Vittoria Baldino, deputata del M5s eletta nel Lazio e membro della commissione Affari costituzionali, sta facendo campagna per il “sì” al prossimo referendum del 20-21 settembre sul taglio dei parlamentari.
«Ce lo hanno detto praticamente tutti gli esperti che abbiamo sentito nella fase di stesura della riforma costituzionale: questa riduzione porterà più efficienza nei lavori parlamentari», dichiara, contattata da Pagella Politica.
In che modo un taglio netto del numero dei parlamentari si tradurrà in una maggiore efficienza del Parlamento?
In primo luogo è conoscenza comune che meno decisori sono coinvolti in un processo decisionale, maggiore è l’efficienza. Poi anche a livello di commissioni parlamentari, o ci saranno meno membri in alcune commissioni, o ci saranno più parlamentari che saranno membri di diverse commissioni. In nessun caso mi pare sia un problema.
In che senso?
Nella mia esperienza, ad esempio, vedo che su una commissione che conta 47 membri solo un terzo del totale concorre attivamente ai lavori. La grande maggioranza invece non partecipa, quindi una riduzione del numero totale dei membri delle commissioni non mi pare sarà un male. Se poi sarà necessario far partecipare un singolo parlamentare a più commissioni, secondo noi questo sarà un bene. Il parlamentare in questione acquisirà infatti una maggiore competenza, più vasta e non specializzata su una singola materia. La favoletta che il taglio dei parlamentari porterebbe a una minore efficienza non regge. Noi vogliamo meno parlamentari, più responsabilizzati, che debbano affrontare una selezione più dura e quindi alla fine abbiano un livello qualitativo più elevato.
I sostenitori del “No” dicono però che la minore efficienza non ci sarà tanto nel processo legislativo, in Aula o nelle commissioni, quanto nelle altre funzioni che svolgono i parlamentari: audizioni, inchieste, funzioni ispettive, di vigilanza, inchieste e via dicendo.
Non è così. Il ragionamento che ho fatto prima si applica in tutti gli ambiti. Ad esempio, io sono membro anche di una commissione d’inchiesta e anche lì gli indici di partecipazione ai lavori parlamentari sono molto bassi. Se poi mi si dice che i parlamentari stanno fuori dai palazzi per raccogliere le istanze dei territori, sono assolutamente d’accordo, figuriamoci. Ma quelle istanze poi devono essere tradotte in lavoro parlamentare, altrimenti non ha senso ricoprire la carica di deputato o senatore.
Un’altra obiezione che viene fatta dai contrari al taglio dei parlamentari è che così si riduce drasticamente la rappresentanza del Parlamento.
A chi fa questa obiezione allora vorrei chiedere qual è il numero adatto per avere un’adeguata rappresentanza? Quasi mille parlamentari, come adesso, non sono bastati a far sentire i cittadini rappresentati, si veda il tasso di astensionismo alle ultime elezioni politiche del 2018, in aumento rispetto alle precedenti votazioni. Se quasi mille parlamentari non bastano allora evidentemente non è una questione di numeri. Inoltre segnalo che già durante i lavori della Costituente si era molto dibattuto sulla questione della rappresentanza e già allora si discuteva di quella che di fatto è la riforma attuale. E all’epoca non c’erano l’Unione europea, o le regioni, o altri livelli istituzionali che vengono eletti direttamente dai cittadini.
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Insomma, la ragione principale per votare sì è che con una riduzione del numero dei parlamentari non ci sarà un grave danno alla rappresentanza e in compenso ci sarà un guadagno netto in termini di efficienza, corretto?
Esatto, e poi c’è anche la questione dei costi. Ovviamente non è, e non può essere, la ragione principale per votare in un modo o in un altro in occasione di un referendum confermativo di una riforma costituzionale. Ma il risparmio comunque è significativo, tra gli 80 e i 100 milioni di euro ogni anno, e soprattutto la riduzione dei costi ha una forte valenza simbolica che è molto importante.
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