Due dei cinque referendum abrogativi che si voteranno l’8 e 9 giugno, promossi dal sindacato CGIL, riguardano i licenziamenti dei lavoratori. Uno di questi quesiti chiede di abrogare un provvedimento del Jobs Act con cui, nel 2015, il governo Renzi è intervenuto sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Attualmente, per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 nelle imprese con più di 15 dipendenti, se un giudice dichiara illegittimo il licenziamento, non è previsto il reintegro nel posto di lavoro: il datore di lavoro deve solo pagare un’indennità. Nelle aziende con meno di 15 dipendenti, il reintegro è escluso anche in questi casi, salvo eccezioni molto limitate.
Se il referendum raggiungesse il quorum e prevalessero i Sì, verrebbero abrogate queste norme sui licenziamenti introdotte dal Jobs Act. Si tornerebbe così all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella versione modificata dalla legge “Fornero” del 2012. Questa legge aveva limitato il reintegro a casi specifici, mentre negli altri è previsto solo un risarcimento. Il ritorno a questa disciplina implicherebbe una maggiore possibilità per i giudici di ordinare il reintegro in alcune tipologie di licenziamento illegittimo, come nei casi di donne licenziate perché in stato di gravidanza.
Se il referendum raggiungesse il quorum e prevalessero i Sì, verrebbero abrogate queste norme sui licenziamenti introdotte dal Jobs Act. Si tornerebbe così all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella versione modificata dalla legge “Fornero” del 2012. Questa legge aveva limitato il reintegro a casi specifici, mentre negli altri è previsto solo un risarcimento. Il ritorno a questa disciplina implicherebbe una maggiore possibilità per i giudici di ordinare il reintegro in alcune tipologie di licenziamento illegittimo, come nei casi di donne licenziate perché in stato di gravidanza.