Aggiornamento lunedì 26 luglio, ore 10: Una precedente versione del pezzo riportava una lettura imprecisa dei dati dell’Istituto superiore di sanità. Sebbene infatti tra il 21 maggio e il 4 luglio non ci siano stati decessi tra persone under-40 vaccinate, questi numeri si riferiscono esclusivamente ai pazienti Covid. Sulla base di queste informazioni non possiamo quindi affermare che non ci siano stati decessi tra persone vaccinate ma non affette da Covid-19. La frase imprecisa è stata rimossa.
Il 19 luglio, intervistato da La Repubblica, il leader della Lega Matteo Salvini ha chiarito qual è la sua posizione sui vaccini contro la Covid-19, dicendo: «Mettiamo in sicurezza dai 60 in su, da 40 a 59 scelgano, per i giovani non serve».
L’affermazione si inserisce in una narrazione più ampia sostenuta dalla Lega per opporsi alla possibilità di rendere obbligatoria la certificazione verde per la Covid-19 (green pass) per accedere a varie attività o luoghi pubblici come ristoranti, musei, concerti e mezzi di trasporto.
Come spiegato anche dal deputato leghista Claudio Borghi, i rischi rappresentati dai vaccini tra gli under-40 sarebbero superiori ai benefici, e quindi l’immunizzazione non è consigliabile o, comunque, «non serve». Questa tesi ha fatto discutere, soprattutto perché oggi molte autorità sanitarie a livello internazionale consigliano a tutti coloro che ne hanno la possibilità – pur rispettando le linee guida ufficiali e dando precedenza ai più fragili – di vaccinarsi contro la Covid-19.
Ma è vero che il rapporto rischi-benefici viene ribaltato tra i più giovani? I dati disponibili al momento indicano che le cose non stanno così: vaccinare gli under-40 riduce la circolazione del virus, il rischio di mettere in difficoltà gli ospedali e la possibilità anche per i più di giovani di sviluppare la long Covid. Vediamo i dettagli.
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Il 19 luglio, intervistato da La Repubblica, il leader della Lega Matteo Salvini ha chiarito qual è la sua posizione sui vaccini contro la Covid-19, dicendo: «Mettiamo in sicurezza dai 60 in su, da 40 a 59 scelgano, per i giovani non serve».
L’affermazione si inserisce in una narrazione più ampia sostenuta dalla Lega per opporsi alla possibilità di rendere obbligatoria la certificazione verde per la Covid-19 (green pass) per accedere a varie attività o luoghi pubblici come ristoranti, musei, concerti e mezzi di trasporto.
Come spiegato anche dal deputato leghista Claudio Borghi, i rischi rappresentati dai vaccini tra gli under-40 sarebbero superiori ai benefici, e quindi l’immunizzazione non è consigliabile o, comunque, «non serve». Questa tesi ha fatto discutere, soprattutto perché oggi molte autorità sanitarie a livello internazionale consigliano a tutti coloro che ne hanno la possibilità – pur rispettando le linee guida ufficiali e dando precedenza ai più fragili – di vaccinarsi contro la Covid-19.
Ma è vero che il rapporto rischi-benefici viene ribaltato tra i più giovani? I dati disponibili al momento indicano che le cose non stanno così: vaccinare gli under-40 riduce la circolazione del virus, il rischio di mettere in difficoltà gli ospedali e la possibilità anche per i più di giovani di sviluppare la long Covid. Vediamo i dettagli.