Renzi deve scegliere tra l’Arabia Saudita e il Parlamento Ue?

Se fosse eletto alle elezioni europee e accettasse il seggio, il leader di Italia Viva dovrebbe rispettare le norme sul conflitto di interessi del codice di condotta
ANSA
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Fino a oggi il presidente di Italia Viva Matteo Renzi è stato l’unico leader di partito, tra i principali in Parlamento, ad aver annunciato la sua candidatura alle elezioni europee di giugno 2024. «Se vado in Europa, ci rimango», ha dichiarato (min. 15:57) Renzi il 15 febbraio, ospite a Otto e mezzo su La7, confermando che rinuncerà alla carica di senatore in caso di elezione al Parlamento europeo, vista l’incompatibilità tra i due ruoli. 

Da alcune settimane Carlo Calenda, ex alleato di Renzi, sta però mettendo in dubbio le reali intenzioni del leader di Italia Viva. «Il codice etico dell’Unione europea impedirebbe a Matteo Renzi di seguire qualunque dossier», ha detto (min. -7:02) il segretario di Azione il 16 febbraio, ospite a Omnibus su La7, facendo riferimento alle attività di conferenziere del leader di Italia Viva, in particolare quelle in Arabia Saudita. «Renzi ha spiegato che si candiderà ovunque ma poi non andrà in Ue e del resto ha conflitti di interesse che in Ue, a differenza dell’Italia, non vengono tollerati, a partire dall’essere pagato da un regime totalitario e oscurantista sui diritti civili, come l’Arabia Saudita», aveva già dichiarato Calenda il 10 febbraio in un’intervista con la Repubblica. Alcuni giorni prima, il 23 gennaio, il leader di Azione aveva espresso (min. -9:34) lo stesso concetto a Coffee Break su La7: «Renzi in Europa non ci andrà mai: il codice etico dell’Ue non gli consentirebbe di svolgere alcun ruolo o funzione, stante che lì i conflitti di interesse vengono presi sul serio».

Che cosa c’è di vero nella previsione di Calenda? Se fosse eletto al Parlamento europeo e non rifiutasse il nuovo incarico, davvero il leader di Italia Viva dovrà scegliere tra il seggio e le sue attività di conferenziere che possono causargli un conflitto di interessi? Punto per punto, vediamo che cosa dicono le regole del Parlamento europeo.

Il codice di condotta del Parlamento Ue

I parlamentari europei sono tenuti a rispettare un regolamento interno e un codice di condotta sull’integrità e la trasparenza. Entrambi sono stati modificati lo scorso novembre, quando il Parlamento europeo ha approvato un inasprimento delle norme sul conflitto di interessi, dopo che alcuni parlamentari, accusati di corruzione, sono finiti al centro del cosiddetto Qatargate

Analizziamo il codice di condotta citato più volte da Calenda nelle ultime settimane per capire se e come sarebbe limitata l’attività extra politica di Renzi all’estero. Ricordiamo che al momento il leader di Italia Viva fa parte del board del Future Investment Initiative Institute, un’organizzazione finanziata dal Public Investment Fund, il fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Negli ultimi anni Renzi ha più volte partecipato a eventi in Arabia Saudita con il principe Mohammed bin Salman. Nel 2023 il leader di Italia Viva ha dichiarato un reddito pari a 3,2 milioni di euro. 

In base all’articolo 1 del codice di condotta, i parlamentari europei devono agire «unicamente nell’interesse generale» e seguire alcuni principi generali di condotta: «condotta disinteressata, integrità, trasparenza, diligenza, onestà, responsabilità e tutela della dignità e del buon nome del Parlamento europeo». 

I parlamentari europei non possono sottoscrivere (art. 2) nessun accordo per agire e votare «nell’interesse di qualsiasi altra persona terza, fisica o giuridica, che potrebbe compromettere la loro libertà di voto». In cambio delle loro attività da componenti del Parlamento europeo non possono accettare nessun «vantaggio diretto o indiretto o gratifiche di altro tipo», sia in natura sia in contanti, e devono cercare «scrupolosamente di evitare qualsiasi situazione che possa comportare corruzione o influenza indebita». In più i parlamentari europei, una volta eletti, si impegnano a non praticare «attività di lobbying remunerate, direttamente connesse al processo decisionale dell’Unione europea».

L’articolo 3 stabilisce che un parlamentare europeo ha un conflitto d’interessi se il suo mandato può essere «indebitamente influenzato da motivi familiari e affettivi», da un interesse economico, o «da qualsiasi altro interesse privato diretto o indiretto». Se un parlamentare europeo trae un vantaggio soltanto in qualità di cittadino o di membro di una categoria più ampia di persone, allora non si configura un conflitto d’interessi. Il codice di condotta specifica che tutti i parlamentari europei devono impegnarsi con «ogni ragionevole sforzo» a individuare eventuali conflitti di interessi che li riguardano e a impegnarsi a risolverli «senza indugio». 

Il codice stabilisce alcuni vincoli per ricoprire una serie di incarichi all’interno del Parlamento europeo. Ogni parlamentare europeo, prima di essere nominato vicepresidente, questore, presidente o vicepresidente di una commissione o di una delegazione parlamentare, deve dichiarare se è consapevole di avere un conflitto di interessi con l’incarico per cui sta per essere nominato. Se ha un conflitto d’interessi, il parlamentare può ricoprire l’incarico soltanto se riceve il via libera dell’organismo di cui fa parte, per esempio una commissione. Lo stesso discorso vale se un parlamentare è proposto in qualità di relatore – il ruolo di chi redige un rapporto con la posizione del Parlamento su una proposta legislativa – o di partecipante a una delegazione ufficiale.

Dunque, se le attività del leader di Italia Viva rientrassero nelle casistiche appena viste, Renzi rischierebbe di dovervi rinunciare. Ma non è finita qui.

Gli articoli 4 e 5 del codice di condotta stabiliscono infatti che tutti i parlamentari europei devono presentare sia una dichiarazione sul proprio patrimonio sia una dichiarazione dettagliata dove, tra le altre cose, devono indicare non solo eventuali conflitti di interessi, ma anche: tutte le attività professionali svolte nei tre anni precedenti all’ingresso nel Parlamento Ue; la partecipazione a consigli di amministrazione di imprese, organizzazioni non governative o associazioni; tutte le attività retribuite svolte in parallelo al mandato da parlamentare europeo, con un valore superiore ai 5 mila euro lordi; e qualsiasi sostegno finanziario, e non solo, ricevuto da terzi in aggiunta ai mezzi forniti dal Parlamento europeo.

I parlamentari europei, in qualità di deputati, non possono poi accettare doni o benefici analoghi se hanno un valore superiore ai 150 euro. Questo vincolo non si applica ai rimborsi per le spese di viaggio e di alloggio quando i parlamentari «partecipano sulla base di un invito e nell’esercizio delle loro funzioni a eventi organizzati da terzi». Tutti questi rimborsi devono comunque essere comunicati alla presidenza del Parlamento europeo.

Il codice di condotta regolamenta (art. 7 e 9) anche gli incontri che possono avere i parlamentari europei. I deputati, infatti, non possono coinvolgere nelle loro attività ex parlamentari europei, il cui mandato è scaduto da meno di sei mesi. In più ogni parlamentare europeo in carica deve comunicare tutti gli incontri con persone che fanno attività di lobbying all’interno dell’Ue. 

Eventuali violazioni del codice di condotta sono esaminate dal Comitato consultivo, un organismo composto da otto parlamentari europei. Se dopo una serie di accertamenti il Comitato stabilisce che un componente del Parlamento ha violato il codice di condotta, può sanzionare il parlamentare ritenuto colpevole. Le sanzioni possono essere varie (art. 176 del regolamento interno del Parlamento): a un parlamentare può essere vietato di rappresentare il Parlamento Ue in una delegazione o in una conferenza; può essere limitato l’accesso a informazioni riservate per un periodo fino a un anno; e può essere negato il diritto all’indennità di soggiorno (350 euro al giorno) per un massimo di due mesi. In più un parlamentare europeo che viola il codice di condotta rischia di essere sospeso temporaneamente dalla partecipazione a tutte le attività del Parlamento, o di uno dei suoi organi, fatto salvo l’esercizio del diritto di voto in aula. Una delle sanzioni più alte è la revoca (art. 21 del regolamento interno) di eventuali incarichi ricoperti all’interno del Parlamento, come quelli di presidente o vicepresidente di commissione.

Ricapitolando: è vero che il Parlamento europeo ha un codice di condotta che tutti i parlamentari devono rispettare per limitare l’eventuale influenza di conflitti di interessi sulla loro attività. Per svolgere appieno il suo mandato di parlamentare europeo, se fosse eletto al Parlamento Ue, Renzi dovrebbe dimostrare che tutte le sue attività, tra cui quelle che riguardano l’Arabia Saudita, non influenzerebbero il suo mandato. Nel caso questo non fosse possibile, potrebbe essere costretto a rinunciare a qualcuna delle sue attività esterne a quelle da parlamentare.

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