presidente di Italia viva è eletto dall’assemblea nazionale, resta in carica cinque anni (uno in più rispetto al 2019) e può essere rieletto. In concreto Renzi rappresenta e dirige il partito, convoca e presiede le riunioni dell’assemblea, del comitato e del congresso. Al comma 4 dell’articolo 10 si legge che al presidente spetta la gestione di «ogni attività relativa ai contributi, rimborsi, benefici e finanziamenti elettorali ricevuti, pubblici e privati, ivi incluso l’eventuale trasferimento di tali importi a partiti o movimenti che hanno promosso il deposito congiunto del simbolo e della lista da parte» di Italia viva. Dunque sarà Renzi a gestire la componente economica del partito e ad amministrarla secondo «le indicazioni del comitato», un organo di indirizzo politico composto, tra gli altri, da 50 membri eletti dall’assemblea su un elenco proposto dal presidente stesso.

I poteri di nomina

In questo caso il potere di nomina assegnato a Renzi è maggiore rispetto a quello di cui disponevano i suoi predecessori Bellanova e Rosato. I maggiori poteri si notano anche in altri articoli dello statuto, come l’articolo 14, che riguarda i cosiddetti “comitati di garanzia di prima e seconda istanza”, organismi che possono assegnare sanzioni agli associati che violano le regole dello statuto. Nel primo statuto del partito questi comitati erano composti rispettivamente da quattro e otto associati «eletti dall’assemblea a scrutinio segreto con voto limitato o per acclamazione con voto palese». Con il nuovo statuto i comitati sono eletti dall’assemblea, ma su un elenco proposto dal presidente «nel rispetto dell’equilibrio di parità tra i generi». Insomma, sarà Renzi ad avere maggiore voce in capitolo su quali associati potranno o meno ricevere una sanzione dal partito.

Un’altra modifica rilevante riguarda la cosiddetta “cabina di regia”, che fa parte del comitato e che, con specifiche funzioni esecutive, assiste il presidente. Ne fanno parte i capigruppo di Camera e Senato, i capi delegazione, gli eventuali ministri del governo membri di Italia viva e un massimo di 12 componenti scelti dal presidente, che rimangono in carica per cinque anni. L’articolo 10 del vecchio statuto non menzionava i componenti di questo organo ausiliario, tantomeno quelli scelti dal presidente. Anche questo organo di partito potrebbe essere composto da una maggioranza scelta da Renzi.

Per quanto riguarda i coordinatori territoriali del partito, il testo ha mantenuto la forma originaria. Il presidente può sempre nominarne due, un uomo e una donna, per ciascun coordinamento territoriale, ratificati con voto dal comitato. In totale i coordinatori territoriali sono 240 provinciali e 40 regionali.

L’assemblea e il processo decisionale

L’assemblea di Italia viva è composta da 540 membri e, diversamente da altri partiti, non è eletta dal congresso. Oltre al presidente stesso, che la convoca due volte all’anno, ai componenti del comitato, al tesoriere e agli ex presidenti del Consiglio dei ministri, tra i membri ci sono gli europarlamentari, i parlamentari, i membri del governo, eventuali presidenti di regione, gli assessori regionali e i consiglieri regionali di Italia viva. A tutti questi si aggiunge infine una quota, corrispondente al 56 per cento del totale, nominata direttamente dal presidente: 150 amministratori locali e 150 associati ed esponenti della società civile. Di nuovo, nell’assemblea del partito la maggioranza dei componenti sarà decisa direttamente dal presidente Renzi. 

Sulla base dell’articolo 8 comma 5, l’assemblea può sfiduciare il presidente «su mozione motivata sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti, approvata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti». È una modifica sostanziale rispetto al vecchio statuto, che non richiedeva la firma di almeno 108 membri dell’assemblea. Per maggioranza assoluta s’intende la metà più uno degli aventi diritto al voto. Ciò significa che il raggiungimento del quorum, ossia 271 voti favorevoli, dipenderebbe in parte dalle scelte dei 300 membri di nomina presidenziale. Secondo Bonifazi il potere di nomina di Renzi non comprometterebbe la democraticità del processo decisionale dell’assemblea. «Non può sfuggire il fatto che 150 tra i membri sono amministratori, ossia soggetti che per definizione, funzione e natura sono assolutamente indipendenti e non certo condizionabili», ha commentato il tesoriere di Italia viva.

Dubbi simili sorgono leggendo l’articolo 8, comma 8.8, per cui «le deliberazioni di modifica dello Statuto devono essere approvate con il voto favorevole di almeno il 60 per cento degli aventi diritto» dell’assemblea. Se la quota nominata dal presidente – quasi i due terzi dell’assemblea – si opponesse a qualsiasi modifica, rischia di venire meno la tutela dei diritti delle minoranze negli organi collegiali, sancita dall’articolo 3 comma 4.

Per Bonifazi «la garanzia per le minoranze è una garanzia autoimposta dall’associazione» Italia viva. Secondo il tesoriere del partito «vengono garantite le minoranze a prescindere dal fatto che esse abbiano i numeri per trovare rappresentanza». In altri termini, ha spiegato il deputato, «è una norma di salvaguardia che viene mutuata da tantissime altre associazioni e partiti ed è proprio una tutela di quelle minoranze che non hanno una possibilità di avere rappresentanza negli organismi dei partiti».

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