Il 15 ottobre 2019 Matteo Salvini e Matteo Renzi, ospiti di Bruno Vespa a Porta a Porta, hanno parlato, tra le altre cose, anche di pubblica amministrazione.

Nell’affrontare questo tema, il leader di Italia Viva ha chiesto (min. 01:05:06) l’intervento del fact-checking sull’oggetto della disputa, e cioè chi sia il responsabile del blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione. Abbiamo risposto all’appello di Renzi (anche se con un po’ di ritardo vista la complessità dell’argomento).

La legge Madia è o no la responsabile del blocco del turnover della pubblica amministrazione? Che cosa avevano fatto i precedenti governi? Davvero la maggioranza M5s-Lega ha garantito un turnover al 100 per cento?


– Leggi anche: Salvini contro Renzi: il fact-checking


Madia sì, Madia no

Nella parte conclusiva della trasmissione, Matteo Salvini ha rivendicato (min. 01:03:57) un successo del governo Conte I: lo sblocco del cosiddetto turnover, ovvero le assunzioni nella pubblica amministrazione in sostituzione del personale andato in pensione, che «i governi del Pd avevano bloccato».

Matteo Renzi è però intervenuto sostenendo (min: 01:04:08) che si tratta di «una falsità». Renzi ha detto che il Pd ha fatto l’esatto opposto e che, con la legge Madia, ha «sbloccato» il turnover della pubblica amministrazione precedentemente fermato per responsabilità del centrodestra e, nello specifico, «di Tremonti» (min: 01:05:00).

Salvini però non ha mollato: «Chiunque ci guarda lo sa: […] la legge Madia ha bloccato le assunzioni. Punto, a capo» (min. 01:05:42).

Lo scambio è rimasto senza una conclusione chiara, con due versioni opposte presentate ai telespettatori. Come stanno davvero le cose?

Come vedremo, entrambi i leader sono imprecisi. Non è infatti vero che la legge Madia ha bloccato le assunzioni della pubblica amministrazione, dato che è intervenuta soprattutto sulla stabilizzazione dei contratti di lavoro dei dipendenti già assunti piuttosto che sul turnover. D’altra parte, il governo Conte I ha sì garantito un turnover al 100 per cento ma, al momento, solo sulla carta.

Chi ha bloccato il turnover

Sulle assunzioni nella pubblica amministrazione si interviene da molti anni in senso restrittivo. Luigi Oliveri, dirigente amministrativo di Veneto Lavoro, autore di pubblicazioni in materia di pubbliche amministrazioni e collaboratore del blog di divulgazione economica Phastidio, ci ha segnalato che il primo consistente blocco delle assunzioni risale a oltre quindici anni fa, e per la precisione al governo Berlusconi II (legge finanziaria per il 2003, art. 34 comma 3 legge 289/2002).

Secondo Oliveri, poi, i blocchi delle assunzioni della pubblica amministrazione «si sono di fatto mantenuti costanti fino al 2018, anno nel quale hanno perso effetto le varie leggi che li hanno introdotti e disciplinati». Sul punto concorda anche Giuliano Fonderico, ricercatore di diritto amministrativo presso l’Università Luiss, secondo il quale «le scadenze, diciamo così, naturali» delle varie misure introdotte negli anni «sarebbero arrivate al 2018».

Renzi parla, però, nello specifico di Giulio Tremonti, ministro dell’Economia e delle Finanze durante il governo Berlusconi IV, dal maggio 2008 al novembre 2011. Che cosa è successo in quegli anni?

Con il d.l 112/2008 il governo Berlusconi IV è intervenuto in materia di turnover della pubblica amministrazione, modificando quanto stabilito qualche mese prima dalla legge finanziaria del 2008, approvata dal governo Prodi II (in carica dal 28 aprile 2006 dal 6 febbraio 2008).

Stando a quanto previsto dal governo Prodi II, per il 2010 erano state autorizzate per le amministrazioni pubbliche con il limite di una spesa del 60 per cento rispetto ai pensionamenti dell’anno precedente (art. 3 comma 102 legge 244/2007), più alcune risorse aggiuntive «per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza» (art. 3 comma 104).

Con l’arrivo del governo Berlusconi IV (e Giulio Tremonti) però qualcosa cambiò, stabilendo una situazione che sarebbe durata per circa un decennio. Infatti, di lì a poco sarebbe arrivata la crisi economica e finanziaria – divenuta evidente negli Usa con il fallimento di Lehman Brothers a settembre 2008 – e in molti Paesi, tra cui anche l’Italia, il contenimento della spesa pubblica è stato uno dei principali ambiti di intervento delle politiche governative (qui alcuni studi sul tema).

A giugno 2008, con il d.l 112/2008 – decreto presentato, tra gli altri, anche da Tremonti – il governo Berlusconi IV intervenne su quanto stabilito da Prodi. Per il 2010 e il 2011, le amministrazioni pubbliche potevano procedere per ogni anno «ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale dell’anno precedente». Dal 60 al 20 per cento: una notevole riduzione rispetto a quanto stabilito dalla finanziaria per il 2008.

Inoltre, poiché ancora in vigore il calcolo in base alla quantità di personale – che è stato poi eliminato dal governo Renzi con il d.l. 90/2014 – «il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità cessate nell’anno prima». Per il 2012, poi, le assunzioni a tempo indeterminato vedevano il proprio limite innalzarsi al 50 per cento (sia per le spese, sia per unità di personale).

Facciamo quindi il punto.

Una tendenza alla riduzione delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni sembra avere origini più antiche rispetto al periodo in carica di Giulio Tremonti, risalendo ai primi anni Duemila. È vero però che il governo Berlusconi IV, nel 2008, abbia dato una stretta decisiva alle possibilità di accesso di nuovo personale nella pubblica amministrazione.

Stando infatti alla finanziaria del 2008 promulgata dal governo Prodi II, per il 2010 era stato previsto un turnover della pubblica amministrazione pari al 60 per cento della spesa. Con il governo Berlusconi IV, e l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per il 2010 e il 2011 la soglia di assunzioni delle amministrazioni pubbliche venne abbassata al 20 per cento, con la previsione poi di una risalita al 50 per cento dal 2012 in poi.

Che cosa è successo qualche anno dopo

Passiamo ora al governo Renzi: che cosa venne previsto per quanto riguarda il turnover della pubblica amministrazione?

Il primo passo rilevante fu un decreto del 2014. Marianna Madia, ministro per la Pubblica amministrazione per il governo Renzi, era tra i firmatari del d.l. 90/2014, poi convertito nella legge 114/2014. Il decreto, secondo Oliveri, «aveva tentato di disegnare un progressivo ritorno ad un turnover del 100 per cento». Fino a quel momento, il turnover era limitato al 20 per cento del costo del personale cessato l’anno precedente.

Con la legge del 2014, lo Stato prevedeva (art. 3) il graduale aumento del turnover. Dal 20 per cento del 2014 si sarebbe passati al 40 per cento nel 2015, al 60 per cento nel 2016, all’80 per cento nel 2017 e al 100 per cento dal 2018. Per gli enti locali, invece, la misura era passata al 60 per cento nel 2014 per poi salire all’80 per cento nel 2016 e nel 2017 e al 100 per cento dal 2018.

Le cose però non andarono proprio così.

Come ha evidenziato Oliveri, le previsioni non si sono realizzate nel concreto. Nel 2015 le assunzioni furono bloccate e, per il 2016, venne introdotto un tetto massimo di assunzioni pari al 25 per cento dei contratti della pubblica amministrazione cessati nell’anno precedente. Poi, per alcuni enti locali che godevano di particolari indici di salute finanziaria, vennero autorizzate per il 2017 assunzioni fino al 75 per cento del costo delle cessazioni dell’anno precedente.

La (travagliata) storia della legge Madia

Arriviamo ora alla “legge Madia” (124/2015) vera e propria cui fa riferimento Matteo Renzi. Si tratta di una legge di delega: in questi casi il Parlamento fissa con la legge dei principi generali e poi delega il governo a emanare le norme di dettaglio con dei decreti.

La legge Madia è stata emanata sotto il governo Renzi e riguarda la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Nel novembre 2015, però, la legge Madia è stata in parte giudicata incostituzionale (sentenza 251 del 2016 della Corte Costituzionale) su ricorso della Regione Veneto. Così come era stata emanata, secondo la Consulta, la legge avrebbe recato danno all’autonomia delle regioni.

Veniva infatti previsto che i decreti attuativi venissero «adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è l’intesa, ma il semplice parere, non idoneo a realizzare un confronto autentico con le autonomie regionali». Secondo la Corte Costituzionale, lo Stato doveva prevedere «adeguati strumenti» per coinvolgere maggiormente le regioni e gli enti locali così da riconoscerne e difenderne ruolo e competenze.

Così è stato fatto. Nel 2017 sono stati emanati infatti tre decreti correttivi della riforma Madia: il dlgs. 118/2017 sul licenziamento disciplinare, il d.lgs. 126/2017 sulla dirigenza sanitaria e il d.lgs. 100/2017 sul testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Nella versione riveduta e corretta, che cosa è cambiato con la Madia per i dipendenti della pubblica amministrazione?

Il turnover con la legge Madia

Il decreto legislativo 75/2017, adottato in base alla delega al governo contenuta nella legge Madia, è stato il principale strumento legislativo con cui è stato rivisto il Testo unico del pubblico impiego.

Il decreto ha previsto, nell’ambito delle assunzioni della Pa, due differenti percorsi: la stabilizzazione dei dipendenti pubblici che rispettassero alcuni requisiti e la nascita di concorsi riservati (in misura non superiore al 50 per cento dei posti disponibili) destinati ai precari della pubblica amministrazione.

In entrambi i casi, i dipendenti pubblici dovevano rispettare alcuni requisiti come, ad esempio, tre anni di servizio presso l’amministrazione pubblica (anche non continuativi) negli ultimi 8 anni; essere già in servizio a tempo determinato al momento dell’entrata in vigore della legge Madia; essere stati precedentemente assunti tramite un concorso in un’amministrazione pubblica per svolgere mansioni simili.

Come ha precisato Luigi Oliveri a Pagella Politica, il d.lgs 75/2017 di per sé «non ha inciso in maniera particolare sul regime delle assunzioni, se non perché ha previsto per un triennio la possibilità di stabilizzare precari e, sempre per un triennio, di attivare concorsi riservati al personale interno, per “promuoverli” verso categorie di inquadramento più elevate».

Dunque, con la legge 114/2014, promossa – tra gli altri – anche da Marianna Madia, non sono stati introdotti particolari cambiamenti per quanto riguarda il turnover della Pa: le successive leggi di Bilancio hanno di fatto vanificato quanto previsto.

Con la riforma Madia del 2015, poi, lo Stato non ha inciso particolarmente sul turnover, dal momento che si trattava di stabilizzare chi già era all’interno della pubblica amministrazione piuttosto che assumere nei diversi settori personale ex novo.

Che cosa ha fatto il governo Conte I

Che cosa è successo con il governo Conte I? Lo sblocco del turnover di cui Salvini rivendica i meriti è all’interno del “ddl Concretezza” (legge 56/2019) approvato a giugno 2019.

Il ddl Concretezza ha autorizzato (art. 3 comma 1), l’assunzione «di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 100 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente».

Come spiegato da Luigi Oliveri a Pagella Politica, il turnover del governo Conte I non è connesso «alle “teste” dei dipendenti cessati o al loro costo, bensì ad un rapporto virtuoso tra spesa complessiva del personale, al lordo degli oneri riflessi, e la media delle entrate correnti dell’ultimo triennio», calcolate con alcuni aggiustamenti a seconda della situazione finanziaria degli enti locali.Ma al momento le regioni non possono procedere con l’assunzione di personale poiché mancano i decreti attuativi, indispensabili secondo quanto disposto dall’art. 33 del decreto Crescita.

In generale, come osservato da Giuliano Fonderico della Luiss, nelle assunzioni a livello statale o locale «le discipline spesso sono state differenti» e per alcuni settori come, ad esempio, «le assunzioni nei corpi di polizia/pubblica sicurezza», la scuola o il servizio sanitario nazionale, i governi hanno spesso introdotto delle deroghe speciali.

In conclusione

Il blocco del turnover della pubblica amministrazioni ha origini precedenti rispetto a quelle rivendicate da Matteo Renzi. Secondo Luigi Oliveri, dirigente amministrativo di Veneto Lavoro e autore di diverse pubblicazioni in tema di pubblica amministrazione, fin dal governo Berlusconi II nel 2002 la pubblica amministrazione ha vissuto una riduzione del suo turnover.

È poi vero che con il governo Berlusconi IV e con Giulio Tremonti al Ministero dell’Economia, il turnover della pubblica amministrazione ha vissuto un decisivo “blocco” rispetto a quanto precedentemente previsto. Se, infatti, con la finanziaria per il 2008 del governo Prodi II si parlava per il 2010 di un turnover del 60 per cento, con Tremonti si è passati al 20 per cento.

Per quanto riguarda, poi, gli interventi sotto il governo Renzi, nel 2014 era stato previsto – con l’intervento dell’allora ministro Marianna Madia – un progressivo sblocco del turnover (dal 20 per cento di quell’anno al 100 per cento del 2018) che però non ha avuto l’esito sperato, bloccato da misure successe. È vero che, con la riforma Madia del 2015 e il decreto attuativo del 2017, lo Stato ha stabilizzato i contratti di coloro che erano già all’interno della pubblica amministrazione, ma questo non ha inciso in modo rilevante sul turnover, cioè sul numero totale di nuove assunzioni rispetto ai pensionamenti.

Infine, guardando al governo Conte I, con il decreto Crescita è stato di fatto autorizzato il turnover al 100 per cento calcolato non sulle “teste” del personale ma sulla base di un calcolo tra la spesa complessiva del personale e la media delle entrate dell’ultimo triennio. Ricordiamo, però, come ad oggi la misura non sia in vigore poiché mancano i decreti attuativi.

Il verdetto

Salvini e Renzi meriterebbero due “Nì”. Se è vero che Tremonti (con il governo Berlusconi IV del 2008) è responsabile di una netta riduzione delle possibilità di turnover della pubblica amministrazione (dal 60 per cento al 20 per cento) è anche vero che la riforma Madia ha inciso poco sull’effettivo turnover del personale e di più sulla stabilizzazione dei contratti già in essere.