Santanchè è la ministra che partecipa di meno ai question time

Finora si è presentata in aula quattro volte. I più presenti sono i ministri Pichetto Fratin e Salvini
ANSA
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Tra le principali occasioni di confronto tra Parlamento e governo c’è il question time, cioè interrogazioni in aula in cui ministri e sottosegretari possono rispondere a domande di deputati e senatori. In oltre mille giorni di governo, tutti i ministri hanno partecipato a un question time in aula, ma con frequenze diverse.

Secondo i nostri calcoli, dall’inizio della legislatura sono state organizzate in totale 187 sedute di question time: 116 alla Camera e 71 in Senato [1]. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin (Forza Italia) è al primo posto tra i ministri più presenti, avendo partecipato a 45 question time. La ministra del Turismo Daniela Santanchè, invece, è ultima: si è presentata solo a quattro sedute.

Chi risponde di più

Durante una seduta di question time non c’è un numero fisso di domande a cui un ministro deve rispondere. Secondo i nostri calcoli, dall’inizio della legislatura gli esponenti del governo Meloni hanno risposto a quasi 1.600 domande nei question time.

Il ministro che ha risposto a più domande è Salvini, con 165, davanti al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (136) e Pichetto Fratin (121). All’ultimo posto c’è ancora Santanchè, che in quattro sedute di question time ha risposto a cinque domande.

Meloni in aula

Anche il presidente del Consiglio può partecipare in aula ai question time, che per l’occasione sono chiamati anche premier time o premier question time. Da quando è a capo del governo, Giorgia Meloni ha partecipato a tre sedute di question time alla Camera (una a marzo 2023, una a gennaio 2024 e l’ultima a maggio 2025) e due al Senato (la prima a novembre 2023, l’ultima a maggio di quest’anno).

Meloni si è presentata in Parlamento per i question time cinque volte in oltre mille giorni di governo, sebbene i regolamenti di Camera e Senato prevedano che il capo del governo debba presentarsi con regolarità a rispondere alle domande dei parlamentari. Alla Camera il regolamento prevede che il presidente del Consiglio partecipi al question time almeno due volte durante ciascun calendario dei lavori, ossia due volte al mese. Al Senato, invece, il regolamento prevede che il presidente del Consiglio partecipi al question time almeno una volta ogni due mesi. 

Non è una novità: anche i predecessori di Meloni non hanno rispettato questi vincoli, partecipando poco ai question time

I presidenti del Consiglio possono intervenire in aula in altre occasioni, per esempio replicando agli interventi dei parlamentari dopo le comunicazioni in Parlamento. Ma a differenza dei question time, in questi casi le repliche non sono a domande specifiche.

Le regole 

In Italia il question time è diverso dal Regno Unito, da dove questo strumento è stato di fatto “copiato”.

Alla Camera dei Comuni e a quella dei Lord il question time si tiene tutti i giorni all’inizio dei lavori, dal lunedì al giovedì. I parlamentari britannici possono rivolgere una domanda ai ministri sulla materia di loro competenza, che come in Italia viene consegnata in anticipo agli uffici dei ministri per la preparazione della risposta. I parlamentari che pongono una domanda possono poi farne un’altra sullo stesso argomento, e il presidente dell’assemblea (lo speaker) può dare la parola ad altri parlamentari per ulteriori domande.

Alla Camera, invece, il question time si tiene di solito il mercoledì pomeriggio, intorno alle 15, mentre al Senato il giovedì alla stessa ora, ma non è un appuntamento obbligatorio, tanto che Camera e Senato possono decidere di saltarlo. Questo è dimostrato dalla differenza nel numero di question time organizzati tra i due rami del Parlamento. 

Come hanno spiegato a Pagella Politica fonti del governo, all’inizio di ogni mese il ministro per i Rapporti con il Parlamento invia alla Camera  al Senato l’elenco dei ministri disponibili per le sedute di question time di quel mese. L’elenco viene stilato sulla base di accordi tra i diversi ministri, conciliando le loro disponibilità in base agli impegni istituzionali.

Sulla base di questo elenco, ogni gruppo parlamentare – che contiene esponenti di uno o più partiti – sceglie a quali ministri tra quelli disponibili rivolgere la propria domanda. Se un gruppo vuole fare una domanda a un ministro non previsto per quel mese, di solito il ministro in questione viene sostituito per l’appunto dal ministro per i Rapporti con il Parlamento. Se nessun gruppo parlamentare gli rivolge una domanda, è possibile che un ministro previsto in question time in un determinato mese in realtà non vi partecipi mai. In questo caso, contano molto le deleghe del singolo ministro. Un ministro con deleghe di peso, come l’Ambiente e l’Energia nel caso di Picchetto Fratin, ha più probabilità di essere chiamato a rispondere in Parlamento.

Insomma, il numero di sedute di question time a cui partecipa un ministro dipende sia dalle disponibilità date dal ministro stesso, sia da quante richieste riceve dai parlamentari. Comunque, le domande dei gruppi vengono sempre inviate in anticipo ai ministri, entro le ore 12 del giorno precedente il question time. In questo modo, gli uffici e i collaboratori dei ministri hanno tempo di preparare una risposta scritta, che viene poi letta del ministro in aula durante il question time.

C’è poi un altro aspetto discusso dei question time in Italia. A differenza che nel Regno Unito, in Italia non è previsto di fatto un dibattito: dopo la risposta del ministro interessato, avviene la replica di un parlamentare per gruppo che fa sapere se è soddisfatto o meno della risposta, e si passa alla domanda di un altro gruppo parlamentare.

***

[1] Le fonti sono il sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, i cui dati più aggiornati arrivano al 30 giugno, sia per la Camera sia per il Senato. Per i dati più recenti, aggiornati al 31 luglio, abbiamo consultato i resoconti stenografici delle sedute in aula di Camera e Senato.

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