I governi di centrodestra si dividono sempre sul voto alla Commissione Ue

La nuova squadra di von der Leyen è stata approvata con i voti di Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma non della Lega. Non è una novità: questa divisione è già successa in passato
Philipp von Ditfurth/dpa
Philipp von Ditfurth/dpa
Il 27 novembre i partiti che sostengono il governo Meloni si sono divisi al Parlamento europeo nel voto con cui è stata approvata la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. I parlamentari europei di Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno votato a favore della nuova squadra di commissari, di cui fa parte il ministro uscente Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia), mentre i parlamentari della Lega hanno votato contro. 

Per quanto possa sembrare strana questa divisione, non è la prima volta che i partiti al governo di centrodestra in Italia prendono strade diverse durante la votazione del Parlamento europeo per approvare la formazione di una Commissione europea. Secondo le nostre verifiche, dal 1995 – ossia da quando le nomine dei commissari europei sono sottoposte al voto del Parlamento europeo – questa divisione è già avvenuta altre due volte.

Le divisioni del passato

Il 9 febbraio 2010, quando era in carica il quarto governo di Silvio Berlusconi, il Parlamento europeo approvò la Commissione guidata per la seconda volta dallo spagnolo José Barroso, sostenuta da una coalizione formata dal Partito Popolare Europeo (PPE), dai Socialisti e Democratici (S&D) e dal Partito dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa (ALDE). Tra i voti favorevoli c’erano quelli dei parlamentari europei del Popolo della Libertà, che facevano parte del PPE. Il Popolo della Libertà, nato l’anno prima dall’unione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale, governava insieme alla Lega Nord, che però all’interno del Parlamento europeo faceva parte del gruppo euroscettico chiamato “Europa della Libertà e della Democrazia”. I parlamentari di questo gruppo – tra cui c’era Matteo Salvini – si astennero nel voto per approvare la seconda Commissione Barroso.

Una situazione simile avvenne nella votazione per approvare la prima Commissione Barroso, anche questa appoggiata dal PPE e da S&D. La squadra dei commissari fu approvata dal Parlamento europeo il 18 novembre 2004, quando in Italia era in carica il secondo governo Berlusconi, sostenuto in Parlamento da Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega Nord e da altri partiti di centro, tra cui l’Unione dei Democratici di Centro (UDC). A favore della Commissione Barroso votarono i parlamentari europei di Forza Italia e dell’UDC, che facevano tutti parte del PPE, e quelli di Alleanza Nazionale, che facevano parte invece dell’Alleanza per l’Europa delle Nazioni. In quell’occasione i parlamentari europei della Lega Nord, tra cui Salvini, votarono contro.

Come dimostrano questi due casi, e quello più recente sulla seconda Commissione von der Leyen, i partiti italiani di destra e centrodestra quando sono al governo finiscono sempre per dividersi nel voto per la nomina della Commissione Ue a causa del fatto che nel Parlamento europeo hanno sempre fatto parte di gruppi politici diversi. 

Attualmente Forza Italia fa parte del Partito Popolare Europeo, Fratelli d’Italia dei Conservatori e Riformisti Europei e la Lega del nuovo gruppo dei Patrioti per l’Europa. L’appartenenza a un gruppo politico non obbliga comunque i parlamentari europei di quel gruppo a votare tutti allo stesso modo. Per esempio, all’interno dei Conservatori e Riformisti Europei c’è stata una divisione sull’appoggio alla seconda Commissione von der Leyen: come detto, Fratelli d’Italia ha votato a favore, visto che Fitto è stato nominato commissario, mentre i parlamentari di altri Paesi hanno votato contro. 

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Quando i partiti al governo sono allineati

Nel voto di approvazione di altre Commissioni Ue, è accaduto che i parlamentari europei dei partiti al governo abbiano votato allo stesso modo, o meglio: più o meno allo stesso modo. 

Prendiamo il caso della prima Commissione von der Leyen, la cui squadra di commissari fu approvata il 27 novembre 2019. In quella data era in carica il secondo governo guidato da Giuseppe Conte, sostenuto in Parlamento dal Partito Democratico, dal Movimento 5 Stelle, da Italia Viva e da Liberi e Uguali. A favore della Commissione votarono i parlamentari europei del Partito Democratico e Italia Viva (i partiti di Liberi e Uguali non avevano invece rappresentanti al Parlamento europeo). Anche il Movimento 5 Stelle diede il suo appoggio alla squadra dei commissari, ma con alcune defezioni. Dei 14 parlamentari europei del Movimento 5 Stelle, in quattro decisero di non votare a favore: due si astennero e due votarono contro (e l’anno successivo uscirono dal partito).

Dieci anni fa, il 22 ottobre 2014 fu approvata la Commissione Ue di Jean-Claude Juncker. Il governo italiano era guidato da Matteo Renzi, con l’appoggio in Parlamento del Partito Democratico, del Nuovo Centrodestra e altri partiti centristi. Quasi tutti i parlamentari europei del Partito Democratico votarono a favore della Commissione Juncker, tranne l’ex segretario della CGIL Sergio Cofferati, che votò contro, ed Elly Schlein: l’attuale segretaria del PD si astenne. Altri voti favorevoli arrivarono dai parlamentari europei del Nuovo Centrodestra, che si era presentato alle elezioni europee con l’UDC. Movimento 5 Stelle e Lega Nord votarono contro.

Ancora più indietro nel tempo, il 15 settembre 1999 fu il turno della Commissione guidata dall’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, frutto della coalizione tra PPE e S&D. All’epoca a capo del governo italiano c’era Massimo D’Alema, esponente dei Democratici di Sinistra (partito da cui sarebbe nato il Partito Democratico). Il governo D’Alema, che durò poco più di un anno, era sostenuto in Parlamento da partiti di centrosinistra, sinistra e centro. Al Parlamento europeo votarono a favore della Commissione Prodi i parlamentari europei di questi partiti al governo: Democratici di Sinistra, Partito Popolare Italiano, Rinnovamento Italiano, Federazione dei Verdi, Socialisti Democratici Italiani e Partito dei Comunisti Italiani. A favore votarono anche i parlamentari europei eletti nelle liste di Forza Italia e di Alleanza Nazionale (presentatasi alle elezioni europee con il partito liberale Patto Segni). Votarono contro quelli della Lega Nord e di Rifondazione Comunista: quest’ultimo non appoggiava il governo D’Alema, a differenza del Partito dei Comunisti Italiani, nato da una scissione proprio all’interno di Rifondazione Comunista.

Il caso particolare del 1995

Nel 1995 successe un caso un po’ più particolare rispetto a quelli visti finora. La Commissione guidata da Jacques Santer fu approvata dal Parlamento europeo il 18 gennaio di quell’anno, e il nuovo governo italiano si era insediato il giorno prima, sotto la guida dell’economista Lamberto Dini. Il governo Dini era un governo tecnico e aveva soprattutto il compito di risanare i conti pubblici: era composto da ministri indipendenti dai partiti ed era appoggiato in Parlamento da partiti appartenenti a schieramenti opposti, dal Partito Democratico della Sinistra (predecessore dei Democratici di Sinistra) alla Lega Nord. 

I parlamentari europei di questi schieramenti andarono per strade diverse nell’approvare la squadra di commissari di Santer: per esempio quelli del Partito Democratico della Sinistra, salvo alcune eccezioni votarono a favore, mentre quelli della Lega Nord si astennero.

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