L’evasione fiscale in Italia, in cinque grafici

Quante tasse e contributi sono evasi ogni anno? Quali sono le categorie che evadono di più? E come è messa l’Italia in un confronto con il resto d’Europa?
ANSA/FABRIZIO CUSA
ANSA/FABRIZIO CUSA
Di recente il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato la nuova “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale contributiva”, scritta da una commissione di 15 esperti in varie materie, come l’economia, la statistica e il lavoro. I dati della relazione fanno riferimento al 2019, quindi a tre anni fa: per avere stime affidabili sull’evasione fiscale, serve infatti parecchio tempo. La metodologia usata dagli esperti per quantificare quante tasse non sono regolarmente versate allo Stato è complessa. In estrema sintesi, gli esperti hanno analizzato i dati sulla contabilità nazionale, hanno stimato quali sarebbero state le entrate potenziali per il fisco e le hanno confrontate con quelle realmente incassate. Le stime ottenute sono poi aggiornate, una volta acquisiti dati più precisi e aggiornati.

Quanto vale l’evasione fiscale e contributiva

La relazione quantifica il fenomeno dell’evasione fiscale in Italia attraverso il cosiddetto tax gap, un indicatore che misura il divario tra il gettito teorico e quello effettivo. Nel 2019 il tax gap in Italia ha raggiunto un valore pari a 99,2 miliardi di euro, di cui 86,5 miliardi di euro di mancate entrate fiscali, quindi relative all’evasione di varie imposte e tasse, e 12,7 miliardi di euro di mancate entrate contributive, per esempio legate ai contributi pensionistici. Il dato del 2019 è il più basso degli ultimi cinque anni per cui si hanno a disposizione i dati: nel 2015 il tax gap è stato pari a 106 miliardi di euro, nel 2016 e 2017 a 107,5 miliardi e nel 2018 a 103 miliardi. 

Va però sottolineato che il tax gap è un valore espresso in termini monetari: non tiene conto né dell’andamento dell’inflazione né dell’andamento dell’economia del Paese. Un modo per normalizzare i dati dei vari anni, e renderli così confrontabili tra loro, è quello di rapportarli al valore del Prodotto interno lordo. Nel 2019 l’evasione fiscale e contributiva ha raggiunto un valore pari al 4,1 per cento del Pil, contro il 4,4 per cento del 2018, il 4,8 per cento del 2017 e il 4,9 per cento di 2015 e 2016. Negli ultimi vent’anni, il valore massimo è stato raggiunto nel 2014, quando il tax gap è stato pari al 6,2 per cento del Pil.

Come è composta l’evasione

Come abbiamo visto, 86,5 miliardi di euro fanno riferimento all’evasione di varie imposte e tasse. Di questa cifra, il 5,3 per cento riguarda l’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) non pagata sul lavoro dipendente irregolare, il 37,1 per cento l’Irpef sul lavoro autonomo e di impresa e lo 0,9 per cento riguarda le addizionali locali Irpef. 

Il 10,1 per cento viene invece dall’evasione dell’Ires, l’imposta sui redditi delle società, il 32 per cento dall’evasione dell’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, e il 5,8 per cento dall’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. C’è poi uno 0,6 per cento che viene dall’evasione dei canoni degli affitti, lo 0,3 per cento dall’evasione del canone Rai, il 2,2 per cento dalle accise sui prodotti energetici e, infine, il 5,7 per cento riguarda il mancato pagamento dell’Imu e della Tasi, le imposte comunali sugli immobili. 

Dei 12,7 miliardi di euro di evasione contributiva, il 77 per cento viene dalle mancate entrate a carico del datore di lavoro, mentre il 23 per cento da quelle a carico del lavoratore dipendente.

Quali sono le tasse più evase

La relazione contiene anche una stima della propensione all’evasione, rapportando il valore delle imposte e delle tasse non pagate con il valore di imposte e tasse potenziali, dato dalla somma tra l’evaso e il versato.

La propensione all’evasione fiscale più alta riguarda l’Irpef del lavoro autonomo e d’impresa, dove il 68,3 per cento delle tasse dovute non viene pagato. Al contrario, la propensione sull’Irpef del lavoro dipendente è del 2,8 per cento, mentre quella delle addizionali locali è del 7 per cento.

La propensione all’evasione dell’Ires è del 23,1 per cento, quella dell’Iva del 20,3 per cento, quella dell’Irap del 18,2 per cento, quella delle tasse sulle locazioni del 6,7 per cento e quella del canone Rai del 10,8 per cento. Infine, la propensione sulle accise è pari al 9,7 per cento e quella sull’Imu e la Tasi al 25,1 per cento.
Nel complesso, il 18,3 per cento delle imposte e tasse analizzate dal Mef viene evaso, un dato in calo di 2,7 punti percentuali rispetto al 2015. L’evasione del canone Rai è quella diminuita di più, passando dal 35,5 per cento del 2015 al 10,8 del 2019, grazie alla decisione del governo di Matteo Renzi di spostare il versamento della tassa in bolletta. Ci sono stati significativi passi in avanti anche sull’Iva e sui canoni di locazione, mentre la propensione all’evasione dell’Irpef da lavoro autonomo e di impresa è aumentata, così come quella sulle accise sui prodotti energetici. 

L’evasione fiscale nell’Ue

Come se la cava l’Italia in un confronto con gli altri Paesi dell’Unione europea sul valore dell’evasione fiscale? Rispondere con precisione a questa domanda è molto difficile: ogni Paese ha imposte specifiche e adotta metodi diversi per quantificare a quanto ammonta l’evasione. La relazione del Mef, però, afferma che, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, in Italia «l’evasione tributaria resta comunque elevata nel confronto europeo». Questa affermazione viene giustificata usando le stime pubblicate dalla Commissione europea l’anno scorso, e realizzate dal Center for Social and Economic Research, un istituto di ricerca indipendente e senza scopo di lucro, sull’evasione dell’Iva. Su questa imposta è infatti più semplice fare un confronto tra i vari Stati membri dell’Ue.

Secondo le stime più aggiornate, nel 2019 l’Italia era il quinto Paese dell’Ue (pag. 28) con l’evasione dell’Iva più alta (il 21,3 per cento non era pagato sul totale), dietro a Romania (34,9 per cento), Lituania (25,8 per cento), Malta (23,5 per cento) e Lettonia (21,4 per cento). In Croazia e in Svezia la percentuale era inferiore al 2 per cento. Tra gli altri grandi Paesi europei, in Germania l’evasione dell’Iva era pari all’8,8 per cento, in Francia al 7,4 per cento e in Spagna al 6,9 per cento.

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